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Zimbabwe

Gli affamati di Mugabe

Alcune Organizzazioni Non Governative, guidate dal Consiglio Norvegese dei Rifugiati (NRC), si sono rivolte al governo zimbabweano e ad altre ONG perché si attivino in qualche modo per prendersi cura dei rifugiati interni, ovverosia di quell’ingente massa di persone sfollate a causa della controversa redistribuzione della terra, voluta dal presidente Mugabe, della violenza politica che attanaglia il paese e della siccità.
Rodrick Mukumbira

Migliaia di zimbabweani sono stati costretti a spostarsi, a fuggire, prima delle elezioni presidenziali avvenute a marzo dell’anno scorso, quando fiancheggiatori dello ZANU-PF si scatenarono mettendo a saccheggio diverse zone del paese. Oltre 100 persone caddero vittime delle violenze scaturite dalla furibonda corsa alle elezioni, che furono vinte in maniera perlomeno controversa dal Presidente Robert Mugabe. Altri spostamenti forzati sono tuttora provocati, soprattutto nelle aree rurali, da elementi appartenenti ad una milizia addestrata da un programma governativo cosiddetto "servizio nazionale", che terrorizza persone sospettate di sostenere o fiancheggiare l’opposizione.

Amani Trust, un’ONG locale, ritiene che non passi giorno che agli sfollati se n’aggiungano parecchi altri, ma il governo lo nega sprezzantemente. L’organizzazione umanitaria stima ci siano già 800.000 sfollati nel paese, che l’Unione delle Aziende Agricole Commerciali (Commercial Farmers Union-CFU) dei bianchi espropriati, dice trattarsi per lo più d’ex dipendenti delle aziende che possedevano.

La CFU e il Ministero del Servizio Pubblico affermano che nel ’99, prima che avesse inizio il controverso programma governativo d’esproprio sommario, lavoravano nelle grosse aziende agricole dei bianchi ben 500.000 persone. Lo stesso CFU stima che, alla fine dell’anno scorso, non meno di 400.000 di questi lavoratori erano stati colpiti dall’occupazione e dall’esproprio forzato delle terre, perdendo, più o meno, completamente il lavoro.

L’NRC afferma che, sebbene non si sappia esattamente quante persone siano state costrette a spostarsi all’interno del territorio, l’aiuto a questi sfollati non può essere ulteriormente ritardato. Il Consiglio norvegese suggerisce che agli sfollati sia immediatamente portato un aiuto alimentare, prestando particolare attenzione a quella parte di loro composta da orfani e gruppi famigliari retti da donne sole. Il programma alimentare mondiale (PAM) e la FAO ritengono che circa 6 milioni di zimbabweani abbia bisogno di aiuto alimentare come conseguenza della siccità e del controverso programma di riforma agraria.

George Olesh, di UNDP, comunica che si sta attualmente svolgendo da parte indipendente un’indagine per accertare, soprattutto ai fini della sicurezza alimentare, il numero e la situazione degli sfollati del paese; una risposta umanitaria coordinata è stata, infatti, resa finora difficile dalla mancanza di dati accurati sul numero degli sfollati bisognosi.

Mentre uno studio del 2002 identificava solo tre categorie di sfollati, lavoratori delle aziende agricole, vittime della violenza e vittime della carestia, ora UNDP ritiene sia necessario includere minatori e lavoratori specializzati che si vedono costretti a muoversi per il paese alla ricerca d’impiego. L’indagine suggerisce ancora un’altra categoria, a dir il vero, atipica, costituita dai fiancheggiatori dello ZANU-PF al potere e dai veterani della guerra di liberazione che sono stati incoraggiati ad invadere le terre, ma che ora si vedono scacciati dai capi del partito e da importanti funzionari governativi che ne hanno preso fraudolentemente possesso.

