Catena di Sanlibero

Catena di SanLibero n. 205

17 novembre 2003
Riccardo Orioles (Giornalista antimafia)


La fidanzata del dottore Nastasi - che allora non era ancora dottore ma
studente in veterinaria - era fascista fanatica, Giovane Italiana, e in
continuazione lo rimproverava perche' non s'era ancora arruolato. Il
povero Nastasi resiste' per un po', alla fine "Ma insomma? Veterinario!
- penso' fra se' e se' - Che gli possono fare a un veterinario? Mica lo
mandano alla baionetta". E infatti. Il tempo di fare il corso e
ricevere le stellette, ed ecco il sottotenente Nastasi, volontario
universitario classe ventuno, che arranca sulla neve dalle parti
dell'Ucraina, veterinario di muli, divisione Julia. Ruvolo e Alfano,
invece, erano stati in Grecia e in Albania e dopo in Africa, entrambi
in fanteria ed entrambi feriti; poi c'era mio padre; e infine l'altro
Nastasi, l'unico fascista - ma brav'uomo - dei cinque amici, che erano
gli unici cinque sopravvissuti - nel piccolo paesino siciliano da cui
venivano - di quelli che avevano sedici anni nel trentasei. "Mangia! -
faceva mia nonna - E non fare i capricci! Tempo di guerra, anche le
bucce di patata bisognava mangiare!". Poi c'erano le grotte in collina
in cui noi bambini giocavamo a nascondino e che - spiegava la zia Alba
- erano quelle in cui dieci anni fa si nascondeva la gente sotto i
bombardamenti.
Poi c'era la zia Carmelina che a volte improvvisamente scoppiava in
lacrime ed era, dicevano, per suo figlio - mio cugino in seconda - che
io non ho mai conosciuto. Poi c'era - in fondo a un cassetto - la foto
di tutti i colleghi del battaglione di mio padre, accosciati o in piedi
come una squadra di calcio, i piu' con grandi baffi tipo l'esercito di
Saddam; spavaldi e un po' impacciati sorridevano, e accando a quasi
ognuno di loro c'era una crocetta a penna con una parola sbiadita: Al
Qattara, Alamein, Bir-El-Gobi. Poi... C'erano un sacco di cose cosi', a
quei tempi. La guerra era ancora vicina e tutti la conoscevano di
persona. Quella generazione, che ormai sta chiusa in casa e ha
ottant'anni, parlo' l'ultima volta dieci anni fa, quando scoppio' la
prima guerra iraqena e improvvisamente, da tutti i supermercati
d'Italia, sparirono tutte le lattine di carne e le scatolette. "C'e' la
guerra!".
Ed era una guerra lontana, da televisione; ma essi istintivamente
sapevano che la guerra non si sa mai quanto cresce e dove para, e
percio' provvedevano in tempo a presidiare la casa con caffe', carne in
scatola, zucchero e tutto il resto.
* * *
Sono pochissime, le parole serie, in tempo di guerra. "Signor tenente",
"in licenza", "imboscato", "colpito a morte". La guerra e' l'unica cosa
che non viene valutata e decisa - a lungo andare - dai generali e dai
capi, ma dal semplice soldato. E' lui, e non quelli che parlano, che
alla fine da' il giudizio. La guerra di mio padre, che lui e i suoi
amici si fecero con dignita' e senza paura, rimase una guerra
sbagliata: non sono gli storici a dirlo, sono quelli che l'hanno fatta.
I tedeschi erano bestie, gl'inglesi non ci avevano fatto niente,
Mussolini era un buffone e i russi povera gente. Ciascuna di queste
frasi non viene dai bei discorsi, ma da infiniti passi sulla neve, da
su e giu' per le piste, da raccogliere morti e da silenzi cupi. Alla
fine, la sentenza era quella, e non comportava disprezzo per i "fessi"
(anzi) ne' minore orgoglio per i propri compagni (anzi) e per il dovere
che s'era fatto.
Significava semplicemente "Mussolini era un buffone", lui e tutti
quelli che gli avevano dato mano, che avevano preso dei giovani e li
avevano portati a morire perche' lui si facesse bello con l'alleato,
per conquistare greci, francesi e russi che non ci avevano fatto
niente.
* * *
Cosi', ci e' davvero difficile, oggi, scrivere di *questa* guerra.
L'unica cosa certa, e' che e' una guerra; non e' un'altra cosa. Non e'
una cosa in cui le parole dei politici, e persino dei predicatori come
me, contino molto. Qui, l'unica parola che conta e' quella di chi
davvero la paga: il soldato, la sua famiglia, il "nemico" - russo o
iraqeno - del soldato.
Se vale la pena o no, lo sanno soltanto loro. I giovani di quella
guerra, in Russia e in Africa, crebbero molto. Impararono la cosa piu'
amara e piu' difficile, non fidarsi dei "grandi" che ti sorridono e
fanno grandi parole ma poi in realta' hanno in testa altre cose.
Impararono a giudicare con la propria testa, perche' non c'era nessun
altro che lo facesse al posto loro. Sei tu, e nessun altro, che devi
decidere se quell'inglese era veramente tuo nemico, se quel tedesco era
veramente tuo alleato. E questa non e' politica, ma semplicemente la
vita.
* * *
Non so che altro dire. Le parole di questi giorni, quasi tutte, sono
parole politiche. Lo sono quelle che ricordano via Tolemaide (che qui,
nella vita d'ora, non c'entra affatto), e lo sono quelle di chi parla
di orgoglio e dice "non siamo piu' il paese delle mamme". I politici,
in questi giorni, si sono contenuti abbastanza. Si sono sforzati di non
dir cose troppo stridenti, di non gridar troppo forte, sentendo -
istintivamente - che c'era dell'altro di piu' importante. E' stata una
cosa buona; ma non puo' durare. Prima o poi, anche questi giorni di
guerra verranno riafferrati dai politici e reinseriti nella macchina,
nel solito meccanismo decisionale di vip, di presidenti, di politici -
per lo piu' in buona fede - di entrambe le parti. Invece questo e' un
punto di svolta, il punto in cui c'e' da decidere che cosa, oggi nel
duemila, e' bene e che cosa e' male, che cosa considereremo bene o male
per le prossime due o tre generazioni. Non e' una decisione delegabile.
Non puoi affidarla a nessun altro che a te stesso.

