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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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M. M.

Religioso solo l’abito

"Il Regno" n. 4 del 2000

Ricevuto in udienza privata dal papa il 5 febbraio, il presidente indonesiano A. Wahid ha dedicato particolare riguardo "al dialogo interreligioso e alla pacifica convivenza fra le comunità del paese". Wahid era a Roma su invito della Comunità di Sant’Egidio, candidatasi a interventi di mediazione nei conflitti che stanno insanguinando le regioni di Ambon (Molucche), Aceh (Sumatra Nord) e Lombok (vicino a Bali).

Le politiche migratorie del governo

Particolarmente grave la situazione nelle Molucche, dove le cifre ufficiali parlano di 1.700 vittime dal gennaio 1999, metà negli scontri dei giorni a cavallo del capodanno. Le Molucche erano una delle poche zone a maggioranza cristiana (60%) in un paese al 90% musulmano. In seguito alle politiche migratorie incentivate dal governo – come è stato fatto per Timor Orientale – ora le percentuali si sono invertite e i musulmani sono il 54%, contro il 44% di cristiani, di cui il 7% cattolici.

Ad Aceh la tensione per le rivendicazioni indipendentiste resta alta, nonostante le ipotesi di autonomia ventilate in qualche occasione dal presidente Wahid (l’esperienza di Timor incute paura). Più inatteso il conflitto a Lombok, isola dell’Indonesia centrale. Anche qui i contendenti vengono qualificati per appartenenza religiosa, e i posti di blocco improvvisati dai musulmani per intercettare i cristiani in fuga legittimano la connotazione.

Nei giorni degli scontri di Ambon, a Jakarta una folla di 100.000 musulmani, il 7 gennaio, fine del Ramadan, invocava, davanti al palazzo presidenziale, la jihad contro i cristiani, accusati di perpetrare il massacro dei musulmani nelle Molucche. Il numero delle vittime e il flusso dei profughi avvallerebbe la versione opposta.

Gli interessi religiosi, una maschera

Ma è stato lo stesso presidente Wahid, musulmano di dialogo (era presente all’incontro di Assisi del 1986), a relativizzare l’interpretazione. Il 15 gennaio, durante un incontro di dialogo fra cristiani e musulmani nello stadio di Jakarta, Wahid ha detto: "Non siete voi a provocare gli incidenti, ma qualcuno vi provoca" (MiSNA 17.1.2000). Di nuovo, a Lombok, ha detto che "queste sono violenze settarie di una minoranza di estremisti musulmani anticristiani: ex militari e giovani disoccupati" (La Stampa 20.1.2000). Prima di partire per Roma, Wahid "si è scagliato contro "i vigliacchi" che soffiano sulle tensioni etniche. A chi allude, presidente? "A generali, a politici che quando mi incontrano fanno pubbliche professioni si lealtà, e poi, dietro le spalle, si comportano in tutt’altro modo" (La Repubblica 7.2.2000).

Stessa analisi da parte di mons. P.C. Mandagi, vescovo di Ambon, che il 5 gennaio, incontrando il presidente ha parlato di "forze esterne che hanno provocato i disordini. Il prolungamento del conflitto è stato pianificato fuori dell’isola" (Fides, 7.1.2000, 4). I leader delle cinque maggiori religioni di Indonesia hanno firmato il 22 gennaio una dichiarazione congiunta nella quale denunciano "azioni volte a generare il caos dietro la maschera degli interessi religiosi". Molti osservatori attribuiscono all’esercito del gen. Wiranto, necessitato a creare le condizioni di un potere reale dopo la perdita di peso specifico politico, la benzina sul fuoco delle tensioni religiose, certo effettive.

Dopo che il 30 gennaio la commissione istituita dal governo per indagare sulle violenze a Timor Orientale ha chiesto il rinvio a giudizio per il gen. Wiranto e altri 5 ufficiali maggiori, il presidente Wahid ha invitato il generale alle dimissioni. "Dobbiamo salvaguardare i diritti umani in Indonesia, qualunque sia la strada", ha detto, e ha fatto seguire i fatti, decisamente inediti per l’Indonesia, alla già sorprendente dichiarazione: il 4 febbraio il ministro della difesa del governo Wahid (per la prima volta un civile) ha formalizzato la richiesta di dimissioni anticipate, dopo che il presidente aveva comunque firmato una scadenza al mandato di Wiranto al 31 marzo, per "incompatibilità di cariche". Il semicieco Wahid ha osato vedere quello che è sotto gli occhi di tutti da tempo.

articolo tratto da Il Regno logo

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