Strumenti di animazione

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Conferenza episcopale peruviana

Camminiamo con il Signore della storia, della verità e della speranza

"Il Regno" n. 19 del 2001

Per il Perú il 2001 è stato un anno di svolta. Prima le traversie elettorali, poi l’inglorioso tracollo politico dell’uomo forte di Lima, Alberto Fujimori, e infine la vittoria di un presidente di origine india, Alejandro Toledo, segnano, secondo l’auspicio di tanti peruviani, una cesura netta con il recente passato. E questa è anche la speranza espressa nella lunga lettera pastorale dei vescovi del Perú in occasione delle feste patrie, dal titolo Camminiamo con il Signore della storia, della verità e della speranza, che risale alle ultime settimane del governo di transizione guidato da Valentín Paniagua, prima dell’insediamento ufficiale di Toledo (avvenuto lo scorso 28 luglio). "Molte istituzioni... sono state distorte nei loro principi per essere trasformate in mezzi di corruzione al servizio di alcune persone, con disprezzo della vita, della libertà, della verità e della dignità della persona umana, secondo lo slogan: "Il fine giustifica i mezzi"", sottolineano i vescovi in un passaggio del loro intervento, il quale, con dovizia di citazioni e di riferimenti al Concilio e alla dottrina sociale della Chiesa, delinea una serie di priorità sociali e morali per la riammissione del Perú nel consesso delle società democratiche.

Originale: stampa da sito internet www.rcp.net.pe/IAL/cep. Nostra traduzione dallo spagnolo.


Conferenza episcopale peruviana

Camminiamo con il Signore
della storia, della verità e della speranza

Presentazione

Come presidente della Conferenza episcopale peruviana vorrei presentare personalmente questa lettera pastorale di tutti i vescovi del Perú. Nell’approssimarsi della celebrazione delle feste patrie e dell’avvio di un nuovo governo, noi vescovi del Perú desideriamo rivolgere le nostre parole prima di tutto al popolo cattolico – che, animato dallo Spirito, è un unico corpo, in quanto condivide un’unica mensa – per invitarlo a leggere i segni dei tempi alla luce della nostra fede. Questo messaggio è una riflessione sul momento attuale nella storia del nostro paese. Rivolgiamo queste parole anche a tutti gli uomini e le donne di buona volontà1 a qualunque fede appartengano.

In primo luogo voglio esprimere, a nome della nostra Chiesa, i più sentiti ringraziamenti al dr. Valentín Paniagua Corazao, presidente del Perú, per ciò che egli e il suo governo di transizione hanno realizzato. Da un lato, il suo governo ha raggiunto pienamente il suo principale obiettivo di garantire elezioni oneste e senza brogli per la presidenza e il nuovo Congresso della repubblica. In secondo luogo – e certo non è un fattore di minore importanza – nella sua amministrazione si sono già poste le basi strutturali per il ritorno a un sistema di governo che persegua i veri obiettivi di uno stato di diritto, e cioè giustizia, libertà e bene comune. Siamo lieti che alcuni membri della nostra Chiesa abbiano potuto collaborare a molte di queste iniziative, come il Tavolo di dialogo e concertazione degli accordi della OEA, il Tavolo di concertazione per la lotta contro la povertà, il gruppo di lavoro per la presentazione di una Commissione della verità, la Commissione contro la corruzione e molte altre commissioni che si pongono come fine il cambiamento strutturale. Al dr. Paniagua, al suo primo ministro, dr. Javier Pérez de Cuellar, agli altri ministri dello stato e ai loro numerosi collaboratori, noi e la nazione intera rivolgiamo un profondo e sincero ringraziamento. Voi ci avete aiutato a far rinascere la speranza!

In secondo luogo, desidero esprimere le nostre congratulazioni e i nostri auguri anche al dr. Alejandro Toledo Manrique, che assumerà la direzione dello stato come presidente costituzionale della repubblica e a tutti i membri del nuovo Congresso. Apprezzo la fermezza e l’unità di propositi con cui ha lottato nell’ultimo anno e mezzo per assicurare che il Perú tornasse a essere uno stato di diritto nella comunità delle nazioni. Adesso, avendo vinto le elezioni con un processo elettorale onesto, ha ottenuto fiducia e responsabilità. Vogliamo offrire al nuovo governo la collaborazione e l’appoggio della Chiesa nel grande compito di rigenerazione morale e di recupero dei valori per consolidare il processo democratico già avviato dal governo di transizione del dr. Paniagua. In base alla missione propria della Chiesa, dobbiamo lavorare per un Perú in cui tutti gli uomini e le donne, gli adulti, gli anziani, i giovani e i bambini possano vivere una vita degnamente umana e cristiana come fratelli e sorelle.

Citando il nome di questi due presidenti della Repubblica, fallirei nell’intento di promuovere la verità, nella dolcezza della carità,2 se non esprimessi al tempo stesso il nostro profondo dolore per l’altissimo livello di corruzione e di lotta per il potere raggiunto negli ultimi anni di governo dell’ing. Alberto Fujimori. I nostri sentimenti al riguardo sono di sofferenza, e non di risentimento o di odio, volendo porci nella condizione di contribuire al compito di ricostruzione che il nostro paese ancora richiede. Ma la sofferenza è espressione di una giusta indignazione. Il signor Fujimori salì alla presidenza in un’epoca in cui la nazione sperimentava la duplice crisi di un’economia fortemente inflazionata e della crescita del terrorismo. La gente confidò in lui e nei suoi collaboratori, e ci addolora il fatto che essi si siano lasciati trascinare dalle tentazioni della ricchezza, del prestigio e del potere3 fino ad accaparrare e sovvertire tutto l’apparato dello Stato. L’ex presidente e i suoi collaboratori accusati con lui devono ravvedersi per riparare il danno morale che hanno causato alla società. Tutto questo richiede un coraggioso processo di conversione, di ricerca della verità. La verità li renderà liberi di raggiungere la pace interiore con Dio e con il nostro popolo. Ciò è possibile con l’aiuto di Dio.

In questo contesto di crisi morale attraversata dai peruviani, noi vescovi abbiamo scritto la seguente lettera pastorale. Come tutti i nostri concittadini, desideriamo guardare al futuro con più speranza. Non è un processo che andrà avanti da solo, ma abbiamo bisogno di riflettere sulla parola del Signore e sulla lunga tradizione della Chiesa per trarne profitto e prendere le decisioni necessarie affinché il sogno di un Perú più giusto e fraterno diventi realtà a livello personale, familiare e sociale.

X Luis A. Bambarén sj,
vescovo di Chimbote,
presidente della Conferenza episcopale peruviana

Torniamo a osservare il Perú

1. Vogliamo rivolgerci a tutti i peruviani e le peruviane, senza alcuna distinzione, con la loro legittima pluralità di progetti politici concreti.4 La nostra riflessione vuole incentrarsi su alcuni valori oggettivi, che appartengono alla condizione stessa dell’essere umano e pertanto accessibili alla ragione; valori che, senza ignorare i diversi credi e le diverse opzioni politiche, dovrebbero governare la nostra convivenza al di là delle opinioni congiunturali della maggioranza o dei vari gruppi politici. La proposta morale della Chiesa non tenta in alcun modo di fare violenza alla libertà umana.

2. Due anni fa rivolgemmo un messaggio al Perú: Perú, scegli la vita!,5 che continua a essere attuale. In esso affermavamo che "le radici dell’attuale crisi socio-economica e politica affondano nella crisi morale" che "non si limitava ad alcune persone e istituzioni, ma toccava l’intero corpo sociale". Aggiungevamo, inoltre, che se non ci fosse stata una conversione morale generale, la crisi non avrebbe trovato soluzione. E avvertivamo anche che "oltre alla crisi morale esisteva una grave crisi religiosa", che si manifesta nell’uso politico della devozione popolare e nel ricorso a superstizione, idolatria, pratiche divinatorie e magia.6 "Se i valori morali hanno sperimentato un collasso così generalizzato, ciò vuol dire che la nostra visione di noi stessi è profondamente mutata, allontanandoci da quanto la parola di Dio ci dice sull’essere umano, sul senso della sua vita e sulla società".