"Incontriamoci a migliaia da tutte le Americhe il 21, 22 e 23 Novembre
davanti alla base militare di Fort Benning in Georgia - luogo della
famosa Scuola delle Americhe - per un'azione di solidarieta' con le
vittime della tortura e per denunciare il terrore e le violenze
perpetrate nella Scuola. Facciamo un'azione diretta nonviolenta per far
sentire la nostra voce, per chiudere la Scuola e modificare
l'oppressiva politica estera americana". Non e' un comunicato dei
noglobal. È la lettera di un gruppo di suore nordamericane una delle
quali, Kathleen Long dell'Ordine Domenicano, si trova attualmente
detenuta nella prigione federale di Pekin, Illinois, per aver
partecipato a una manifestazione non violenta contro la "Scuola" di
Fort Benning in cui militari sudamericani vengono addestrati da
specialisti Usa in tecniche antisovversione, incluse varie forme di
tortura.

Info: jp@curia.op.org


Sharefarmaci. Unix basa la propria potenza sulla totale trasparenza e
sul fatto che i programmatori possono superarsi continuamente copiando
e aggiungendo parti di software. Tra gli informatici c'e' chi si dedica
alla programmazione ai fini della ricerca, non brevettando i propri
programmi e mettendo la propria intelligenza a disposizione della
comunita', e chi a scopo di lucro, vendendo la propria intelligenza
alle multinazionali che costruiscono programmi molto complessi
investendo quantita' enormi di capitale.
Entrambe queste attivita' sono utili a noi utenti di computer cioe' a
tutto il nostro mondo occidentale e a volte si fondono (per esempio sui
nuovi mac). Gli informatici ogni tanto si prendono in giro: tu sei un
idealista, tu un venduto, ma riconoscono la necessita' di entrambi
questi sistemi. Nessun informatico affermerebbe che i programmi di
grafica open-source siano migliori di quelli Adobe, ma nessuno
affermerebbe che Microsoft Outlook sia migliore di un qualsiasi
programma di mail su Unix.
Parallelamente, si parla molto dei brevetti sui farmaci e del loro
prezzo. Indubbiamente le case farmaceutiche devono investire molto per
ricerche su farmaci particolari. Ma perche' non esiste una possibilita'
di scelta fra questi farmaci e altri meno costosi? I ricercatori delle
universita' o istituti pubblici potrebbero lavorare pagati dallo stato
per produrre medicine "shareware" che chiunque puo' fabbricarsi
riconoscendo il merito all'autore (compresi i paesi del terzo mondo). E
i ricercatori delle case farmaceutiche potrebbero creare farmaci
privati vendendone i brevetti. A noi il diritto di scegliere e ai paesi
poveri la possibilita' di curarsi. Le migliaia di ricercatori che
lavorano in istituti pubblici - per esempio sull'aids - implicitamente
aiutano anche le case farmaceutiche oltre che la ricerca; ma ai paesi
del terzo mondo oggi resta solo la scelta tra copiare "rubando" o
morire. (Ernesto Mistretta)

Diffusa tendenza a tornare sull'albero da cui s'era discesi, in
qualita' di pitecantropi, milioni d'anni fa; e da li' osservare
diffidentemente il mondo dell'Homo Sapiens, troppo complicatamente
civile.

