<b>PERICOLO SELVATICO</b>

Dopo la notizia di focolai individuati tra gli uccelli selvatici in Cina,
Siberia, Mongolia, Kazakistan e Russia, come dobbiamo guardare al popolo migratore che sta facendo rotta dall’Est e sta passando nei nostri cieli?

Diverse specie possono ospitare il virus H5N1, e portarlo anche da noi. «Si stanno attuando tutte le misure di monitoraggio e mappatura per individuarne l’eventuale presenza e bloccarne la diffusione,
evitando il contatto con gli animali d’allevamento», spiega Stefano Marangon, direttore sanitario dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie,
centro di riferimento nazionale per l’influenza aviaria di Padova, che
coordina l’attività di sorveglianza anche sugli uccelli selvatici in collaborazione con l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica (Infs). Intanto,
sei regioni della Russia toccate dal virus dei polli (cinque in Siberia e una sugli Urali) hanno vietato l’attività venatoria, perché si ritiene che i cacciatori possano essere esposti al rischio di contatto con i virus ad alta patogenicità. Lo stesso divieto è stato richiesto, come misura cautelativa, anche per l’Italia, da Lipu, Wwf e altri gruppi ambientalisti. Secondo il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco, «le misure restrittive sull’attività venatoria tutelano gli stessi cacciatori e chi manipola selvaggina potenzialmente infetta». L’Infs ha già diffuso una circolare di allerta con disposizioni rigorosissime per i ricercatori che inanellano gli uccelli migratori a scopo di studio. E chi rientra da battute di caccia all’estero trova controlli severi alle nostre frontiere. Ad Ancona, tre cacciatori si sono visti sequestrare 30 chili di “bottino” perché privo di documentazione sanitaria.