3. Cosa ancora più grave, la violenza di tutta questa realtà si percepisce in molte istituzioni che sono state distorte nei loro principi per essere trasformate in mezzi di corruzione al servizio di alcune persone, con disprezzo della vita, della libertà, della verità e della dignità della persona umana, secondo lo slogan: "Il fine giustifica i mezzi". La condotta e il comportamento etico dei governanti riflettono, in genere, il codice etico e i valori morali di una società malata, che si manifesta tramite l’opzione politica dei suoi elettori. In ultima istanza, le decisioni che danneggiano la società sono state prese da ciascun cittadino nel compimento dei suoi doveri quotidiani.

Noi come pastori

I risultati della situazione attuale sono dinanzi agli occhi di tutti:

a) Il furto è tristemente diventato un evento quotidiano, sotto forma di violenza, inganno, abuso di potere, e si manifesta con le piccole ruberie, le bustarelle, i grandi negoziati, il tutto a spese del bene comune. I beni dei peruviani sono stati vergognosamente saccheggiati con il pretesto della sicurezza nazionale, della compensazione per gli anni di servizio, per "facilitare tramiti", emettere "sentenze favorevoli", per commissioni ricevute, per favori ottenuti illegalmente, per l’acquisto o la concessione di posti di lavoro, per il tradimento o la vendita di segreti altrui e così via. "Particolarmente grave è il furto sia diretto, sia per complicità con i malfattori, per pigrizia nella vigilanza, per codardia" (per evitare cioè "difficoltà" di ordine politico o sociale), o per proteggere il delinquente. Furti commessi da persone ufficialmente incaricate di custodire il bene pubblico7 e che si è cercato di coprire, anche legalmente, a spese del popolo peruviano, un popolo privato dei suoi beni e brutalmente impoverito. "Le radici del furto si ritrovano, da un lato, nell’egoismo e in una visione materialista della vita e, dall’altro, nel mancato riconoscimento del prossimo o della società quali soggetti di diritto degni di essere rispettati. È l’affermazione implicita o esplicita che ogni mio desiderio è mio diritto".

b) La menzogna ha preso il posto della verità (Rm 1,25) ed è diventata un elemento fondamentale delle attività quotidiane in Perú e della forma di governo. Essa "prende una molteplicità di forme diverse, tutte ben definite, non solo contro la convivenza sociale, ma anche contro la persona stessa che mente, perché falsifica in questo modo l’autenticità della sua stessa vita". "In politica si dà per scontato che i discorsi contengano promesse puramente utilitaristiche, che nulla hanno a che vedere con la realtà, tanto che credervi sarebbe una"ingenuità"". D’altra parte, il ricorso alla menzogna è praticato da quanti si dedicano per professione alla ricerca e alla diffusione della verità, all’orientamento dell’opinione pubblica e alla formazione della gioventù. "Un paese fondato sulla menzogna si degrada sistematicamente sin dalle sue stesse radici".

c) Giovani senza possibilità di lavoro, di studio o di formazione; molti di loro sottomessi fisicamente e moralmente alla droga e all’alcool, senza orizzonti aperti su una vita che abbia senso; carenti di un’autentica educazione etica per vivere la sessualità, l’amore coniugale, la vera solidarietà sociale e la democrazia.

d) Una famiglia in profonda crisi morale, molto spesso senza il vincolo concreto della stabilità e della fedeltà matrimoniale, manovrata dagli interessi commerciali ed economici di gruppi minoritari, manipolata da programmi di controllo della popolazione e senza la possibilità che il capofamiglia, con il suo lavoro, possa mantenere degnamente i suoi famigliari e offrire speranza in un futuro migliore.

e) Un clima sociale contrassegnato da una povertà sempre più crescente e dominante, in cui i poveri sono sempre più poveri, in cui si professa apertamente o tacitamente la regola del "tutto vale" e dell’"efficacia" per conseguire il benessere proprio o il potere economico e politico; per perseguire questi fini si ricorre alla violenza, alla menzogna, alla frode, alla corruzione e alla violazione dei diritti umani (compreso il diritto alla vita, in qualche caso con la complicità della legge), al terrorismo di stato e di gruppi politici che disprezzano la vita e la libertà autentica.

f) Uno stato corrotto, con le sue istituzioni, sull’orlo del collasso per la mancanza di valori etici e morali, in cui vige il disprezzo per ciò che è legittimamente umano, peruviano e per tutto il suo retaggio storico.

Noi vescovi del Perú, "come Gesù che pianse per tutti nella città di Gerusalemme, dinanzi al pericolo che lo minacciava e si consegnò per tutti, così... vogliamo, in quest’ora" dura e difficile, condividere, nuovamente e ripetutamente, "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono", che "sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo".8 Nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore della Chiesa.

6. "Crediamo nella forza di Dio che ci dice: "Non temete". Crediamo nella sua presenza tra noi e crediamo nella potenzialità di bene dei nostri fratelli e nel patrimonio dei nostri valori umani e cristiani".9 Crediamo che il senso profondo della fratellanza finirà per trionfare e che la solidarietà, la verità, la giustizia e la riconciliazione prevarranno sugli egoismi, la menzogna, la rete di corruzione e la violenza.

7. Il nostro proposito è di collaborare nella ricerca del bene comune. Non vogliamo ostacolare, interferire o influire sulle decisioni giuridiche e politiche atte a chiarire i fatti e i casi in questione e a stabilire le responsabilità di diritto o etico-morali in cui si è incorsi. Riconosciamo che esiste certamente uno sforzo sincero e coraggioso da parte di persone, gruppi e istituzioni per adottare misure adeguate di ordine legale e amministrativo al fine di evitare, per quanto possibile, un ulteriore degrado delle istituzioni e dei meccanismi stessi della vita democratica, e il ripetersi di simili disordini nel comportamento delle persone e dei gruppi che hanno responsabilità sociali. È doloroso constatare anche come a volte, nel cercare la verità, la giustizia e il bene comune, si calpesta e si accusa, con animo vendicativo e con odio, senza dare la possibilità all’uomo caduto in disgrazia di redimersi.

Auspichiamo che le persone e le istituzioni cui spetta agire, lo facciano con giustizia e verità, con lo sguardo rivolto al bene comune di tutta la società peruviana, accogliendo la sfida di riconciliarci gli uni con gli altri.

La verità ci farà liberi

8. Il nostro Perú ha bisogno oggi, come mai prima, di verità e di libertà. Di verità in ciò che si dice e, ancor più, in ciò che si fa. Com’è necessaria una maggior trasparenza e attinenza alla realtà nelle informazioni che si ricevono dai settori pubblici e dai mezzi di comunicazione! Molto spesso gli interessi che si vogliono difendere hanno il sopravvento sulla verità di ciò che si comunica. La menzogna, la manipolazione e la corruzione creano un clima di sospetto, di sfiducia, che tende a rafforzare l’individualismo e che allontana molti dall’agire in modo solidale per il bene comune. Quello che incombe sulla nostra nazione è, dunque, un problema di ordine morale che si ricollega "a un problema cruciale: quello della libertà dell'uomo",10 che a sua volta riguarda la verità sull’uomo e sulla donna.

