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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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G. Z.

La legge, il perdono, l'oblio

"Il Regno" n. 18 del 1995

Con la legge di amnistia generale approvata dal Congresso il 14 giugno scorso una legge "a sorpresa", dal momento che nessuno pareva essere al corrente dell'esistenza di un progetto in tal senso prima che venisse proposto per il voto, a pochi minuti dalla mezzanotte del giorno 13 il Perù ha tentato il colpo di spugna sulle decine di abusi contro i diritti umani commessi in quattordici anni di guerra intestina.

Di fronte alle immediate proteste del giorno seguente, levatesi da ogni dove, il presidente Fujimori difeso la scelta a favore dell'amnistia, assicurando che quest'ultima "non giustifica i fatti, ma li dimentica", che è un atto "imprescindibile, perché il Perù ha bisogno di consolidare la sua pacificazione attraverso la riconciliazione nazionale". Egli ha anche aggiunto che la popolazione sta già dimenticando le migliaia di vittima fatte da Sendero Luminoso in più di una decennio di lotta armata, quasi a sottolineare la naturalità di un processo che non dovrebbe quindi suscitare particolari reazioni.

Ma un sondaggio svolto i giorni successivi all'approvazione della legge ha invece mostrato che l'87% degli intervistati è contrario a un'amnistia la quale mette in libertà uomini rei di aver violato i più elementari diritti umani. Tra costoro si annoverano i responsabili materiali dei massacri nei penitenziari (1986), ai Barrios Altos (1991) e, caso più grave tra tutti, del sequestro e dell'esecuzione di nove studenti e di un docente universitario di La Cantuta (1992). La legge libera anche il capitano Telmo Hurtado, condannato nel 1993 a sei anni di prigione da un tribunale militare per il massacro di 69 contadini, tra cui 23 bambini, della località di Accomarca, a sudest di Lima (1985).

La partecipazione massiccia della popolazione alla marcia di protesta svoltasi a Lima il 23 giugno dà comunque la misura della disapprovazione della base rispetto a scelte politiche di questo tenore.

Immediata anche la reazione della Conferenza episcopale peruviana che in un tempestivo comunicato, datato 15 giugno, rammenta i principi evangelici irrinunciabili per garantire una pace e una riconciliazione autentiche: "La vera riconciliazione presuppone che chi ha commesso un delitto, lo riconosca, che se ne penta e cerchi di riparare al male fatto". Il pronunciamento ripropone anche un passaggio del documento dell'episcopato peruviano "Pace in terra" del 1992, laddove si afferma che "tutti coloro i quali, terroristi o altro, commettono gravi violazioni dei diritti umani devono essere puniti severamente. Questa punizione non deve essere dettata dalla vendetta, ma per dimostrare che tutte le istituzioni del paese sono pienamente impegnate nella protezione della vita umana come valore supremo dello stato. Per esempio, quando non si punisce una colpa tanto grave come l'assassinio, si afferma un controvalore sociale: la morte e il disprezzo per la vita. Quando si punisce, si afferma il valore del rispetto per la vita e si rafforzano le istituzioni democratiche" (n. 78; cf. Regno-doc. 11,1992,354).

Voci di protesta si sono levate anche da molti altri settori: si sono pronunciati al riguardo la Comunità evangelica, il Coordinamento nazionale per i diritti umani, la Pontificia università cattolica del Perù, numerosi intellettuali, personalità, giornalisti. Tra le riflessioni proponiamo qui accanto quella del teologo peruviano Gustavo Gutiérrez.

articolo tratto da Il Regno logo


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