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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Dalla prima alla seconda ricerca

Fonte: "Famiglia Cristiana" n. 46 del 13 novembre 2005

di Alberto Bobbio

La ricerca di Caritas, Famiglia Cristiana e Il Regno rivela che gli italiani sanno cosa accade nel mondo quasi solo dalla Tv. E che il dramma degli altri non li tocca più di tanto.

Ormai quasi tutti gli italiani concordano sul fatto che le guerre sono evitabili, che l’Onu va potenziata, che la guerra preventiva è un grandissimo errore, che la mediazione politica va rafforzata. E che i media hanno un ruolo centrale nel determinare processi di rimozione nella coscienza collettiva riguardo alle guerre.
Lo racconta il secondo Rapporto di ricerca sui conflitti dimenticati e sulle guerre infinite, realizzato dalla Caritas italiana in collaborazione con Famiglia Cristiana e con la rivista Il Regno, che dalla prossima settimana sarà disponibile nelle librerie italiane, pubblicato da Il Mulino. Si intitola Guerre alla finestra, perché la guerra non è più lontana, ma ancora sta fuori dalle nostre case, non entra nelle dinamiche quotidiane, nella percezione personale, come fenomeno in grado di scalfire e incidere sui nostri modelli di vita. Eppure, delle guerre abbiamo paura, intrecciamo ragionamenti, a volte irrazionali, circa la sicurezza.

Questo volume mette ordine nelle cose, fa chiarezza e offre chiavi di lettura sulla dimensione sociale ed economica dei conflitti armati, quelli conosciuti e quelli dimenticati. Rispetto al primo Rapporto di ricerca, apparso per i tipi di Feltrinelli due anni fa, questo libro va oltre, perché intanto è aumentata l’attenzione dell’opinione pubblica italiana verso i conflitti dimenticati. Da allora i curatori del Rapporto hanno conversato con un pubblico sempre attento e curioso, in più di 100 luoghi d’Italia e anche in molti convegni all’estero, su un argomento rimosso, e cioè sulla natura sostanzialmente permanente dei conflitti, che comporta reazioni da una parte di sensibilizzazione e dall’altra di assuefazione e di rimozione nell’opinione pubblica. È stata la sollecitazione venuta da molti lettori e interlocutori a far progredire la ricerca e ad allargarla.

Cresce l’uso di Internet
Nel libro ci sono i volti della guerra, le cifre del business, le regole del gran circo dell’informazione che è in grado di mettere in scena, ma anche di far sparire, conflitti e tensioni. Tuttavia, dal secondo Rapporto risulta che gli italiani sono più scaltri e meno disponibili a farsi prendere in giro. Si fidano di meno delle fonti ufficiali, cercano altro rispetto a ciò che passa sugli schermi della Tv o che raccontano i giornali. È dimostrato dal fatto che l’uso di Internet, come strumento conoscitivo e informativo sulle guerre, si è assai ampliato: chi batte la rete per conoscere è passato dal 3 per cento della ricerca precedente al 15 per cento. Ma non basta. Dice Francesco Strazzari, docente di Relazioni internazionali all’Università di Amsterdam, specialista in studi avanzati di analisi dei conflitti, coordinatore scientifico del Rapporto: «Vista la crescente domanda e offerta di notizie dal mondo, si può parlare in prospettiva di una piena e trasparente esposizione pubblica delle dinamiche di violenza armata, e dunque di una tendenza alla scomparsa dei conflitti dimenticati? La risposta chiara e netta è no, non si può».

Morti che contano di più
E il Rapporto lo dimostra in quasi 500 pagine di analisi, il più ampio lavoro su questo tema in Italia. Ci sono guerre e morti che contano di più, quindi interessi e considerazioni di natura strategica ed economica, molte volte suggeriti dai potenti del mondo, che guidano l’occhio delle telecamere e l’informazione sulla guerra. La ricerca ha scavato in circa 100.000 servizi della televisione pubblica e privata italiana, ha analizzato quasi altrettanti pezzi radiofonici, pubblici e privati. Ha messo in fila migliaia di righe di reportage e notizie di quotidiani e agenzie di stampa. Ha battuto per mesi la Rete, analizzando non solo siti alternativi di informazione, ma anche i blog, i diari on-line, dove la guerra viene raccontata in prima persona dai protagonisti, decine di newsgroup italiani e i servizi di informazione dei principali motori di ricerca del mondo.
Ne esce un quadro desolante, dove la massima attenzione è dedicata alla guerra (o meglio al dopoguerra) dell’Irak, ma senza spiegarne il contesto, le dinamiche geopolitiche, gli intrecci economici poco virtuosi. Anche l’Afghanistan, dopo i picchi dell’attenzione mediatica a cavallo tra 2001 e 2002, sembra oggi rientrato nei ranghi dei conflitti dimenticati. Per non parlare degli altri casi studiati, Sri Lanka, Congo, Colombia, che non si avvicinano nemmeno a coprire l’1 per cento dell’informazione offerta da Tv e radio.
In televisione e alla radio l’informazione è più puntuale sulle reti pubbliche rispetto alle private. Ce ne è di più su Raiuno e su Raitre. In coda va Raidue, che fa peggio però di Canale 5. Agli ultimi posti si piazzano La7, Rete 4 e Italia 1. Anche le scelte sono diverse. Per esempio, Italia 1 sceglie l’Irak e trascura la Palestina, che invece sta al primo posto nelle scelte di La7. Della Colombia si occupa solo la Radio Vaticana.
Tutti i network informativi, poi, carta stampata compresa, mandano in vacanza la guerra a luglio e agosto: gli italiani non vanno rattristati. Dal Rapporto emerge anche un altro dato sul quale tutti dovrebbero riflettere: l’informazione televisiva si prende il 90 per cento dell’attenzione degli italiani.
Ciò significa che sempre meno spazio c’è per l’approfondimento offerto dalla lettura dei giornali. Rispetto alla precedente ricerca, il numero degli italiani che si informa solo attraverso la televisione è aumentato del 30 per cento.

Il ruolo della Chiesa
La radio è in caduta libera (29 per cento), preceduta come fonte informativa dai quotidiani e anche dai periodici. Il web invece passa come risorsa informativa dal 3 al 15 per cento. Il Rapporto contiene persino un approfondito sondaggio realizzato dalla Swg di Trieste. Da esso risulta diffusa la convinzione che il nostro Governo non abbia fatto tanto per evitare le guerre.
In più il libro contiene analisi accurate sulla cooperazione internazionale, sul ruolo che hanno avuto la Chiesa e la Santa Sede, sul pacifismo cristiano, sul dibattito attorno alla guerra giusta e molte schede chiamate zoom; su tanti casi: Irak, Afghanistan, la presenza militare italiana nel mondo, il magistero pontificio sulla pace e sulla guerra.
E anche un capitolo sulle cosiddette paci dimenticate, che spesso sono soltanto una prosecuzione della crisi bellica: dai conflitti dimenticati alle guerre senza tempo.

articolo tratto da FC logo

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