9. L’interesse per la verità va al di là dell’aspirazione a una condotta e a un comportamento autentici, onesti e trasparenti. Oggi constatiamo un senso generale di rifiuto nei confronti di tanti modi d’agire e di situazioni che fiaccano l’essere umano, e percepiamo la mancanza di più onestà e chiarezza nei rapporti sociali, perché intuiamo o crediamo che né la libertà di espressione né quella di scelta bastino da sole – per quanto nobili e necessarie esse siano – a raggiungere una libertà veramente umana. La libertà autentica nasce e si sviluppa quando affonda le sue radici nella verità dell’uomo.11

10. Agli inizi di quest’anno, per concludere il grande giubileo dell’anno 2000, papa Giovanni Paolo II ha scritto un’esortazione apostolica dal titolo Novo millennio ineunte, con la quale invita i cristiani e tutte le persone di buona volontà a riflettere sulle sfide del nuovo millennio. Filo conduttore della lettera del papa sono le parole che Gesù rivolse a Simon Pietro: "Prendi il largo" (Lc 5,4). Il papa afferma che questa parola rivolta a Pietro "risuona oggi per noi, e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: "Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!" (Eb 13,8)".12 Vogliamo così incoraggiare e sostenere tutti i peruviani, uomini e donne, giovani del Perú e del futuro, in particolare i cristiani che partecipano alla vita pubblica e quelli chiamati a farlo, a riflettere seriamente su questi temi e ad agire di conseguenza e secondo coscienza.

11. Partendo da questo invito che il Signore fa, non dobbiamo restare alla superficie delle questioni che ci riguardano. Una riforma dello stato e della società non si inizia e non si conclude solo con cambiamenti di tipo cosmetico. Dobbiamo scendere alla radice dei problemi che vediamo oggi per costruire tutti insieme una società più giusta e umana. Confidiamo che il Signore Gesù, che mandò il suo Spirito consolatore a guidare la Chiesa primitiva (Gv 14,16.26; 15,26; 16,7.13), non ci farà mancare il suo aiuto per raddrizzare ciò che è sviato, bagnare ciò che è arido, riscaldare ciò che è gelido.13

12. Non siamo soli in questo compito né pensiamo che il nostro contributo come pastori sia l’unico necessario affinché la nazione possa recuperare la sua dignità democratica. Lodiamo gli sforzi già fatti nella lotta contro la povertà e la corruzione, nell’insediamento della nuova Commissione della verità e nelle altre istanze di riforma e dialogo. Ciò che vogliamo affermare è che tutte queste iniziative possono avere successo solo nella misura in cui partano da una giusta concezione della dignità della persona umana, della sua natura sociale, della correlazione tra diritti e doveri, del significato di verità e di libertà. Crediamo che la parola di Dio e la tradizione della dottrina sociale della Chiesa abbiano molto da offrire per garantire che questi sforzi partano da basi oggettive e si dirigano verso mete profondamente umane. La domanda di fondo riguarda la nostra idea di essere umano. La risposta a questo interrogativo ci darà l’obiettività necessaria per affrontare le questioni e le difficoltà in cui ci troviamo e, allo stesso tempo, per compiere i passi necessari a rinnovare la nostra società.

he cos’è l’uomo?

13. Il salmista si chiedeva: "Che cos’è l’uomo perché te ne ricordi / e il figlio dell’uomo perché te ne curi? / Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, / di gloria e di onore lo hai coronato: / gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, / tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Sal 8,5-7). I padri conciliari commentarono a tale riguardo: "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione".14

14. È Gesù Cristo che rivela pienamente l’uomo all’uomo,15 come ha affermato il papa nella sua prima enciclica, Redemptor hominis, una lettera che ha contraddistinto come un filo conduttore il pensiero di Giovanni Paolo II. "La luce del volto di Dio splende in tutta la sua bellezza sul volto di Gesù Cristo, "immagine del Dio invisibile"(Col 1,15), "irradiazione della sua gloria" (Eb 1,3), "pieno di grazia e di verità" (Gv 1,14): Egli è "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). Per questo la risposta decisiva a ogni interrogativo dell'uomo, in particolare ai suoi interrogativi religiosi e morali, è data da Gesù Cristo".16

La dignità della persona umana

15. Per noi cristiani, la dignità dell’uomo e della donna ha origine in Dio, di cui essi sono immagine (cf. Gen 1,26). È questo il punto di partenza per la ricca tradizione costituita dalla dottrina sociale della Chiesa: "Nessuna legge umana v’è che possa porre così bene al sicuro la personale dignità e la libertà dell’uomo, quanto il Vangelo di Cristo affidato alla Chiesa".17 "Per questa ragione, "ogni offesa alla dignità dell'uomo è offesa a Dio stesso, di cui è immagine"" ed "esige da ciascuno un atteggiamento di rispetto per la dignità dell'altro e di sollecita cura per lui, si trattasse anche di uno straniero o di un nemico".18

16. Da questo primo principio ne scaturiscono altri di pari importanza: l’essere umano, in quanto persona e in grado di assumersi delle responsabilità, ha l’obbligo morale di cercare la verità, di attenersi alla verità conosciuta e di ordinare tutta la sua vita secondo le esigenze della stessa.19 Verità che si trova nel più profondo della sua coscienza e che si esprime in "una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire". Essa lo avverte che deve amare e fare il bene e fuggire il male. Legge che è stata scritta da Dio nel cuore di ogni persona, che dà fondamento alla sua dignità. "Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono tanto nella vita dei singoli quanto in quella sociale". Nella misura in cui questa coscienza prevale nell’agire delle persone e della società, si potrà avere la certezza e la sicurezza della moralità e si eviterà la pretesa di deformare la dignità della persona. È per questo che Cristo ci garantisce l’incontro con la verità: "La verità vi farà liberi" (Gv 8,32) e a tal fine ci offre l’aiuto dello Spirito di verità (Gv 15,17).

Dignità umana e libertà

17. Nell’agire quotidiano la dignità della persona si manifesta nell’esercizio della sua libertà, "segno eminente dell’immagine divina nell’uomo". "La libertà è nell'uomo una forza di crescita e di maturazione nella verità e nella bontà".20 Dobbiamo crescere nell’apprezzamento della libertà, che è fondamentalmente legata al riconoscimento e al rispetto della dignità umana. Stiamo crescendo nella comprensione e nell’esperienza della libertà, che si esprime nell’accettazione del diritto alla libertà religiosa e di coscienza, alla libertà di espressione, alla libertà di azione politica e sindacale, tutti benefici dello stato di diritto, le cui istituzioni, purtroppo, sono venute meno.

18. Tuttavia, la libertà, allontanandosi dal rispetto per l’essere umano e per i suoi diritti e doveri fondamentali, tende a ridursi a una pura formalità o a un vocabolo vuoto e perfino pericoloso e distruttivo. Abbiamo constatato in questi anni come siano ignorate, con un realismo crudo e violento, le esigenze derivanti dalla vera condizione umana. Dietro la parola "libertà" si nasconde il predominio degli interessi di pochi, dei potenti, e la rovina dell’umanità dell’uomo.21 Come hanno detto i vescovi del continente, negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza relativa ai diritti umani, ma contemporaneamente è aumentato il problema della violazione di tali diritti. A ogni modo, "la Chiesa, nel proclamare il Vangelo dei diritti umani, non si arroga un compito estraneo alla sua missione, bensì, al contrario, obbedisce al mandato di Gesù Cristo, facendo dell’aiuto ai bisognosi un’esigenza essenziale della sua missione evangelizzatrice".22

19. L’opinione pubblica non è ancora consapevole dei risultati di una libertà e di alcune "libertà" spesso vissute quasi senza altri riferimenti che la "libertà" stessa, intesa come semplice capacità di scegliere e di fare qualunque cosa.23 I mezzi di comunicazione sociale, invece di favorire un’autentica libertà di stampa e di contribuire a formare un’opinione pubblica veritiera e con valori etici a favore dell’uomo, si sono prestati al gioco di interessi maligni, distruggendo in tal modo i valori etici e morali dei peruviani, allo scopo non solo di distrarre la società, creando cortine di fumo, ma anche di confondere e di evitare che la verità prevalesse.