Olesh afferma: "Dobbiamo ancora definire quali sono le caratteristiche precise di uno sfollato nel contesto zimbabweano, considerata la natura complessa dell’attuale situazione." In ogni caso, ancora non esistono dati completi e verificati sull’esatto numero di coloro che sono stati costretti a spostarsi o alcun’informazione precisa su dove costoro si sono diretti.

Un rapporto delle Nazioni Unite afferma, fra l’altro: "La tremenda crisi alimentare avrà un enorme impatto sui lavoratori delle aziende agricole, dal momento che l’85% dei loro consumi alimentari veniva acquisito con pagamenti in contanti consentiti dai salari, per questo, anche se riescono a rimanere nelle aziende, non troveranno i mezzi per comprarsi il cibo in quanto il lavoro ed i salari sono azzerati o ridotti al minimo. Questo stato di cose indurrà fra poco molti di loro a spostarsi, cercando disperatamente un altro impiego o un aiuto."

I dati finora più affidabili sul fenomeno degli sfollati sono stati forniti da uno studio campione, condotto a gennaio dal Farm Community Trust of Zimbabwe che ha indagato su 235 grosse aziende agricole, rappresentanti il 10% di tutte quelle presenti nelle Province del Mashonaland West, Central, East e di Manica, rispettivamente nel Nord e nell’Est del paese. Si è in tal modo stabilito che al 16 gennaio di quest’anno 26.693 lavoratori permanenti o stagionali risiedevano ancora nelle farms, ma che ben 252.000 persone se n’erano andate e, si consideri, che le vittime della violenza politica sono ancora di più e più difficili da individuare e contare di quanto non lo siano i lavoratori agricoli.

Tony Rinker, dell’Amani Trust, afferma giustamente: "Poiché gli sfollati temono la repressione e altra violenza, cercano in tutti i modi di rimanere nascosti, il che rende oltremodo complicato individuarli e contarli." Di conseguenza la stima del numero dei rifugiati interni del paese varia moltissimo, da una all’altra delle diverse ONG che si occupano di diritti umani, ed in ogni caso spazia fra le 200.000 e le 400.000 persone nel suo complesso.

La ricerca delle Nazioni Unite si occupa anche della condizione degli orfani prodotti dall’epidemia di AIDS; la Farm Orphan Support Trust ha stimato che ce ne sono mediamente 12 per ogni azienda nelle tre province del Mashonaland e nel Manicaland. Di conseguenza, negli ultimi anni si è assistito ad un significativo aumento delle famiglie tirate avanti da ragazzini che vivono, insieme alla loro famiglia falcidiata, in condizioni di assoluta povertà, mentre, in molti casi, anche ai loro vecchi nonni viene richiesto dalle circostanze di fare la loro parte nella lotta della famiglia per la sopravvivenza.

Uno dei motivi che rende difficile l’assistenza ai bisognosi consiste nel fatto che un gran numero di sfollati si trova in aree del paese dove le Nazioni Unite non hanno mai avuto bisogno di essere presenti, cioè nelle zone dove si trovano le grandi aziende agricole commerciali.

Alla maggior parte delle ONG i giovani fiancheggiatori-predatori dello ZANU-PF hanno impedito di entrare nel Matabeleland, la regione meridionale dello Zimbabwe, dove la maggioranza della popolazione ha bisogno di aiuto alimentare, ma si tratta di un’accusa che il governo respinge in ogni occasione. In alcune aree di questa regione gli abitanti dei villaggi sono ridotti a sopravvivere mangiando radici selvatiche, attendendo l’arrivo delle organizzazioni umanitarie.

Moses Mzila, un parlamentare dell’opposizione del Matabeleland, afferma che: "nella regione si sta sviluppando una crisi di proporzioni inimmaginabili e se non si prendono immediati provvedimenti affrontando la situazione si corre il rischio di perdere moltissime vite." E conclude chiedendo che le Nazioni Unite amplino i confini geografici del loro intervento di assistenza alimentare, per far si che tutti i bisognosi ricevano l’indispensabile.