L'ansia di servitu', la poverta' di spirito e il cinismo dei salotti
della Restaurazione; ma senza un Balzac per raccontarli.

Maresciallo Antonio Savino, segretario dell'Unione Nazionale Arma
Carabinieri, scrive:
< Dopo americani ed Inglesi, non poteva che toccare ai nostri
carabinieri e soldati italiani in Iraq.
Ragazzi spinti alle missioni estere da non solo senso umanitario di
aiuto a quelle popolazioni, da non solo senso di patriottismo o
contributo alla lotta al terrorismo, ma anche e spesso soprattutto per
portare a casa qualche soldo in piu' e vivere una vita con maggiore
dignita'.
Per questo per essere assegnati alle missioni estere, tra i carabinieri
vi e' una concorrenza spietata a suon di raccomandazioni.
In termini economici, 6 mesi di missione estera soprattutto in zone
belliche, contribuisce a comprarsi almeno meta' della tanto agognata
casa.
La miseria economica, in cui versano tutti i carabinieri, poliziotti e
militari Italiani, non puo' essere sottaciuta, come non puo' essere
sottaciuto il mancato impegno dei Governanti alle tanto evidenziate
(solo in campagna elettorale) situazioni migliorative per tutto il
comparto sicurezza, in cui i Carabinieri, parte integrante, vivono con
regolamenti da prima guerra mondiale e con stipendi da fame.
Non siamo guerrafondai, siamo solidali con quelle popolazioni, ma
costretti a combattere una Guerra che non tutto il popolo Italiano e
non tutto il Parlamento hanno voluto.
I Ns. Carabinieri non sono affatto preparati ne' psicologicamente ne'
professionalmente a combattere una simile guerra civile come quella in
Iraq, questo va detto a chiare lettere.
Chi ritiene il contrario, per motivi di opportunismo, non dice il vero.
Piangiamo i nostri morti, i nostri colleghi ed assistiamo all'ennesima
farsa di lacrime di coccodrillo.
L'Unione Nazionale Arma Carabinieri, si stringe attorno alle mogli ed
ai figli dei colleghi caduti, ed invita i Governanti ad esaminare
seriamente la possibilita' di un ritiro immediato dei nostri uomini da
tale situazione che potrebbe costare ancora vittime al nostro popolo
che ha gia' fin troppi problemi in Patria >

gorisavellini@katamail.com wrotw:
< Euro non e' una parola straniera, esiste anche nel vocabolario
italiano. L'euro e' un vento ed al plurale, guarda caso, fa euri.
Vogliamo lasciare il plurale euro? Ma allora diciamo anche 12 dollaro,
4 franco e via discorrendo. In Finlandia al plurale usano una cosa tipo
eurillas >

pasquale wrote:
< A parer mio, i motivi per i quali quei "signorini" si esercitano nel
"giuoco" del terrorismo sono tre: il primo e piu' importante, e' che
viviamo in una societa' marcia, dominata da impuniti ed impunibili
corruttori e corrotti i quali, quando non invogliano ad imitarli,
suscitano rabbia e indignazione, che nei piu' deboli e piu' vili
svegliano istinti criminali ; il secondo, e' che, a sinistra, non
esiste una politica chiara, con un programma, a breve e a lungo
termine, preciso e convincente; il terzo, e' la convinzione diffusa che
la legge punisca soltanto i poveracci, e che a comportarsi da criminali
(si faccia fuori un bambino o la propria madre, si ordini o si esegua
una strage, si strangoli un'amica, si uccida un lavoratore innocente e
indifeso) si diventi personaggi importanti >