20. "Il cristiano, poi, reso conforme all’immagine del Figlio... riceve "le primizie dello Spirito" (Rm 8,23), per cui diventa capace di adempiere la legge nuova dell’amore".24 "Dare la vita per i fratelli" (1Gv 3,16) esige il dovere minimo di non ledere alcuno dei beni fondamentali a cui tutti abbiamo diritto: "la vita umana, la comunione delle persone nel matrimonio, la proprietà privata, la veridicità e la buona fama".25 Possiamo definirli i "beni fondamentali" della persona, riguardo ai quali tutti ci aspettiamo lo stesso rispetto che dobbiamo essere disposti a offrire agli altri; "coloro pertanto che, mentre rivendicano i propri diritti, dimenticano o non mettono nel debito rilievo i rispettivi doveri, corrono il pericolo di costruire con una mano e distruggere con l’altra".26

La misura della libertà: l’amore per il prossimo

Nella "nuova legge dell’amore" risuona il principio della "reciprocità", norma sociale ancestrale dei popoli andini, come condizione di partenza verso la vera libertà, che nella sua attenzione solidale al bene dell’altro può arrivare a richiedere, talvolta, decisioni e atteggiamenti eroici. Tuttavia, una libertà autentica va al di là della reciprocità. Amare il prossimo è il punto di svolta generoso e coraggioso per andare incontro al fratello, facendosi suo prossimo, pur senza aspettarsi un comportamento simile da parte sua. Il Signore ci chiede di amarci come ha fatto lui (Gv 15,12), di amare perfino i nostri nemici (Mt 5,44), di farci prossimo dei più lontani (Lc 10, 27-37), di amare i bambini (Mc 9,37) e i poveri come amiamo lui (Mt 25,40-45).

22. Questa dimensione della dignità umana può essere raggiunta unicamente quando si comprende e si vive la vita come grazia. Significa essere in consonanza con Cristo, rimanere nel suo amore. "Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore" (Gv 15,9-10). È così che san Paolo si sforza di descriverla: "La carità – sinonimo di amore – è paziente, è benigna la carità, non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (1Cor 13,4-7).

Bene e verità sono valori che arricchiscono la vita e spingono l’uomo a donarla generosamente agli altri, offrendo in particolare il perdono, perfino al nemico, che è la più nobile espressione di un’esistenza vissuta nella grazia.

23. "Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi" (Gv 15,9) e "come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli" (Gv 13,34-35).

Un amore che è stato dichiarato ed espresso con il dono di sé e il sacrificio volontario sulla croce. Così, l’amore è più forte di ogni forza oscura e della stessa morte (Ct 8,6); solo esso dà la vita nuova. Con la forza che sgorga dal cuore di Cristo, trafitto sulla croce – dono che Dio ci fa della sua stessa vita con il sangue e l’acqua del costato –, anche noi siamo in grado, in modo supremo, di donare liberamente la nostra vita a Dio e ai fratelli. In tal modo possiamo essere pienamente "immagine " di Dio (cf. Gn 1,26), "poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito fra molti fratelli" (Rm 8,29).

24. Basandoci sull’opinione comune e generalizzata di libertà, potemmo affermare che "libero è colui che può fare solo ciò che vuole senza essere impedito da una costrizione esteriore e che gode, di conseguenza, di una piena indipendenza",27 il contrario essendo la dipendenza da una volontà estranea. Tuttavia, questa opinione imperante ci porta a concepire il "soggetto di questa libertà come un individuo autosufficiente che cerca la soddisfazione del suo proprio interesse nel godimento dei beni terreni". Questa convinzione ha favorito una ripartizione disuguale della ricchezza, contemporanemante allo sviluppo della tecnologia, e la pratica del genocidio, del terrorismo. Perseguendo l’idea dell’efficacia e dell’efficienza, è stata violata l’intimità degli individui, e si sono creati, tra l’altro, diversi sistemi di controllo.

25. L’individuo, pretendendo di essere autonomo nelle sue decisioni e non volendo adeguare la sua volontà a quella degli altri in cerca del vero bene, si isola e rifiuta tutto ciò che non lo riguarda direttamente, si allontana dalla verità, cade nella menzogna e, invece di realizzarsi, si distrugge; diventa vittima del capriccio; le relazioni fraterne si rompono, cancellate dal terrore, dall’odio e dalla paura. Questa scelta conduce verso "la schiavitù del peccato" (Rm 6,17).

26. La libertà è sempre rivolta verso gli altri uomini; consiste nell’accordare la propria volontà a quella degli altri in favore del bene. Vale a dire, il criterio determinante per un’autentica libertà è il suo essere finalizzata alla verità, in un onesto e giusto rapporto con la volontà altrui. "In tal modo, verità e giustizia costituiscono la misura della vera libertà, che esiste realmente solo quando reciproci vincoli, regolati dalla verità e dalla giustizia, uniscono le persone". "Solamente la libertà che si sottomette alla verità conduce la persona umana al suo vero bene. Il bene della persona è di essere nella verità e di fare la verità".28

27. Se la libertà è finalizzata a perseguire il vero bene, diventa "una forza di crescita e di maturazione nella verità e nella bontà" per l’essere umano, e raggiunge la sua assoluta perfezione in Dio, nostro bene ultimo.29 Sostenuti dalla sua grazia, essendo stati feriti dal peccato, cerchiamo e seguiamo lui per raggiungere la perfezione, per diventare vera e autentica "immagine divina".30 In lui la libertà raggiunge il suo splendore e la sua grandiosità.

Libertà e democrazia

28. In questi momenti delicati per la situazione politica e la ricerca di democrazia, il nostro popolo sta compiendo un grande sforzo, difficile e doloroso, per maturare, risanare le istituzioni dello stato, eliminare la corruzione istituzionalizzata, avviare i procedimenti atti a chiarire fatti e avvenimenti della nostra storia recente, ottenere consensi sui principi fondamentali dell’organizzazione politica dello stato.

29. In questa ricerca verso la libertà autentica e l’esercizio di una reale democrazia, siamo ancora vittime della nostra immaturità e cecità, come dimostrano i fatti; per cui, dobbiamo essere consapevoli che ogni volta che la libertà, per usare le parole di Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae, "volendo emanciparsi da qualsiasi tradizione e autorità, si chiude persino alle evidenze primarie di una verità oggettiva e comune, fondamento della vita personale e sociale, la persona finisce con l'assumere come unico e indiscutibile riferimento per le proprie scelte non più la verità sul bene e sul male, ma solo la sua soggettiva e mutevole opinione o, addirittura, il suo egoistico interesse e il suo capriccio".31

30. In questo modo si giunge inevitabilmente alla negazione dell’altro; si tende a considerare chi la pensa in maniera diversa, i nostri oppositori, come nemici da cui difendersi. Così, aggiunge il papa nella stessa enciclica, "la società diventa un insieme di individui posti l'uno accanto all'altro, ma senza legami reciproci: ciascuno vuole affermarsi indipendentemente dall'altro, anzi vuol far prevalere i suoi interessi. Tuttavia, di fronte ad analoghi interessi dell'altro, ci si deve arrendere a cercare qualche forma di compromesso, se si vuole che nella società sia garantito a ciascuno il massimo di libertà possibile". Venendo così meno ogni riferimento a valori comuni e a una verità assoluta per tutti, "tutto è convenzionabile, tutto è negoziabile", persino i diritti fondamentali della persona umana.

