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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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L'ONU e la prevenzione dei conflitti nel XXI secolo



Kofi Annan (www.un.org) Dopo l'Agenda per la Pace di Boutros Ghali del 1992, il ruolo fondamentale della prevenzione è stato ribadito, nel 2001, dall'attuale Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, il quale ha sostenuto che “la più dispendiosa delle politiche di prevenzione è comunque più economica, in termini di vite e risorse, del meno costoso degli interventi” ("Elogio della Prevenzione"). Egli ha rilevato, infatti, che i conflitti verificatisi negli anni ’90 hanno provocato alla comunità internazionale danni per 230 miliardi di dollari e la perdita di migliaia di vite umane.

Le controversie che sorgono, spesso, convergono in conflitti armati veri e propri. Le prime avvisaglie in tal senso, frequentemente, sono ignorate e gli appelli sottovalutati. L’intervento internazionale (governativo e non) agisce, talvolta, in stato di emergenza e/o tardivamente, laddove la guerra è già scoppiata e vi è poco da salvare.

Kofi Annan ritiene che tre siano le cause che impediscano la piena efficacia delle misure preventive:
▪ la difficoltà di una o più parti del conflitto ad accettare un intervento (di qualsiasi genere) da parte di soggetti terzi;
▪ la non volontà politica degli strati più alti della comunità internazionale (a impegnarsi nella prevenzione dei conflitti);
▪ l’inesistenza di strategie comuni e condivise nella prevenzione dei conflitti nell’ONU come nella comunità internazionale.
Ma quella che Kofi Annan considera più grave è la mancanza di volontà. Perché è quella che blocca, impedisce qualsiasi azione preventiva. L’istituzione stessa delle Nazioni Unite, scaturita dall’esperienza deplorevole e aberrante della seconda guerra mondiale, non è stata capace, in 60 anni di storia, di condurre un’azione sistematica di prevenzione.

Le politiche in tal senso non sono facili da adottare. Solitamente comportano impegni rapidi e immediati, i cui risultati, però, si vedono nel lungo periodo. Per arginare eventuali e potenziali conflitti necessita una capacità di lettura e interpretazione dei fatti e una convincente consapevolezza dell’efficacia delle operazioni di prevenzione.

Un secondo aspetto che limita l’applicazione di misure preventive è dato dalla poca attenzione dei governi e, talvolta, anche delle organizzazioni internazionali alle tematiche dello sviluppo e del governo. Condizioni trascurate e che non sono, spesso, considerate come necessarie ai fini della sicurezza nazionale e/o internazionale.
L’unica strategia possibile (avvallata anche dalle Nazioni Unite) è sostenere la democratizzazione, il rispetto dei diritti umani e uno sviluppo integrato e sostenibile. Laddove vi sono governi democratici è più facile, infatti, che le controversie vengano risolte senza uso della forza. Questo è un dato rilevante, soprattutto perché la maggioranza dei conflitti dei nostri giorni si svolgono all’interno dei confini nazionali. Vi sono alcuni Stati che rifiutano la democrazia, perché la considerano come una minaccia ai propri poteri ed interessi di parte. Tuttavia, essa è sinonimo di buon governo ed è, secondo Kofi Annan, la più importante e sicura delle politiche di prevenzione.

L’azione preventiva dei conflitti è diretta a prevenire le sofferenze umane ed agisce come alternativa alle costose operazioni politico-militari che vengono prese dopo che i conflitti sono scoppiati. Sebbene la diplomazia preventiva sia uno dei mezzi più sicuri (provati) di prevenzione, e sia anche la primaria misura di natura politica per la prevenzione e risoluzione dei conflitti, l’esperienza delle Nazioni Unite negli anni recenti ha mostrato che vi sono molte altre forme di azione che possono essere usate con effetto preventivo, inclusi lo schieramento e il disarmo preventivi, la realizzazione di progetti nel contesto di una strategia preventiva e di un’azione umanitaria. Tali misure possono riguardare, con il consenso del governo o dei governi interessati, una vasta serie, sul campo, di azioni di democratizzazione, di promozione e tutela dei diritti umani ed economici e sviluppo sociale.

D’altronde, la prevenzione dei conflitti è uno dei più importanti obblighi degli Stati Membri delle Nazioni Unite, secondo le disposizioni della Carta.
L’azione di prevenzione ricorre a misure per prevenire le controversie sin dal loro nascere, per risolverle prima che queste degenerino in conflitti o limitare il diffondersi dei conflitti quando essi sono già in corso. La diplomazia preventiva, in particolare, dovrebbe rivestire le forme della mediazione, conciliazione o negoziazione.

La considerazione delle prime fasi di una crisi è una componente essenziale di prevenzione, e le Nazioni Unite avrebbero la possibilità – in quanto organizzazione internazionale - di scoprire le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali, avendo in merito il Consiglio di Sicurezza e il Segretario Generale i poteri per eseguire l’attività di prevenzione.
In particolare, gli Inviati e i Rappresentanti Speciali del Segretario Generale sono ingaggiati nella mediazione e nella diplomazia preventiva in tutto il mondo. In alcuni posti, teatro di scontri, la mera presenza dei Rappresentati Speciali può prevenire l’escalation della tensione. Questo tipo di lavoro è spesso eseguito in stretta cooperazione con le varie organizzazioni regionali.

Complementari alla diplomazia preventiva sono lo schieramento e il disarmo con finalità preventive.
Lo schieramento preventivo - il dispiegamento di peacekeepers per prevenire l’eventuale conflitto - è inteso a fornire una “sottile linea blu” per aiutare a contenere i conflitti, attraverso la costruzione della fiducia, lì dove vi è una situazione di tensione. Ad oggi, gli unici esempi al riguardo sono le missioni delle Nazioni Unite nella Repubblica ex-yugoslava di Macedonia e nella Repubblica Centroafricana. Lo schieramento preventivo è stato considerato negli altri conflitti e rimane una valida opzione (se opportunamente usato).
Il disarmo preventivo cerca di ridurre il numero delle armi leggere usate nelle zone afflitte da un conflitto. In El Salvador, Mozambico e altri paesi, questo ha richiesto la smobilitazione delle forze combattenti come pure la raccolta e la distruzione delle loro armi come parte di un accordo di pace totale. Distruggendo le armi di ieri si previene il loro uso nelle guerre di domani.

Infine, la prevenzione strutturale, cioé le attività (preventive) prima che il conflitto scoppi. Come l’esperienza dimostra, la povertà, l’ineguaglianza socio-economica, il sottosviluppo endemico, la debolezza o la mancanza di istituzioni, l’assenza di democrazia e le evidenti violazioni dei diritti umani possono fornire le condizioni che portano al conflitto. Le misure che sono prese per realizzare la larga serie di attività politiche di lungo termine, istituzionali e di sviluppo, appartengono alla prevenzione strutturale e sono di sostegno agli sforzi nazionali nel considerare attentamente le cause più profonde delle situazioni di potenziale conflitto. Queste misure sono adottate congiuntamente all’Ufficio di Segreteria delle Nazioni Unite e dai differenti programmi e agenzie dell’Organizzazione.


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