Il turismo sessuale verso il web 2.0

Nasce il sito dedicato al turismo sessuale.

locali, bordelli, percorsi del sesso dentro e fuori l’europa... ogni anno thailandia, cuba, kenya... ma anche olanda e repubblica ceca, accolgono milioni di turisti interessati ai ‘percorsi esotici del sesso’..."
16 luglio 2007
Luigi Restelli (Vicepresidente Fondazione Pangea Onlus)
Fonte: da Persona a Persona 8/07 (www.pangeaonlus.org) - 01 settembre 2007
Poco prima dell’estate, ma lo diciamo solo dopo per non indurvi in tentazioni,... è apparso nel web un sito di simpatici buontemponi che insegna come e dove “cuccare” nel mondo. Con poche dracme, rubli, bath, birr, scellini, bolivar, corone, rupie, pesos si può per una notte, per due, o per tutta la vacanza, sentirsi non i soliti beoti di sempre, ma degli splendenti latin lover, ricchi di fascino e di prestanza. Sicuri di aver conquistato in qualche peep show, bordello, nightclub o semplicemente per strada (pensiamo siano segnalate nel suddetto blog) una ragazza rapita dal profumo di mandrillo emanato. Profumo... in realtà più che profumo sentiamo puzza, una puzza immonda che non ci permette di sorridere e dare un buffetto ai goliardici ragazzoni del sito e ai milioni che li hanno preceduti e che li seguiranno, guida alla mano, in queste disgraziate vie del mondo. Lungi da noi la volontà di pórci in veste svolazzante, da fustigatori dei costumi, siamo figli infedeli delle tante rivoluzioni del secolo scorso, ricordiamo con fervore “le linee teoriche” del “neocristianesimo a sfondo disattivista e copulatorio” del Bianciardi (La vita agra), insomma confessiamo di aver vissuto e di vivere ancora inebriati nel corpo e nella mente dall’amore spirituale e fisico, ma questa puzza... Questa puzza non ci permette di restare muti di fronte alle mandrie maleodoranti di turisti del sesso che attraversano l’Europa e i continenti, forse stufi della prostituzione locale (che come sappiamo li raggiunge soprattutto dall’Africa e dall’Est europeo, per garantirgli una certa comodità quando cacciano vicino casa), forse in cerca di maggiore libertà d’azione: in alcuni Paesi la pedofilia è, de facto, permessa. Dall’altra parte, di fronte a questa arroganza, a questo “make it rain” di monete pregiate, gettate come una pioggia sfavillante fra le gambe delle spogliarelliste, al sesso imposto e rapinato, ci sono donne sole. Donne, ragazze, bambine, spesso bambine vestite e truccate e scaltre come donne, che devono sopravvivere, subendo moralmente e fisicamente quei corpi che le soffocano. Corpi morti e molli, come le menti morte e molli che li comandano, turisti del sesso che abbruttiscono questo pianeta e costringono innumerevoli donne allo stupro consenziente della disperazione e della fame. A Malindi, ad esempio, li abbiamo visti scorazzare fra i tavolini di orribili bar finto esotico, come camaleonti dalle lunghe lingue, capaci di acchiappare mosche/ragazze con un solo sguardo; era triste osservare la trasformazione dello sguardo delle mosche/ragazze: civettuolo e sorridente mentre guardavano i camaleonti, diventava assente e scuro, appena queste caricature d’uomo si distraevano in un beverone o con qualche compagno di merende. Mentre le chiaviche si infervoravano in qualche stupida discussione, le ragazze rimanevano ferme, immobili, anche per lungo tempo, statue lontane, irriconoscibili nella loro antica fissità, per poi rianimarsi al ritorno del giovane, del maturo o del vecchio turista del sesso, pronto a riaccoglierle fra le proprie rapaci membra. Più a sud, una ricca e intraprendente signora tedesca teneva praticamente “al guinzaglio” un ragazzo Masai, lontano dal suo orgoglio e vicino a un ridicolo tipicamente occidentale. In Romania, a Bucarest avevamo notizia di un luogo chiamato “supermarket” per ragioni che vi lasciamo tristemente immaginare. Una signora Devadasi a Bangalore, nel centro dell’India, ci diceva con grande trasporto e convinzione “altro che tradizioni, religioni, consuetudini… è la povertà, la mancanza di lavoro, la disperazione… altrimenti, col cavolo che diventavamo Devadasi!”. Permetteteci la libera traduzione. Come dare speranza a una storia che non ha fine e forse non ha inizio, come opporsi a questa ciurmaglia vagabonda di farabutti senza volto, ma con infiniti nomi e cognomi. Si può cominciare cercando di dare a queste donne un altro destino, cercando di spiegare loro che esiste un destino diverso e insieme, costruirlo. Come fa Pangea.
Note: da Persona a Persona - Fondazione Pangea Onlus

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