31. Ancora nella stessa enciclica, il santo padre dice: "È quanto di fatto accade anche in ambito più propriamente politico e statale: l'originario e inalienabile diritto alla vita è messo in discussione o negato sulla base di un voto parlamentare o della volontà di una parte – sia pure maggioritaria – della popolazione". Vale a dire, il diritto viene assoggettato alla volontà del più forte. "In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo. Lo stato non è più la "casa comune" dove tutti possono vivere secondo principi di uguaglianza sostanziale, ma si trasforma in stato tiranno", che presume di poter disporre della vita degli altri "in nome di una utilità pubblica che non è altro, in realtà, che l'interesse di alcuni".

32. Per questo, "non può essere accettata come vera la posizione dottrinale di quanti erigono la volontà degli esseri umani, presi individualmente o comunque raggruppati, a fonte prima ed unica donde scaturiscono diritti e doveri".32Il fatto che una legge sia stata stabilita per maggioranza o anche per consenso, non basta a legittimarla. È questa tendenza di legittimazione giuridica a eliminare il principio di moralità presente nella nostra pratica democratica, in particolare quando si distingue tra coscienza privata e comportamento pubblico.

"Ma il valore della democrazia sta o cade con i valori che essa incarna e promuove: fondamentali e imprescindibili sono certamente la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei suoi diritti intangibili e inalienabili, nonché l'assunzione del "bene comune" come fine e criterio regolativo della vita politica. Alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli "maggioranze" di opinione, ma solo il riconoscimento di una legge morale obiettiva che, in quanto "legge naturale" iscritta nel cuore dell'uomo, è punto di riferimento normativo della stessa legge civile".33

Legge civile e morale

34. La legge civile, come pure l’autorità che la promulga, non può pretendere di dettare norme che vadano al di là della propria competenza.34 All’autorità civile non compete stabilire i diritti e doveri fondamentali dei cittadini, che derivano direttamente dalla loro natura umana; ed è fuori discussione che sia autorizzata a lederli. La sua missione consiste nel "riconoscere, rispettare, comporre, tutelare e promuovere quei diritti; e nel contribuire, di conseguenza, a rendere più facile l’adempimento dei rispettivi doveri".35 La bontà o la malvagità delle azioni umane è anteriore a quanto stabilito dalla legge, per maggioranza o consenso; dipende dall’accordo o dal disaccordo dell’oggetto in questione con la verità dell’uomo. La legge civile ha, dunque, come fine il raggiungimento del bene comune garantendo l’ordine della convivenza sociale. A tale scopo, il legislatore deve attenersi all’ordine morale, che è inviolabile come la stessa dignità umana, finalità di ogni legge.36

35. Quando la legge civile coincide con l’ordine morale e, per tanto, con la verità dell’uomo, essa non compromette la libertà dei singoli cittadini, ma obbliga a obbedirle, di modo che si agisca concordemente alla dignità della persona umana e l’individuo si eserciti nell’autentica libertà.37 È per questo che la Chiesa ricorda a tutti che le leggi giuste devono essere rispettate in coscienza, sebbene possano e debbano essere, di volta in volta, perfezionate.

36. Tuttavia, quando una legge civile contraddice la verità dell’uomo, non riconosce o calpesta i suoi diritti fondamentali, allora essa viene privata del suo carattere di obbligatorietà, non vi si deve obbedire, e in coscienza l’individuo deve opporvi resistenza. Quei magistrati che non riconoscono i diritti dell’uomo o li calpestano, non solo non compiono il loro dovere, ma quanto prescrivono manca di obbligatorietà".38

37. La legge civile "deve talvolta tollerare in vista dell'ordine pubblico ciò che non può proibire senza che ne derivi un danno più grave. Tuttavia i diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica". Per questo, "quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno stato di diritto".39

L’autorità costituita

38. Con tutto ciò che è stato finora detto, e sostenendo che l’autorità e la legge civile sono soggette all’ordine morale, la Chiesa non vuole indebolire l’autorità civile, ma piuttosto promuoverla e consolidarla. Essa ha sempre sostenuto ed evidenziato l’obbedienza che si deve all’autorità legittimamente costituita. "Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna" (Rm 13,1-2).

39. La Chiesa non è nemica dell’autorità civile legittimamente costituita, ma piuttosto la rispetta e la promuove. Vale la pena citare un’antica testimonianza di adesione e rispetto; si tratta della preghiera per le autorità di San Clemente Romano: "Tu, Signore, hai dato loro il potere del regno per la tua magnifica e indescrivibile forza, affinché, conoscendo la gloria e l’onore che hai concesso loro, noi obbediamo senza opporci alla tua volontà. Concedi loro, Signore, salute, pace, concordia, fermezza affinché governino senza errare. Poiché Tu, Signore, re celeste dei secoli, doni ai figli degli uomini gloria e potere sulle cose che esistono sulla terra. Tu, Signore, indirizza il loro volere verso ciò e buono e gradito a te, affinché esercitando caritatevolmente, con pace e mitezza, il potere che tu hai concesso loro, ottengano la Tua misericordia".40

40. Non si tratta di mettere in dubbio il principio dell’autorità. Vogliamo ricordare che l’ordine morale è fonte di legittimità e permette all’autorità di mettersi al servizio della giustizia e della democrazia autentiche. D’altra parte, i principi inalterabili e fondamentali della moralità sono condizione e garanzia di giustizia e di pace a cui tutti dobbiamo rispetto e adesione. "Di fronte alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l'ultimo "miserabile" sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali".41

Chiesa e democrazia

41. Papa Giovanni Paolo II, nella sua enciclica Centesimus annus, scriveva che "la Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa, pertanto, non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello stato"42 secondo il principio della divisione dei poteri che configurano lo stato di diritto e la giusta concezione della persona umana. A sua volta, il concilio Vaticano II, nella costituzione pastorale Gaudium et spes, rifiutava come "inumano che l’autorità politica assuma forme totalitarie oppure forme dittatoriali che ledano i diritti della persona o dei gruppi sociali".43 È per questo che la Chiesa non chiude gli occhi davanti al pericolo che corre la democrazia "del fanatismo, o fondamentalismo, di quanti, in nome di un'ideologia che si pretende scientifica o religiosa, ritengono di poter imporre agli altri uomini la loro concezione della verità e del bene".44

42. La democrazia, fondamentalmente, "è un "ordinamento" e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere "morale" non è automatico, ma dipende dalla conformità alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve".45 Ciò vuol dire che se la democrazia è sopravvalutata e sovrastimata diventa un sostituto della moralità e corre il rischio di distruggersi e perdere il suo valore di ordinamento e di strumento. Per questo, democratico non sempre equivale a giusto. Il modo di procedere in democrazia, basato sulla partecipazione dei cittadini e sul controllo del potere, è giusto e corretto quando rispetta la dignità della persona umana. Ma non tutto ciò che si fa e si decide in base a tale procedimento contiene in sé la garanzia di essere ugualmente giusto e rispettoso della dignità della persona umana. Ciò dipenderà dal fatto che quanto è stato deciso sia effettivamente concorde con l’ordine morale oggettivo, che non sia soggetto al gioco delle maggioranze e dei consensi, ma che si fondi sulla verità della condizione umana.

