Strumenti di animazione

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Fondamentalismo religioso e pace

Patriarcato latino di Gerusalemme
Fonte: "Mosaico di pace" gennaio 2004

Comune alle tre grandi religioni monoteiste, il fondamentalismo capovolge la realtà di Dio e blocca ogni possibilità di relazioni autenticamente umane.


Quello in Terra Santa è un conflitto politico tra due popoli, israeliano e palestinese. Ma in esso sono coinvolte le memorie di tre religioni: giudaica, cristiana e islamica. Certo, ogni popolo possiede le proprie memorie e per esse combatte così come lotta per la terra. Tutte queste memorie conferiscono al conflitto una chiara dimensione religiosa, ma anche una dimensione internazionale, perché tutti i fedeli del mondo, come quelli che vivono in Terra Santa, appartengono ai Luoghi Sacri e sono per essi preoccupati. Da qui nasce la responsabilità delle religioni e della comunità internazionale di portare la riconciliazione e una conclusione onorevole a questo lungo conflitto.

Cos’è il fondamentalismo?
Troviamo nel Vangelo di San Luca un caso tipico e interessante di un concreto comportamento fondamentalista: “Gesù e i discepoli entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: ‘Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?’ Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio” (Lc 9, 51-55).
In questo episodio i due discepoli dimostrano certamente un tangibile atteggiamento fondamentalista: un villaggio di Samaritani non accoglie Gesù e così Giacomo e Giovanni, che ancora non avevano compreso lo spirito di Gesù, vogliono semplicemente bruciare il villaggio col fuoco venuto dal cielo.
Questo è uno dei tanti aspetti del fondamentalismo: la condanna di coloro che hanno una fede diversa. È l’incapacità di accettare e rispettare colui che è diverso.
All’interno del Cristianesimo, del Giudaismo, dell’Islamismo e di altre fedi, il termine fondamentalismo è utilizzato per indicare l’ala più conservatrice della religione. Florien Wineriter, capo di un Istituto Umanista a New York, in risposta al libro Defenders of God di Bruce B. Lawrence, ci dà la sua definizione: “Il fondamentalismo è l’affermarsi dell’autorità religiosa come olistica e assoluta, che non ammette né critiche né limitazioni; tramite richiesta collettiva si dichiara che specifici dettami religiosi ed etici, derivati dalle Scritture, debbano essere riconosciuti pubblicamente e fatti rispettare legalmente”. Per cui, paragonando il fondamentalismo con l’umanesimo, afferma: “Il principale punto di controversia tra il fondamentalista e l’umanista è l’autoritarismo e il ruolo della religione nella politica e nel governo. I fondamentalisti delle tre religioni rivelate sentono che la propria missione è quella di stabilire la teocrazia sulla terra, per preparare il terreno alla venuta del Messia. Utilizzano l’influenza politica per indurre a emanare leggi e regolamenti di governo che diano al proprio credo la forza di una legge secolare, con la quale convincere tutti a vivere secondo i loro precetti morali”.

Fondamentalismo cristiano
Nel Cristianesimo, il fondamentalismo rappresenta la parte conservatrice del Cristianesimo evangelico che, a sua volta, è l’ala conservatrice del Cristianesimo protestante. A seguito delle principali revisioni all’interno della Chiesa cattolica romana durante il Secondo Concilio Vaticano, il termine “fondamentalista” passò a indicare quei cattolici che non accettavano i cambiamenti e voleva no conservare credo e pratiche tradizionali. Quindi divenne un termine comunemente usato per indicare i gruppi più conservatori all’interno del Cristianesimo: protestante e cattolico.
Wineriter, parlando del fondamentalismo evangelico, afferma: “I fondamentalisti combattono contro nemici interni. Il loro grido di richiamo è ‘Commenta e comunica’. Il fondamentalismo storico è l’interpretazione letterale di tutte le affermazioni e di tutti i comportamenti contenuti nella Bibbia e la denuncia militante di tutte le affermazioni e di tutti i comportamenti non biblici”. Infine conclude dicendo: “Il successo del fondamentalismo annienterebbe i diritti di auto-espressione, di libertà di scelta, di uguaglianza, di giustizia e di ricerca della realizzazione individuale”. I Cristiani fondamentalisti rifiutano gli approcci moderni e scientifici alla Bibbia. Preferiscono attenersi al significato letterale del testo, specialmente di quelli apocalittici, che fanno riferimento alla fine del mondo: l’ultima battaglia di Armaghedon, il regno millenario del Messia, la conversione e il battesimo del popolo ebraico e, quindi, l’affermazione finale del regno di Dio. Lo Stato di Israele come tale è considerato lo strumento divino per ottenere queste conquiste e il precursore che annuncia questi tempi messianici. Per questo gode di un incondizionato appoggio religioso e politico.