stefano wrote:
< Vittime "incidentali" di una rappresaglia? Mi pare veramente un
ossimoro. Rappresaglia e' vendetta, puo' essere indiscriminata ma non
certo incidentale. Abbattere case con gli abitanti dentro, devastare
ospedali, bloccare ambulanze, sparare sulla folla, (eccetera) sono
certo azioni indiscriminate, ma cio' che mi sembra insostenibile e'
liquidarne le vittime come "incidentali", solo perche' non si sa quante
saranno e non se ne conosce il nome. Volendo, si potrebbe rovesciare il
discorso affermando: non e' giusto mettere sullo stesso piano le
vittime di gruppi terroristici e di autorita' legittime, rappresentanti
di uno stato. Ma queste sono affermazioni da "vecchia Europa", proprie
di quelli come noi che ancora non hanno imparato a distinguere la
tortura buona e democratica da quella cattiva e liberticida, a seconda
di chi la pratica e chi la subisce, e del periodo e della geopolitica >

up wrote:
< I palestinesi dei territori occupati stavano nei campi profughi anche
prima dell'occupazione, ci sono stati per vent'anni e intenzionalmente
li hanno lasciati in quelle condizioni per alimentare l'odio. I
palestinesi in Libano per esempio sono discriminati e per legge non
possono costruirsi una casa. E' sbagliato far credere che il popolo
palestinese sia quello che vive in Cisgiordania e Gaza. In Giordania la
popolazione e' palestinese all'80 per cento. Il fallimento della road
map e' causato dalla mancata applicazione del primo step che prevede lo
smantellamento delle basi terroristiche >

oblomov@freemail.it wrote:
< "Nulla vieta che domani cada il governo e che ne subentri uno
antimafia...".
Nulla vieta, se non l'attuale assenza di persone che potrebbero
(ipoteticamente parlando) formare un tale governo >

orioan@libero.it wrote:
< "Si muore perche' si e' soli o perche' si e' entrati in un gioco
troppo grande: colpiscono i servitori dello Stato che lo Stato non e'
riuscito a proteggere". Ricordiamolo a chi dice che "con la mafia si
deve convivere" e a chi sui magistrati afferma "they are mad anyway" >

Gianluca Pacienza wrote:
< "Bisogna attaccare direttamente gli interessi economici dei mafiosi -
ha dichiarato il ministro degli interni al termine della visita
sull'isola, la decima dall'inizio del suo mandato - Dobbiamo recidere
le radici economiche del fenomeno mafioso. Dobbiamo ad esempio fare in
modo che il racket non sia piu' remunerativo". Frasi del ministro
Pisanu in Sicilia, sfuggite alla nostra attenzione? No, dichiarazioni
del "destrissimo" ministro degli interni francese, Nicolas Sarkozy, in
visita in Corsica. Da quant'e' che non si parla piu' in Italia dei
soldi della mafia? >

g.colotti@virgilio.it wrote:
< Mi aspetto di leggere qualcosa su telecom serbia naturalmente, io non
mi permetterei mai di chiamarli come hai fatto tu con la cloaca di
arcore >

c.salvo@tin.it wrote:
< Caro O., mi permetto di fornirle qualche ulteriore dettaglio
sull'Universita' di Messina, l'"Ateneo piu' bestia d'Italia". Sono
certo che la prossima volta mettera' un po' piu' di attenzione prima di
riprendere e diffondere "notizie" non ben controllate. Per il resto
condivido le sue osservazioni e voglio aggiungere che l'attuale Rettore
prof. Gaetano Silvestri ha dato un forte contributo alla moralizzazione
dell'Ateneo, anche se per completare il duro lavoro ci vorrebbe ben
piu' che i due mandati triennali a sua disposizione. Le consiglio di
aspettare i rettorati prossimi venturi per stilare classifiche piu'
realistiche. La saluto cordialmente >
* * *
Le sarei grato se volesse fornirmi gli "ulteriori dettagli" in
battutaggio compatibile con la Catena. Grazie.

Till till@mercurioproductions.com > wrtote:
< Quest'anno, gli alberi sono impazziti. Si comportano come se fosse
l'ultima volta, come se ci minacciassero che ci conviene tenerli
d'occhio. La generosita' dei colori di questo autunno mi ricorda una
donna anta che una bella sera si decide di far girare la testa a mezzo
mondo: sceglie il piu' bel vestito della figlia, si trucca in modo
minimalista, si mette un profumo muschiato nei posti piu' maliziosi,
libera il suo chignon di solito ben raccolto e poi, come se niente
fosse, fa la sua entre'e in casa degli amici, sussurando un finto
timido erodifretta... ciaoatutti... scusatesemipresentocosi'... Cosi'
come? Come questa immensa natura che in questi giorni e' talmente
sprecona di colori e di bellezza, che ogni giorno mi devo fermare un
casino di volte per prendere fiato, per dirmi a voce alta "e' tutto
vero", per invocare questa madreterra che anche tra un altro anno ci
viziera' di nuovo >