Pluralismo e democrazia

43. Il pluralismo democratico, la diversità di opinioni, punti di vista, modi di vita, la pluralità culturale, espressi e promossi dai diversi gruppi etnici e sociali, dai partiti politici e dallo stato sono inerenti al sistema democratico. La Chiesa non ha nulla da obiettare a questa realtà; vede in essa l’espressione della libertà e l’esercizio della responsabilità di ciascun individuo in funzione del bene comune.46 Allo stesso tempo, avverte che queste istanze devono essere rispettate da tutti ed essa stessa "riaffermando costantemente la trascendente dignità della persona, ha come suo metodo il rispetto della libertà".47

44. Il pluralismo e la diversità di opinioni, le istituzioni e i gruppi sociali sono per la Chiesa espressione della libertà della persona umana e segno della ricchezza spirituale delle persone. Questa realtà è positiva ed è una manifestazione di potenzialità nel compito di trasformare il mondo per renderlo più umano, conforme alla dignità della persona quale "immagine" di Dio.

Si tratta di promuovere una partecipazione molto più ricca e fruttuosa delle persone e dei gruppi sociali alle decisioni che riguardano tutta la società, così che, grazie alla corresponsabilità, "i gruppi umani si trasformano a poco a poco in comunità di partecipazione e di vita. La libertà, che si afferma troppo spesso come rivendicazione di autonomia opponendosi alla libertà altrui, si sviluppa così nella sua realtà umana più profonda: impegnarsi e prodigarsi per costruire solidarietà attive e vissute".48

Democrazia e morale

Esponendo questi principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa, non si vuole avere la vana pretesa di imporli. Il Concilio afferma che "questi doveri attingono e vincolano la coscienza degli uomini e che la verità non si impone che in virtù della stessa verità, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore".49

47. L’essere umano può riconoscere il bene e il male per mezzo della ragione illuminata dalla rivelazione divina e dalla fede. "Quando l’uomo ne è ripieno lo conduce attraverso il visibile all’invisibile".50 Questa affermazione della Chiesa vuol dire che ci sono dei valori oggettivi che derivano direttamente dalla dignità inviolabile della persona umana, che è l’unico fondamento solido su cui si può sostenere la democrazia e il rispetto verso tutte le persone, comprese quelle che hanno opinioni errate o si comportano in modo indegno. È qui che trova la sua ragion d’essere anche la tolleranza nei confronti di quanti hanno un’opinione diversa dalla nostra. Ma ciò non significa affatto che la verità sia semplicemente quello che ciascuno ritiene che sia vero e che, pertanto, nessuno sia soggetto nella sua vita e nella sua condotta ad altro che al suo modo di vedere le cose.

Per un’etica civica

48. In questo quadro di pluralità legittima e democratica, desideriamo e sollecitiamo la promozione e lo sviluppo del riconoscimento e del rispetto degli autentici valori etici comuni che, radicati nella verità dell’uomo, al di là del semplice consenso effettivo e delle pure decisioni maggioritarie, meritino il nome di valori e fungano da base per la convivenza tra peruviani in pace e giustizia. È questa "etica", che vogliamo denominare "etica civile", che si confronterà, per lo meno in ciò che è fondamentale, con le esigenze della legge naturale, vale a dire, della ragione umana in quanto partecipe della sapienza divina;51 non si affermerà per opposizione né per esclusione dell’etica cristiana, ma attraverso il suo impegno positivo per la verità dell’uomo; pertanto, sarà sempre in continua e sincera interazione con l’etica di base esplicitamente religiosa, nella quale si esprimono i principi morali vivi nella tradizione storica del nostro popolo peruviano: "la vita umana, la comunione delle persone nel matrimonio, la proprietà privata, la buona fama, la reciprocità, la solidarietà e in quei principi ancestrali: laboriosità contraria alla pigrizia, verità opposta alla menzogna, rispetto della proprietà invece del furto" (? ver).

49. Rivolgiamo un serio invito a tutti coloro che fanno parte della comunità cristiana,52 donne e uomini, giovani e adulti, affinché partecipino a questo dialogo per il consolidamento di alcuni minimi etici condivisi da tutti. Che abbiano la capacità di prendere iniziative senza aspettare passivamente ordini e direttive, al fine di permeare dello spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della loro comunità di vita. Il nostro popolo ha conosciuto solo un’etica socialmente rilevante che non sia di base religiosa e cattolica, come riconoscono anche le due ultime Costituzioni dello stato.53 Una posizione antireligiosa, che disprezza o diffama la fede, difficilmente può offrire le condizioni minime per l’interazione fruttuosa con quanti di noi pensano che la fede cristiana sia stata feconda, e che continuerà a esserlo, rendendo dinamica la morale della vita umana proprio per la sua speciale capacità di fare propri i principi etici che si trovano nella diversità culturale della nostra patria, rafforzandoli e sostenendoli.

Morale pubblica e morale privata

50. Dopo tutto quanto è stato detto, non è più sostenibile l’utopia di separare morale pubblica e morale privata. È utile e necessario distinguere tra la morale dei comportamenti relativi all’esercizio delle responsabilità politiche e sociali e la morale della vita personale e familiare. Differenziare non è la stessa cosa di separare.

51. Oggi si vogliono separare i due ambiti, ritenendo che la cosa pubblica abbia esigenze proprie totalmente diverse da quelle della vita privata. Dietro questa prospettiva si nasconde l’idea che nell’ambito politico debba dominare il pluralismo relativista, il quale esclude l’affermazione di qualunque verità, mentre la vita privata è riservata all’esercizio di ciò che ciascuna persona considera vero e che non va applicato o imposto nell’ambito del pubblico. Si ritiene che la persona che esercita una funzione pubblica o sociale abbia diritto a una "vita privata" secondo il suo arbitrio, e che, al contrario, non debba cercare di far valere le sue convinzioni personali nella vita pubblica, come dimostra la recente storia del Perú, che tanto danno ha arrecato alla nostra amata patria.

52. Il fine di ogni azione pubblica è il bene comune: la preoccupazione per lo sviluppo spirituale e umano di tutti, soprattutto i membri più deboli del corpo sociale.54 Pertanto, ogni azione volta a conseguirlo dovrà essere retta da criteri derivanti dalla dignità della persona umana. La cosa pubblica non può essere concepita come oggetto di una pura ingegneria sociale che si suppone svincolata dalla verità e dai beni dell’uomo.

53. D’altra parte, la pretesa separazione tra morale pubblica e morale privata si mostra ugualmente insostenibile dal punto di vista del soggetto morale. Questo non può essere diviso in due settori indipendenti l’uno dall’altro. Certo è che si deve saper distinguere tra l’ambito pubblico e quello privato, della politica e della fede. Questa differenziazione è un’esigenza della stessa concezione cristiana della vita, che non permette di confondere i beni ultimi con i penultimi, né il regno di Dio con alcun sistema politico di questo mondo.

54. Il "rispetto della coscienza nel suo cammino verso la verità è sentito sempre più come fondamento dei diritti della persona".55 Dinanzi a questa diversità, dunque, è necessaria una vera tolleranza e il rispetto del pluralismo democratico. La tolleranza e il pluralismo esigono, da parte loro, che si distingua adeguatamente tra la sfera della fede e della morale personale e l’ambito della vita civile e della morale pubblica. Ma non si può dimenticare che il soggetto morale, sia pubblico che privato, è lo stesso, per cui la necessaria distinzione tra i due ambiti non deve mai comportare la sua dissociazione. È esattamente per il rapporto esistente tra la sfera pubblica e quella privata che papa Giovanni Paolo II insiste sulla necessaria partecipazione dei fedeli cristiani laici nell’azione politica: "Per animare cristianamente l'ordine temporale (...) i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla "politica", (...) tutti e ciascuno hanno diritto e dovere di partecipare alla politica (...). Le accuse di arrivismo, di idolatria del potere, di egoismo e di corruzione che non infrequentemente vengono rivolte agli uomini del governo, (...) come pure l'opinione non poco diffusa che la politica sia un luogo di necessario pericolo morale, non giustificano minimamente né lo scetticismo né l'assenteismo dei cristiani per la cosa pubblica".56

55. Il nostro Perú si sente disorientato, come se avesse perso la speranza. In quanto vescovi, noi possiamo e vogliamo assicurare che la forza che lo mantiene unito non deriva da progetti o promesse umane, ma dalla sua profonda e ricca eredità cristiana, che costantemente gli permette di volgere lo sguardo al futuro e di sperare contro ogni speranza (Rm 4,18). Nonostante il dolore profondo e la sofferenza, la povertà e l’emarginazione, è capace di tendere la mano con solidarietà e di farci sentire che non siamo soli, che condividiamo gioia e felicità, sofferenza e dolore. "Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v’è in lui occasione di inciampo" (1Gv 2,9). Non abbiamo perduto la speranza!

