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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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G. Mc.

Ucciso il primo vescovo

"Il Regno" n. 18 del 1996

È stato ucciso il 9 settembre scorso, durante un’imboscata, insieme a due religiose, mentre rientrava in auto da una visita al seminario della sua diocesi. Mons. Joachim Ruhuna, 63 anni, arcivescovo di Gitega – la più importante tra le sette diocesi del Burundi –, è il primo a essere ucciso tra i membri dell’episcopato del paese dal colpo di stato dell’ottobre 1993; tra i 100.000 morti di questi tre anni vi erano già stati, tuttavia, 16 preti, 5 religiosi e una volontaria laica.

Mons. Ruhuna era, secondo tutte le fonti, un pastore di grande spiritualità, alieno da posizioni di parte; un uomo di pace, di dialogo e di BURUNDI
riconciliazione. La ricostruzione dell’agguato, fattasi via via più precisa nei giorni successivi alla morte, e soprattutto dopo il ritrovamento del corpo, il 17 settembre (in una fossa comune, a tre chilometri dal luogo dell’imboscata), non permette ancora di chiarire se l’arcivescovo sia stato colpito in modo premeditato, o se sia rimasto casualmente vittima dall’attacco di una delle numerose bande armate che stanno «somalizzando» il paese (cf. Regno-att. 16,1996,488ss). Ma molti osservano che la sua omelia del 23 luglio scorso, ai funerali delle 330 vittime dell’eccidio di Bugendana (il testo in Regno-doc. 17,1996,536), aveva costituito, come è accaduto ad altri uomini di chiesa assassinati in questi decenni in circostanze analoghe, una sorta di svolta, per la radicale denuncia dell’uso della violenza e per il richiamo di ciascuno alle proprie responsabilità, anche indirette, nei crimini che si vanno perpetrando nella regione.

Da quel momento in poi, mons. Ruhuna è diventato d’ingombro per chiunque, in Burundi, ha interesse al prevalere dell’odio e del terrore. In questo senso, non ha nemmeno molta importanza l’attribuzione precisa della responsabilità dell’assassinio del presule, che era di etnia tutsi: ai «gruppi armati», evidentemente hutu, secondo l’esercito e secondo il comunicato diffuso a Gitega dalla Conferenza dei vescovi del Burundi il 19 settembre, o alle formazioni dei giovani estremisti tutsi (che sono sostenute dall’esercito), secondo un ipotesi che è circolata a lungo nei giorni successivi al delitto e che le stesse fazioni hutu hanno fatto propria. Il medesimo comunicato chiarisce anche un’altra circostanza che era rimasta a lungo incerta, quella dell’eventualità che il giorno dell’agguato mons. Ruhuna fosse stato solo rapito, e che l’uccisione fosse avvenuta in tempi successivi: il vescovo «è stato assassinato lunedì 9 settembre, poco dopo le 16 e 30».

Mentre veniva ritrovato il corpo, a Gitega il card. Tomko, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il nuovo nunzio apostolico in Burundi, mons. Tscherrig, e i vescovi burundesi celebravano una messa in memoria del presule, davanti a più di diecimila fedeli, nonché all’attuale capo dello stato, il maggiore Buyoya. Due giorni dopo, il 19 settembre, gli stessi hanno celebrato i funerali veri e propri. Il corpo di mons. Ruhuna è stato inumato nella cattedrale della sua arcidiocesi.

articolo tratto da Il Regno logo


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