vanna wrote:
< Tra i rifiuti tossici abbandonati a Caserta non dimentichiamo un
cadavere assassinato nella comunita' per tossici di San
Patrignano-Muccioli, tanto cara alla prof Moratti, che ci fa pure i
congressi. Fu abbandonato anni fa in una discarica vicino Caserta, ma
gli stronzi furono talmente sciocchi da lasciarlo avvolto in una
coperta col marchio identificativo della comunita'. Come e' finito il
processo agli assassini? >
_______________________________________
Da: riccardoorioles@libero.it
A: rbarengh@ilmanifesto.it
Oggetto: orioles
Caro Barenghi, ti accludo gli ultimi numeri della Catena di San Libero.
E' una roba che esce ogni settimana ed e' abbastanza popolare in rete.
Vi propongo di pubblicarla regolarmente, o per intero o in selezione,
gratis. Per il Manifesto sara' una cosa onorevole avere la mia firma e
per me, dopo tanti anni, sarebbe un ritorno a casa.
* * *
Da: riccardoorioles@libero.it
A: rbarengh@ilmanifesto.it
Oggetto: umilmente orioles
Caro Barenghi, non ho ricevuto risposta alla mia ultima mail e quindi
mi sento autorizzato a ritenere che la tua risposta e' negativa.
Sarebbe stato meglio se avessi sprecato qualche minuto per dirmelo (ti
ho cercato cinque volte al giornale e quattordici per telefono: c'e'
altro che potevo fare per avere l'onore di una Tua Risposta?), ma forse
ormai queste sono sfumature desuete. Io ero del manifesto nel 1972, e
allora avrei sorriso se qualcuno mi avesse detto che parlare con un
direttore del manifesto fra trent'anni sarebbe stato piu' difficile che
parlare col papa. Mi scuso per il tempo che ti ho fatto perdere, ti
ringrazio per l'attenzione e prendo atto.

marco wrote:
< a me gino strada in tv, in mezzo a tanto amor patrio, e' sembrato
fra' cristoforo quello che urla: verra' un giorno. per il resto non
c'e' stato silenzio ne' verita' >
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"Gli invulnerabili". I Siciliani, novembre 1983: un editoriale di
Giuseppe Fava.

Anteprima dell'"Ultima violenza", nella sala ci sono tutti i
rappresentanti del potere nel territorio, i buoni e i cattivi, i giusti
e gli iniqui, i galantuomini e i mascalzoni. Sulla scena per tre ore
sfilano i personaggi equivalenti. Che abbiano autentico vigore
drammatico e bellezza teatrale, non ha qui importanza. Sfilano! Al
termine delle tre ore Turi Ferro, splendido avvocato Bellocampo, ha un
ultimo guizzo drammatico, sulle sue parole spara la musica del Dies
Irae, il pavimento del teatro sembra incendiarsi di bagliori, si alza
lentamente e su questo declivio rotola il cadavere insanguinato del
terrorista Sanfelice, ucciso pochi attimi avanti, prima che potesse
rivelare il nome dei grandi assassini mafiosi. E' come se il teatro,
compiuta la sua rappresentazione, gettasse quel corpo incontro al
pubblico, quasi per restuirglielo; infatti quel pavimento e' di
metallo, una specie di immenso specchio nel quale gli spettatori della
sala vedono se stessi plaudenti.
Ovazione finale, gli attori vengono avanti per ringraziare; viene
avanti il cavaliere del lavoro Lamante, che ha saccheggiato la societa'
e alla cui ricchezza sono state sacrificate centinaia di vite umane,
clap-clap, applausi vigorosi, applaude contegnoso anche l'autentico
cavaliere del lavoro che sta in sala. Ecco l'imprenditore Marullo,
inteso Palummo 'e notte, imprenditore che monopolizza tutti gli appalti
della regione, e per tale monopolio ha fatto eliminare i concorrenti a
raffiche di mitra, clap-clap, applausi anche dall'imprenditore
d'assalto che sta in sala e guardando la sua immagine nello specchio
sembra quasi divertito.
Il clima morale della societa' e' questo. Il potere si e' isolato da
tutto, si e' collocato in una dimensione nella quale tutto quello che
accade fuori, nella nazione reale, non lo tocca piu' e nemmeno lo
offende, ne' accuse, ne' denunce, dolori, disperazioni, rivolte. Egli
sta la', giornali, spettacoli, cinema, requisitorie passano senza far
male: politici, cavalieri, imprenditori, giudici applaudono. I giusti e
gli iniqui. Tutto sommato questi ultimi sono probabilmente convinti
d'essere oramai invulnerabili.

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