56. Riflettendo su alcuni principi fondamentali del rapporto tra morale e convivenza sociale, come abbiamo appena fatto, vogliamo aiutare a ritrovare la speranza. È possibile lavorare con entusiasmo e solidarietà nel perseguimento di più alte mete di libertà e di giustizia per il nostro paese. È possibile perché, nonostante gli errori, l’arroganza della corruzione e perfino dei crimini, non facciamo il cammino in solitudine, né abbandonati alle nostre sole forze.

57. Siamo convinti che perfino il peccato commesso può diventare una grande occasione di nuova luce e nuova forza nelle mani misericordiose di Dio. Basti ricordare l’inno di Pasqua, là dove si riferisce al peccato di Adamo: "Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!".57 Per il Signore, nulla è mai perduto finché rimane l’opportunità di convertirci, rinnovarci e riconciliarci gli uni con gli altri; ricordiamo la bella parabola del figliol prodigo (Lc 15,11-32), che potremmo meglio chiamare parabola del Padre buono.

58. Il messaggio cristiano di speranza non è una panacea, un’utopia o un’illusione. Il cristiano che conserva la parola di Dio nel suo cuore, o meglio che la mette in pratica, è portatore di vita eterna (Lc 11,28; Gv 5,24; 8,15-51) con l’annuncio di un cielo e di una terra nuovi che si intravedono e si pregustano nella Chiesa, in quanto luogo di coloro che ascoltano la parola e la seguono, il luogo in cui si rende presente la misteriosa e viva presenza di Gesù Cristo risorto tra noi, "lo stesso ieri, oggi e sempre" (Eb 8,13).

59. La consapevolezza di essere figli di Dio, di saperci profondamente amati da lui ci spinge alla conversione che ci ridona la forza della grazia, la quale ci accompagna e non ci permette di dimenticare mai la nostra dignità di figli e di fratelli; ci rende capaci di riconciliarci perché abbiamo un Padre comune che non fa differenza tra il ricco e il povero, tra i diversi gruppi etnici e sociali del Perú, tra i favoriti e i non favoriti (Gal 3,28; Rm 10,12). "Siamo tutti uno in Cristo Gesù". La consapevolezza riconoscente di questa dignità ci dona ogni giorno nuove energie per renderci perseveranti nell’agire a favore di una società autenticamente fraterna e solidale.

60. Il periodo elettorale che si è concluso ha esacerbato lo spirito di molti, e con perplessità e impotenza siamo stati testimoni di come nella ricerca dell’esercizio della libertà, della verità e della giustizia, molti siano ricorsi a metodi che pensavamo di aver superato, alla luce della storia recente. Ci riempie di profondo dolore costatare che, nonostante l’esperienza vissuta, non siamo ancora capaci di apprendere dalle grandi lezioni del passato più prossimo. Così il profeta descrive questa situazione lacerante e ancora attuale: "Tendono la loro lingua come un arco; la menzogna e non la verità domina nel paese. Passano da un delitto all’altro e non conoscono il Signore. Ognuno si guardi dal suo amico, non fidatevi neppure del fratello, poiché ogni fratello inganna il fratello, e ogni amico va spargendo calunnie. Ognuno si beffa del suo prossimo, nessuno dice la verità. Hanno abituato la lingua a dire menzogne, operano l’iniquità, incapaci di convertirsi. Angheria sopra angheria, inganno su inganno; rifiutano di conoscere il Signore" (Ger 9,2-5).

61. Per essere costruttori di un’autentica democrazia dobbiamo superare le nostre mancanze e rispettarci gli uni gli altri, mentre al popolo peruviano si devono offrire alternative concrete di governo e non promesse populiste, che nascono dalle passioni e dalle ambizioni personali o di gruppo e che in seguito non potranno essere realizzate. Il Perú potrà essere amato unicamente con iniziative coraggiose che si fondano sulla verità e la veracità dei suoi cittadini.

Priorità

62. Vogliamo indicare alcune priorità affinché il Perú possa addentrarsi in questo nuovo millennio con serenità e responsabilità. È urgente e necessario rendere reale il comandamento del Signore: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Gv 4,20). La carità fraterna implica che facciamo nostre tutte le necessità del prossimo.

La famiglia

63. Sono molte le insidie che minacciano la solidità dell’istituzione familiare da parte della società e di diverse correnti pseudo-umaniste, quali l'aumento dei divorzi, la diffusione dell'aborto, dell'infanticidio e della mentalità contraccettiva.58 "L’egoismo, la paura del sacrificio e della croce, uniti alle difficoltà della vita moderna, generano un rifiuto verso il figlio che non viene responsabilmente e gioiosamente accolto nella famiglia, ma considerato come un aggressore".59 Abbiamo il dovere di affermare che la famiglia è una scuola di umanità più ricca e che costituisce il fondamento della società. "Perché però possa attingere la pienezza della sua vita e del suo compito, è necessaria una amorevole apertura vicendevole di animo tra i coniugi, e la consultazione reciproca ed una continua collaborazione tra i genitori nell’educazione dei figli".60

64. A proposito della famiglia e del matrimonio, i padri conciliari aggiungono che lo stato ha il dovere di "rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e la prosperità domestica". Va salvaguardato il diritto dei genitori a procreare e a educare i loro figli all’interno della famiglia. Si deve proteggere con una legislazione e istituzioni adeguate e aiutare in maniera sufficiente tutti coloro che non hanno una famiglia propria. Riteniamo necessario richiamare l’attenzione dei politici e del governo al fine di salvaguardare il matrimonio e la famiglia, conoscere e assimilare la Carta dei diritti della famiglia,61 che papa Giovanni Paolo II ha pubblicato il 22 ottobre 1983, raccogliendo sistematicamente, per la prima volta, i diritti fondamentali della famiglia che potrebbero servire per il rinnovamento e il ripristino dei valori atti a rigenerare la nostra società peruviana.62

I giovani

65. I giovani sono una grande forza sociale: essi rappresentano una componente numerosissima della nostra popolazione e il futuro del Perú. Essi sono "in cerca d'un significato vero da dare alla vita e assetati di Dio, ma molto spesso mancano le condizioni adatte per mettere a frutto le loro capacità e realizzare le loro aspirazioni".63 Come hanno detto i vescovi a Santo Domingo: "Molti giovani sono vittime dell’impoverimento e dell’emarginazione sociale, della disoccupazione e della sotto-occupazione, di un’educazione che non risponde alle esigenze della propria vita (...). D’altra parte constatiamo che vi sono adolescenti e giovani che reagiscono al consumismo imperante e sono sensibili alle debolezze della gente e al dolore dei poveri. Cercano d’inserirsi nella società rifiutando la corruzione (...)". 64 Questa mancanza di lavoro e di speranza nel futuro e la sensazione di frustrazione da essi sperimentata spinge molti giovani a compiere scelte sbagliate, "spesso tentati dai miraggi di una vita facile e comoda, dalla droga e dall'edonismo, per trovarsi poi nelle spire della disperazione, del non senso, della violenza"65 e dell’emarginazione che li distrugge.