Quello giudaico
Per il fondamentalismo giudaico, facciamo riferimento a un libro di Israel Shahak e Norton Mezvinsky, Jewish Fundamentalism in Israel, a cura di Allan C. Brownfeld: “Negli ultimi anni si è verificato uno straordinario sviluppo del fondamentalismo giudaico in Israele, che si è manifestato attraverso una fiera opposizione al processo di pace e ha svolto un ruolo essenziale sia nell’assassinio del Primo Ministro Yitzhak Rabin, sia nell’omicidio di 29 musulmani in preghiera, a opera del fondamentalista americano Baruch Goldstein. I seguaci del fondamentalismo giudaico si oppongono all’uguaglianza di tutti i cittadini, specialmente dei non ebrei”. Gli autori osservano “il totale disprezzo che i fondamentalisti giudaici dimostrano nei confronti dei non Ebrei”.
Ancora più importante è il loro atteggiamento nei confronti della pace e della guerra. Gli autori affermano che i fondamentalisti giudaici sostengono le guerre in Israele e si oppongono a qualsiasi ritiro dal territorio palestinese. Membri del Gush Emunim sostengono che “ciò che sembra una confisca della terra appartenente agli Arabi da parte degli Ebrei per il loro stanziamento, è in realtà un atto di santificazione, non di furto. Dal loro punto di vista quella terra viene redenta passando dalla sfera satanica a quella divina. I fondamentalisti giudaici credono che Dio abbia dato tutta la Terra di Israele (incluso il Libano dei nostri giorni e altri territori) agli Ebrei e che gli Arabi che vivono in Israele debbano essere considerati ladri”.
Il rabbino Israel Ariel, un leader fondamentalista, pubblicò un atlante in cui erano indicati tutti i territori che appartenevano agli Ebrei e che dovevano essere liberati. Questo atlante comprendeva tutti i territori a ovest e a sud del fiume Eufrate e si estendeva per gran parte della Siria, dell’Iraq e dell’attuale Kuwait. Il rabbino Shlomo Aviner ha affermato: “Dobbiamo vivere in questa terra anche a costo della guerra. Inoltre, anche se ci fosse la pace, dobbiamo istigare una guerra di liberazione per conquistarli [i territori]”. Sebbene i fondamentalisti costituiscano una parte relativamente piccola del popolo di Israele, la loro influenza politica è in aumento. Se è vero che disprezzano i non ebrei, il loro odio nei confronti degli ebrei che si oppongono al loro punto di vista è anche più forte.

E quello islamico
L’Islamismo fondamentalista è l’ala più conservatrice della religione isla mica, esattamente come il fondamentalismo cristiano è l’ala conservatrice del cristianesimo. La maggioranza dei fondamentalisti è costituita da persone devote, che seguono fedelmente gli insegnamenti di Maometto, promuovono la frequentazione abituale delle moschee e incoraggiano la lettura del Corano. Molti promuovono l’idea di un governo teocratico, in cui la Sharia (la legge islamica) diventi la legge di Stato. Probabilmente, la maggior parte di loro vede l’Occidente come secolare, empio e decadente.
La maggior parte dei terroristi mediorientali sono probabilmente Musulmani fondamentalisti, ma hanno poco da spartire con i loro compagni fondamentalisti. Rappresentano un’ala estremista e radicale del fondamentalismo, composta da persone che credono che lo Stato islamico debba essere imposto dall’alto, anche tramite azioni violente, se necessario.
Questo movimento è alimentato da pressanti situazioni sociali, religiose ed economiche in molti Paesi musulmani: mancanza di democrazia, leader politici autocrati e non eletti dal popolo; milioni di rifugiati palestinesi, eccessiva ricchezza per pochi e spesso eccessiva povertà per la maggioranza della popolazione, scarse testimonianze di diritti umani, alto tasso di disoccupazione. Forse l’elemento che in assoluto impone la maggior pressione è il conflitto israeliano-palestinese, che dura da cinquant’anni. In quei territori esso alimenta rabbia, instabilità, agitazioni, diffidenza, ostilità e sentimenti di martirio. La mancanza di una pace stabile, la continua espansione degli Ebrei in territori già occupati, la situazione del Duomo della Roccia sul Monte del Tempio, a Gerusalemme – il terzo luogo sacro per l’Islamismo – e la situazione del quartiere musulmano di Gerusalemme sono i principali punti caldi. Ulteriore pressione è esercitata dalla presenza di truppe americane in Arabia Saudita, considerata, da molti radicali fondamentalisti musulmani, una profanazione di un suolo sacro.
La comparsa del fondamentalismo islamico tra i Palestinesi, sia in Palestina sia nella Diaspora, e la crescita di gruppi politici islamici nei Territori Occupati iniziò alla fine degli anni ‘70. La sconfitta costrinse i Palestinesi e gli altri Arabi a rendersi conto della propria debolezza. I fondamentalisti di solito attribuiscono questa debolezza al secolarismo e al fallimento nell’abbracciare l’Islamismo e applicare i suoi insegnamenti. In questo contesto, soprattutto due sono i movimenti apparsi sulla scena palestinese: Hamas e la Jihad islamica, che si concentrano su violenti atti di resistenza contro l’occupazione israeliana. “In conseguenza dei diversi attentati suicidi eseguiti da membri di Hamas e della Jihad islamica in Israele nel 1996, che portarono alla morte di una ventina di Israeliani, le autorità palestinesi presero severe misure contro i due movimenti, tra cui l’interdizione per le falangi militari, l’arresto dei loro membri e leader, e la chiusura di alcune delle loro istituzioni” (Ziad Abu Amr).

