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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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M.E. G.

Dimenticare per legge

"Il Regno" n. 18 del 2005

A cinque anni di distanza la popolazione algerina è stata nuovamente chiamata alle urne per approvare tramite referendum una legge di amnistia nazionale, dopo il referendum del 1999 per l’approvazione della Legge di concordia nazionale approvata dal Parlamento. L’80% della popolazione aveva espresso un sonoro «sì» all’amnistia offerta ai militanti islamici che non si fossero macchiati né di omicidi né di stupri, ma che rinunciavano alle armi.

Vittime nazionali. Il 30 settembre scorso gli algerini – le percentuali dei votanti non sono chiare, ma sembra siano decisamente più basse – hanno votato nuovamente «sì» alla Carta per la pace e la riconciliazione nazionale, scritta e pensata interamente dal presidente e dal suo entourage. Il testo offre l’amnistia ai terroristi che restituiscono le armi e che non hanno compiuto omicidi di massa, stupri o attentati contro istituzioni pubbliche – allargando le maglie dei casi esclusi rispetto al 1999 –; esonera i militari dal rendere conto di atti quali la sparizione di più di 6.000 persone (casi accertati da una commissione governativa) per non parlare dell’uso della tortura; offre alle famiglie «delle vittime della tragedia nazionale» (sia morte sia scomparse) un risarcimento economico; e infine lascia al presidente carta bianca su come mettere in atto concretamente questi indirizzi.

I gruppi per la difesa dei diritti umani, le famiglie degli scomparsi e anche di molte vittime hanno criticato il testo che palesemente ignora il problema del rendere conto dei crimini commessi e dei diversi pesi e responsabilità che hanno avuto nella vicenda i terroristi, l’esercito, i gruppi d’autodifesa.

Il desiderio di voltare definitivamente pagina nel paese è tanto e Bouteflika, che nel 1999 era riuscito con il referendum a strappare un consenso anche simbolico alla violenza islamica, oggi al massimo ottiene un consenso stanco e indifferente. La situazione dal punto di vista militare è decisamente migliorata, anche se vi sono sporadici attacchi attribuiti al Gruppo salafista per la predicazione e il combattimento, affiliato ad Al Qaeda. Ma l’economia non decolla e la disoccupazione soffoca le forze vive del paese: per questo Bouteflika ha pensato di sfruttare la favorevole congiuntura internazionale che lo vede schierato a fianco degli USA nella lotta al terrorismo, per consolidare il potere. Anche perché per poter essere rieletto al prossimo mandato, il terzo, ha la necessità di raccogliere i consensi per modificare la Costituzione. Oltre ai voti dell’esercito, dal quale egli stesso proviene, gli occorrono dunque i voti degli islamici che aderirono al FIS, che in quanto tale non potrà entrare in politica, ma i cui esponenti potrebbero riciclarsi in Parlamento.

Il Front des forces socialistes, nel 1999 diviso, oggi è apparso compatto sul fronte del «no»; mentre il Rassemblement pour la culture et la démocratie, nel 1999 favorevole a Bouteflika – tanto che alcuni suoi esponenti entrarono nel governo – oggi è contrario. Per tutti le questioni sono due: il voler evitare di «consacrare l’impunità e l’amnesia» tramite una legge che non comporta obblighi né di verità né di giustizia; e l’ulteriore restringimento dello spazio democratico per il paese.

articolo tratto da Il Regno logo

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