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Oltre il burqa, donne al governo per la democrazia



Oltre il burqa. Donne al
governo per la democrazia
di Luisa Morgantini

"No, non riesco a partecipare all'euforia, del resto per ora continuo a vedere morti, te l'avevo giā detto  ma vale ancora oggi, il nostro č un paese cimitero...". Zenad mi parla al telefono con la sua voce sottile, č a Peshawar, č stanca e perplessa ma non vuole lasciarmi con pensieri cupi e ripete una frase che mi aveva detto qualche tempo fa: "Ti ricordi -mi dice- continuo a pensare che l'orizzonte sia nero ma non posso credere che il nostro destino sia solo morire, continueremo a lottare, e poi non siamo soli, ci siete anche voi. Sai quanto ci aiuta a sapere che siete con noi, che ci sostenete. Incontrarvi nei nostri campi profughi anche se solo per poco tempo č stato meraviglioso, almeno un sogno realizzato.Ma noi dobbiamo continuare a lottare per liberarci dai Talebani perchč non č ancora finita, ma anche dai signori delle guerre dell'Alleanza del Nord, e anche dagli Usa e dai loro alleati che prima hanno creato Bin Laden e i Talebani e poi per combatterli ci uccidono e bombardano le nostre case".

La paura non č finita

Fatima non č mai uscita da Kabul, č una delle dirigenti del Rawa, dice che le strade di Kabul sono tornate ad essere popolate, la gente ricomincia a muoversi. Ognuno pero' ha paura, molti vengono ammazzati cosi' senza motivo. si', qualche donna si č tolta il burqa e qualche uomo si č rasato, le musiche hanno ricominciato a suonare, ma c'č la paura che i soldati dell'Alleanza - dopo aver lasciato qualche piccola libertā per accontentare gli occidentali - continuino con le punizioni e le vendette.
Ognuna di noi ricorda le atrocitā e le proibizioni che alcune forze che compongono l'Alleanza del Nord  hanno compiuto quando sono stati padroni  dal '92 al '96. Ho detto a Fatima che i giornali occidentali e le tv ci riempiono di immagini con le donne che si truccano e abbandonano il burqa, anche se quando le immagini sono dei luoghi abitati le donne si vedono ancora chiuse dentro la cella del burqa. Fatima ha sorriso dicendo che il percorso sarā ancora lungo  e difficile e che per loro i capi talebani e i comandanti dell'Allenaza del nord dovrebero essere portati tutti davanti a un tribunale internazionale.


Una sfida per la libertā

   Dei diritti delle donne afghane oggi ne parlano tutti, persino lady Bush si č fatta paladina dei loro diritti. Sarā un comitato di donne che probabilmente elargirā qualche beneficenza, poi forse se c'č stata qualche donna americana pilota la decoreranno al valore militare e poi la faranno incontrare con la donna afghana che non ha piu'casa e i figli morti sotto i bombardamenti. La donna afghana ringrazierā della beneficenza, ha bisogno di mangiare e di far mangiare i propri figli  sopravvissuti che pero' forse si ricorderanno dell'umiliazione. Anche il gruppo radicale al Parlamento Europeo, tra cui Emma Bonino insieme a Nessuno tocchi Caino e altre organizzazoni, ha lanciato una giornata mondiale di digiuno per chiedere che le donne entrino a far parte del governo provvisorio afghano. Sacrosanta istanza, ho aderito con alcune valutazioni e una richiesta. Non basta dire "le donne". E' vero che nessun governo, neppure transitorio, potrā dirsi democratico se le donne non ne faranno parte, ma non basta un corpo di  donna per essere per la democrazia e per la piena libertā e soggettivitā femminile. Per questo del governo di transizione dovrano far parte quelle donne come Zenada o Fatima del Rawa, un'organizzazione politica delle donne afghane che in questi anni hanno resistito al fondamentalismo e all'estremismo dei talebani  e dell'Alleanza del Nord, rischiando ogni giorno la vita  per mantenere degli spazi vitali, organizzando scuole clandestine  per bambine e donne,  nascoste dal burqa trasformato cosi' in una protezione. Della formazione del governo provvisorio si dice  che dovrebbero rappresentare tutti i diversi gruppi etnici presenti in Afghanistan. Le donne del Rawa anche in questo rappresentano, oltre alla sfida di cui sono portatrici, quella della rottura delle tradizioni per la libertā e liberazione delle donne. Anche nel rifiuto e nel superamento delle etnie. Sono un'organizzazione multietnica e non vogliono presentarsi nč come pashtun nč come uzbeki  tajiki, farsi o hazari, in questo senso rappresentano un elemento politico straordinario.
   La giornata del digiuno č un po' come la campagna lanciata a suo tempo: "Un fiore per kabul". Avevo aderito, sono donna, il simbolico mi appartiene ma insieme al simbolico, e cioč il digiuno di un giorno, ritengo indispensabile - e l'ho chiesto ai promotori della giornata del 24 - che i soldi risparmiati dai pasti non consumati vengano inviati alla capagna Nafaz - Respiro, coordinata dalle Donne in Nero per il sostegno dei progetti del Rawa e dell'Hwca ( bonifico bancario sul c/c 103344 presso la Banca Popolare Etica di padova; Abi: 5018 - cab 12100). Nella delegazione che abbiamo organizzato come Donne in Nero e alla quald hanno partecipato le parlamentari italiane Titti De Simone, Elettra Deiana, Luana Zanella, Marina Sereni e Pia Locatelli della Commissione Pari Opportunitā, ci siamo rese conto di come l'analisi politica e la concretezza del loro lavoro con la popolazione siano la strada per un Afghanistan liberato da terroristi, fondamentalisti, potenze occidentali e guerre.

Un ruolo per Rawa

   Intanto č indispensabile che nelle zone "liberate" vi sia una presenza delle Nazioni Unite composta, come chiede la Rawa, da forze multietniche per impedire vendette e massacri, e tutto il nostro impegno per cambiare le regole della politica e il sistema politico sociale che al terrorismo risponde con la logica della guerra facendone pagare il prezzo ai civili e i profitti ai produttori di armi. I giochi per il futuro del mondo sono grossi in Afghanistan. Anche per l'Europa.





Liberazione, 18 novembre 2001

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