Religioni e conflitto
I fondamentalisti cristiani, giudaici o musulmani sono convinti di essere un popolo eletto, guidato dalla divinità per stabilire il Regno di Dio sulla terra e preparare la via per il giorno in cui un Messia regnerà. Se la religione è una delle cause del conflitto è solo perché i credenti hanno svuotato la religione del suo messaggio divino riducendola a una semplice dimensione umana, sociologica o nazionale e, quindi, anziché tendere a Dio e aiutare gli esseri umani a elevarsi per raggiungere l’amore di Dio verso tutte le sue creature, essi lo rendono assente e portano via il suo amore e la sua generosità dai loro cuori. Operando in questo modo, vedono coloro che sono diversi come persone da convertire o addirittura nemici, o semplicemente stranieri da ignorare o abbandonare al proprio destino.
Le teorie e gli atteggiamenti fondamentalisti nella religione hanno un effetto diretto e negativo sullo sviluppo del conflitto. Per questi credenti, sebbene Dio rimanga sempre presente nelle loro parole e nelle loro preghiere rituali, Egli diventa comunque un prigioniero dei loro punti di vista e atteggiamenti umani e aggressivi. Per cui, invece di imitare Dio nella sua generosità verso tutte le sue Creature, impongono, in nome di Dio Onnipotente, i loro schemi di aggressività, odio e morte. Con ciò, si considerano fermamente i veri e soli difensori di Dio sulla terra.
Una fondamentale e vera visione religiosa dovrebbe essere questa: Dio è il Creatore di tutte le persone e di tutti i popoli. La dignità di ogni persona è dono di Dio. Noi siamo tutti uguali all’interno di questa dignità. Per questo siamo tutti uguali per quanto riguarda diritti e doveri e dobbiamo riconoscere e rispettare i diritti degli altri e non dobbiamo impedire la realizzazione dei loro doveri né la richiesta dei loro diritti. Ogni persona e ogni popolo ha il diritto e il dovere di difendere i propri diritti se violati e di godere della completa libertà di svolgere i propri doveri e di difendere i propri diritti. Ogni persona e ogni popolo devono essere aiutati nel perseguire la giustizia, perché la giustizia garantisce la pace per tutti. Senza giustizia, ossia quando i diritti sono violati, la strada per la pace resta chiusa.
Un altro principio nella nostra visione fondamentale è il seguente: solo le vie della pace possono portare alla pace. Con la violenza si può vincere una guerra o una battaglia. Uno Stato può essere creato con la forza e imporsi come fatto compiuto. Ma la pace sarà solo il frutto della pace. In Oriente la religione penetra e influenza ogni azione, sia pubblica che privata. Tutto viene fatto in nome di Dio. Tutto inizia e finisce in nome di Dio. La guerra inizia sotto nome di Dio, così come gli accordi di pace. Questa è la ragione per cui la voce e le direttive dei leader religiosi hanno una forte influenza sui fedeli sia da un lato che dall’altro: possono istigare il popolo alla guerra e alla violenza oppure invitarli alla pace.
Perciò la responsabilità dei leader religiosi nei nostri giorni, sia in Medio-Oriente che in qualsiasi altra parte del mondo, è di possedere un punto di vista realistico su ciò che sta succedendo in Terra Santa, sulla disputa tra due popoli, quello israeliano e quello palestinese; la causa della disputa è l’esclusione di un popolo da parte dell’altro, tramite l’occupazione militare della terra e quindi la violenta reazione contro l’occupazione. Per cui si dovrebbe porre fine all’ingiustizia che ancora reca frutti dolorosi e carichi di morte. I forti, gli Israeliani, dovrebbero avere il coraggio di porre fine all’ingiustizia che stanno imponendo ai Palestinesi con l’occupazione e le rappresaglie. I Palestinesi devono avere il coraggio di continuare a reclamare la loro libertà e la fine della loro oppressione, ma usando il miglior modo, ossia: linee di condotta pacifiste e una reale fede in Dio che inviti a vedere nell’altro un fratello o una sorella ugualmente creati da Dio, ugualmente amati da Lui.
Se vedo il volto di Dio in mio fratello e in mia sorella, non posso dichiarare loro guerra, ma costruirò insieme a loro le nuove società israeliana e palestinese, con loro, con lo Spirito di Dio, rinnoverò il volto della nostra Terra Santa.

Traduzione a cura di Loredana Stefanelli, Traduttori per la Pace

articolo tratto da Mosaico logo

Footer

A cura di Caritas Italiana (tel. +39 06 66177001 - fax +39 06 66177602 - e-mail comunicazione@caritasitaliana.it) e Pax Christi (tel. +39 055 2020375 - fax +39 055 2020608 - e-mail info@paxchristi.it)