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Lettera da Cochabamba (Bolivia)



                                                                         Cochabamba, 
17 gennaio 2002

Carissimi,

     le iscrizioni per il nuovo anno scolastico, inizialmente fissate per 
il 14 gennaio,  si apriranno invece, in tutte le scuole del territorio 
boliviano,  il prossimo  21 gennaio.

Anche la nostra Casa Estudiantil si adegua alle scadenze fissate dal 
Ministero dell’Educazione e quindi, in teoria, avrebbe dovuto cominciare ad 
iscrivere le nuove ragazze il prossimo lunedi’.

Ma si e’ verificato un fatto imprevisto: per scrupolo, sapendo che le 
nostre chicas vengono da molto lontano, camminando talvolta per ore su 
strade sterrate, attraversando fiumi e scavalcando montagne, siamo saliti a 
Colomi il 14 mattina, che alle volte non vi fosse arrivata qualcuna, non 
informata del cambio di data, e stesse aspettandoci.

Fuori della porta della “casita” c’era la fila: all’ una del pomeriggio 
avevamo occupato gia’ 33 dei 40 posti disponibili.

E ilPassato il momento di grande gioia nel vedere confermata la rispondenza 
del progetto ai bisogni reali, e la positivita’ dell’intuizione che ci ha 
spinti a promuovere quest’iniziativa , ci e’ venuto “il magone”.

Come faremo a dire di no a tutte queste ragazze, per le quali 
rappresentiamo l’unica, per ora, possibilita’  di uscita dalla pesante 
situazione di poverta’ e di emarginazione culturale, sociale e politica 
nella quale vive la donna qui in Bolivia?

Abbiamo fatto un piccolo “vertice”, il Presidente della Fondazione, il 
Direttore della Casa, la Responsabile Didattica ed io, ed abbiamo deciso di 
allargare il numero a 50.

Dobbiamo comprare altri letti, materassi, coperte, banchi, tavoli e sedie 
per il refettorio, quasi sicuramente i soldi non basteranno, ma la 
Provvidenza, ne siamo convinti, continuera’ a guardarci con occhi benevoli, 
come ha fatto finora.

Cosi’ oggi siamo risaliti a Colomi per sciogliere alcune riserve e 
riportare il sorriso sul volto delle giovani alle quali avevamo detto che 
forse non c’era piu’ posto per loro e i cui  occhi avevamo visto riempirsi 
di lacrime..

E abbiamo vissuta la nostra avventura quasi quotidiana: all’altezza del 
chilometro 5, sulla via di Colomi, la strada era bloccata dai cocaleros che 
stanno “scaldando i muscoli” in vista di un massiccio blocco di cocaleros, 
campesinos, mineros, maestros ecc...ecc...preannunciato per la prossima 
settimana.

Che facciamo? Le chicas sicuramente ci stanno aspettando, hanno camminato 
per ore, saranno partite dai loro villaggi all’alba... bisogna arrivare a 
Colomi in qualche modo, anche se il pericolo di non poter piu’ ritornare 
indietro e’ concreto.

E cosi’ ci avventuriamo per i campi, su e giu’ per la montagna, percorriamo 
viottoli, attraversiamo fiumi e.....arriviamo ad un cortile di una casa 
privata.

Nel frattempo alle nostre spalle si era formata una coda di jeep e camion, 
che, vista la sicurezza con cui andavamo, erano convinti che avremmo saputo 
aggirare il blocco e portarli fuori dall’imbuto delle montagne.

Dietro-front, si mette alla testa una jeep di tecnici dei telefoni, e 
ripartiamo.

Altra salita-discesa, altro attraversamento di fiume, altra strada che ad 
un bel momento finisce.

Ri-dietro-front, questa volta pero’ saremo piu’ furbi: abbiamo chiesto 
informazioni e ci assicurano che quest’altro viottolo ci portera’ fuori, 
sulla strada principale, sopra la zona del blocco.

Infatti e’ cosi’, la strada porta davvero alla via principale, la vediamo 
da lontano, ma, all’uscita, c’e’ un camion di traverso: altro blocco.

A forza di va, vieni, sali, scendi, prova, riprova, alla fine pero’ ce 
l’abbiamo fatta.

Con grande stupore dei Colomeñi che, increduli, ci chiedevano “ma come 
avete fatto ad arrivare?” e con grande gioia delle chicas che ci stavano 
davvero aspettando e che, anche loro, avevano fatto il giro del mondo per 
venire a verificare se potevamo accoglierle o no.

Se ce l’hanno fatta loro ad arrivare, un po’ con mezzi di fortuna, un po’ a 
piedi, non ce la facevamo noi, con tanto di jeep, magari vecchiotta, magari 
non nostra, ma comunque sempre jeep?

E siamo riusciti anche a tornare, per un’altra strada, allungando 
chilometri e tempo di percorrenza, ma ci e’ andata bene..

Insomma, per un’oretta di lavoro, abbiamo fatto un viaggio faticosissimo di 
quasi cinque ore.

Ma vuoi mettere la soddisfazione di vedere la gioia dipinta sui musetti 
delle nostre chicas?

Un abbraccio

Anna Maria