[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

su palestina da opcol



Ciao a tutti, ci scusiamo per il fatto che da un po' di tempo non ci siamo 
fatti sentire. Alcuni di noi sono in Palestina, tentando di dare il cambio 
ai volontari di action for peace a Ramallah o dove ce ne sia bisogno, se vi 
interessa queste sono due righe di considerazioni su quello che sta 
succedendo laggiù, a presto alberto

E noi?
La guerra in terra santa in questi giorni ha creato una forte divisione
nell'opinione pubblica : una parte appoggia la lotta di liberazione del
popolo palestinese fino ad approvarne anche le espressioni più estreme,
come si è visto nella manifestazione di roma , l'altra è pronta a
giustificare le azioni dell'esercito israeliano, pur ammettendone la durezza
eccessiva, in nome della "sacra" lotta al terrorismo. La guerra con la sua
logica ferrea comanda anche da noi , lasciando aperte solo tre possibilità:
con Israele, con i palestinesi , indifferenti La faccenda è complicata
dalle reciproche scomuniche che le fazioni si lanciano: criticare il governo
Sharon può diventare segno sicuro di antisemitismo, guardare con simpatia
alla debolezza ed alle giuste richieste palestinesi una forma di complicità
con il terrorismo
Nonostante questo molti hanno chiaro che in questa crisi sono in gioco
oltre che il destino di due popoli anche molte delle possibilità di
convivenza attuale e futura tra il mondo occidentale e quello mussulmano.
Israele rappresenta in pratica un modello per l’occidente nel rapporto con
il terzo mondo : con la sua democrazia "perfetta" per chi è ammesso a farne
parte preoccupata di garantire ed aumentare e difendere il benessere di chi
ne è all’interno e pronta ad imbracciare le armi per assicurarsi le risorse
e per tenere lontani i poveri che la circondano , proclamando ad alta voce
l’impegno nella lotta a l terrorismo con tutti i mezzi e accaparrandosi in
silenzio terra, acqua e risorse a scapito dei più deboli. Quanto ci
somigliate fratelli israeliani!
E la pace ? E’ possibile costruire la pace o l’unica logica realistica è
quella della vittoria del più forte ? E quale ruolo abbiamo noi persone
normali, c’è concesso solo scegliere per chi tifare, chi odiare ?
Alla guerra contro la pace, come l’ha definita il Papa, occorre rispondere
Proviamo a suggerire tre direzioni

La prima : la pace ha bisogno di verità, come la guerra si nutre di
propaganda, di menzogna. Non basta dire che tutti hanno sbagliato, occorre
ricercare ed evidenziare le radici dell’ingiustizia: a noi sembra di poter
indicare nell’occupazione militare israeliana dei territori palestinesi,
espressione di una politica coloniale interessata alla terra ed alle sue
risorse, l’ingiustizia principale da cui discendono le mille altre, da
entrambe le parti. Abbiamo visto come vivono i palestinesi, prigionieri in
casa propria, in una rete di ferro fatta di soldati che sono ovunque, di
posti di blocco, carri armati, zone off-limits, perquisizioni continue: se
Sharon ritiene che in questo modo si combatte il terrorismo i fatti dicono
che si sbaglia, non è umiliando i civili in mille maniere che si toglie
consenso alla politica dei martiri , pronti a farsi esplodere e ad uccidere
innocenti . Riconoscere questo non significa essere antisemiti, altrimenti
lo sarebbero anche i quattrocento militari israeliani che si rifiutano di
prestare servizio nei territori occupati : "questa non è lotta al terrorismo,
dicono, è occupazione militare di una terra non nostra."
E' solo un sogno sperare che si affidi ad un processo di riconciliazione a 
partire dalla verità
invece che alla forza armata l' aspirazione alla pacifica convivenza ed 
alla libertà dei due popoli come chiedono i nonviolenti israeliani?
La seconda : in questo momento è fondamentale un intervento esterno, non
schierato a favore di una delle due parti ma con forza e decsione contro la
violenza da qualsiasi parte venga .Oggi tutto il confronto è affidato allo
scontro militare : alla fine avremo solo una ingiustizia più grande ed
ostacoli ancora più grandi alla convivenza. E’ proprio in questa fase che è
indispensabile che la comunità internazionale si metta in mezzo, interceda,
pronta ad ascoltare le paure di chi ha sofferto la Shoà e teme che si ripeta
e la richiesta di libertà di chi ha perso tutto e non ha mai avuto uno
stato, ma anche decisa a rifiutare e condannare che degli innocenti come
donne e bambini diventino obbiettivi militari o di rappresaglia.

Terza ed ultima; Anche la pace, e con l’urgenza di chi si trova a far i
conti con la vita e la morte , ha bisogno di "soldati" disarmati disposti a
entrare nelle zone di guerra; pronti a tutto, anche a rischiare la propria
vita ma non a sostenere la violenza . E’ il momento che le azioni di
intervento dei civili in guerra non siano più una testimonianza, un’ utopia
, ma una proposta concreta per riportare il confronto su un piano di dialogo
e non di duello armato. E’ il momento dicostruire una convivenza a partire
dalle vittime, da chi ha perso qualcuno di caro in guerra , da chi paga con
il carcere o con la vita la scelta di non odiare e di non uccidere. Questa
possibilità è nelle nostre mani, non dipende da altri che da noi, dalle
nostre scelte personali. Centinaia di persone in questi giorni hanno difeso
pacificamente l’ospedale di Ramallah, altri sono pronti a dar loro il cambio,
sfidando la guerra a viso aperto con la presunzione come civili di non
essere vittime ma costruttori di pace. E noi?
Alberto capannini, comunità papa giovanni xxiii - operazione