66. Proteggere e promuovere la gioventù vuol dire preparare il futuro della nostra patria. Per questo i politici e il governo hanno il grande compito di garantire che i nostri giovani possano diventare uomini di bene, capaci di riconoscere la condizione umana e di essere costruttori di un mondo di giustizia e pace, dove si possa percepire la veracità del comportamento umano, riflesso della ricerca della verità.

La riconciliazione

67. A causa degli anni di violenza politica e della cultura di corruzione che abbiamo subito nel nostro paese per diverso tempo, la riconciliazione deve essere una delle nostre priorità principali. Riconciliazione non significa in alcun modo perdono alla buona e "punto e a capo". I responsabili dei crimini hanno certamente una colpa maggiore e devono per questo essere puniti, ma dobbiamo anche riconoscere umilmente che la cultura della morte ha influito su tutti noi e per tanto sentiamo la necessità di instaurare una nuova cultura della pace.66

68. Salutiamo con favore la recente creazione di una Commissione della verità. Riteniamo che in questa fase della nostra storia essa diventi strumento indispensabile per fare chiarezza sui gravi fatti di violenza avvenuti nel nostro paese duranti gli ultimi venti anni. Ricostruire la memoria storica del nostro popolo è un compito irrisolto verso la cui realizzazione dobbiamo mostrarci solidali. Un popolo che conserva la sua memoria non commetterà gli stessi errori del passato, le sue ferite guariranno meglio e sarà in condizioni migliori per costruire il suo futuro.

Educazione e valori

69. A tal fine è urgente e necessario rivedere tutto il sistema educativo nazionale per garantire un’educazione nei valori morali e nella libertà dei figli di Dio, affinché il futuro possa contare su nuove generazioni presso le quali il rispetto per la persona umana sia garantito, il matrimonio e la famiglia siano valori supremi, la laboriosità onesta sia fonte di vita onorata e affinché esista la capacità di assumersi responsabilità nella società e nell’esercizio serio e onesto della politica. "L’educazione è la mediazione metodologica dell’evangelizzazione della cultura. Pertanto, ci pronunciamo – hanno detto i vescovi a Santo Domingo – a favore di un’educazione cristiana dalla vita e per la vita, nell’ambito individuale, familiare e della vita collettiva".67

70. L’interesse per la formazione scientifica, tecnica e professionale, così necessaria alla nostra gioventù e alle generazioni future, non ci può far illudere che essa da sola basti. Quanto maggiore è lo sviluppo scientifico e tecnico, tanto maggiori sono le responsabilità a cui è necessario far fronte in modo veramente umano. Oggi è urgente l’educazione etica e religiosa. Non potremo procedere verso la costruzione di una convivenza sociale giusta e libera se le nuove generazioni non vengono educate nei valori fondamentali e non si esercitano a vivere, sin dall’infanzia, conformemente a essi. È un esercizio che, oltre a libri e insegnanti, richiede la lezione della presenza convincente di testimoni dei valori umani che devono essere vissuti. Tutti noi abbiamo il dovere di rendere plausibili i valori: famiglia, insegnanti, professionisti, politici, governanti, giornalisti, vale a dire tutti noi che costituiamo la società peruviana. Dobbiamo educare l’intera società peruviana.

71. L’educazione diventa così un compito base e una sfida appassionante per la famiglia, la comunità cristiana e la scuola. Sosteniamo genitori, insegnanti, catechisti e agenti pastorali affinché non si scoraggino nel loro impegno di educatori, a volte così sacrificato e degno della gratitudine di tutti. Ricordiamo, inoltre, alle autorità dello stato il loro dovere di favorire condizioni adeguate alla funzione educativa, da cui dipende in gran misura il futuro più giusto e umano della nostra società.

I poveri

72. "L'attenzione ai più bisognosi scaturisce dalla scelta di amare in modo preferenziale i poveri. Si tratta di un amore che non è esclusivo e non può essere pertanto interpretato come segno di parzialità o di settarismo; amando i poveri il cristiano segue gli atteggiamenti del Signore, il quale nella sua vita terrena si dedicò con sentimenti di particolare compassione alle necessità delle persone indigenti spiritualmente e materialmente".68 "Cristo ci sfida a dare una testimonianza autentica di povertà evangelica nel nostro stile di vita e nelle nostre strutture ecclesiali, così come egli l’ha data".69

73. Il card. Roger Etchegaray, presidente del Comitato centrale del grande giubileo del 2000, commentando la lettera apostolica Novo millennio ineunte (n. 49) del papa Giovanni Paolo II, dice che la seguente affermazione cristologica basata sul Vangelo di Matteo (Mt 25, 35-36) illumina il mistero di Cristo: ""Se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi". Non basta dunque sottolineare l’esigenza morale della solidarietà verso i poveri. La relazione con i poveri impegna direttamente alla relazione con Cristo. (...) Il mistero di Cristo povero ci svela qualcosa della povertà stessa di Dio, che nella sua pericoresi trinitaria vive una spoliazione eterna in un eterno dono (...). È impossibile scrutare Dio altrimenti che nella luce della spoliazione trinitaria, ma è impossibile anche comprendere l’uomo altrimenti che nella linea di tale spoliazione. Se l’uomo vuole davvero scrutare il suo destino deve farlo nella luce della Trinità che è povertà e nella luce di Cristo che ne è l’icona visibile. Quindi è l’identità della Chiesa di Cristo, la sua autenticità che sono in gioco: la Chiesa non può vivere senza i poveri. Ben di più. Non può essere concepita senza i poveri. "Hai lasciato la povertà in eredità a tutti quelli che vogliono essere tuoi discepoli" dice Charles de Foucauld, rivolgendosi a Cristo".70 Il paradosso, e forse lo svantaggio della nostra epoca è che il mondo si risveglia al dramma dei poveri con una mentalità da ricchi, mentre la Chiesa lo affronta con il cuore del povero.

74. In concreto, il modello neoliberale in Perú ha significato finora un arricchimento smisurato degli azionisti stranieri per via delle privatizzazioni, un ammontare elevato del debito estero, alti tassi di povertà, disoccupazione, sotto-occupazione e, in generale, l’aggravarsi delle economie dei settori più poveri della società peruviana, compresa la cosiddetta classe media, oggi praticamente scomparsa.

75. Occorre dare una risposta positiva e degna alla grave situazione di crescente povertà che attraversa la nostra patria. Invitiamo tutti i responsabili dell’economia e della finanza del Perú, i politici e il governo a cercare soluzioni adeguate e perseguibili: è necessaria una revisione delle leggi che non favoriscono il Bene comune dei peruviani e non rendono possibile sviluppo e speranza.

Debito e sviluppo

76. La Chiesa, in occasione del grande giubileo, ricordando il significato sociale dei giubilei, ha chiesto alle nazioni di pensare a una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale che grava sui paesi poveri.71 In Perú la campagna a favore della riduzione del debito, "La vita prima del debito", ispirata al richiamo del papa, è stata fra quelle che hanno riscosso più successo nel mondo. Sebbene sia cresciuta la consapevolezza della gente a livello locale e mondiale sulla gravità del problema, e per quanto vi siano stati alcuni tentativi di alleviare il problema in certi paesi fortemente indebitati, in Perú non si è ancora raggiunto l’obiettivo di una riduzione del debito bilaterale. Per questo, rivolgiamo un appello agli esperti di economia e di questioni monetarie, affinché procedano a un'analisi critica dell'ordine economico mondiale nei suoi aspetti positivi e negativi, in modo da correggere l'ordine attuale, e perché propongano un sistema e meccanismi in grado di garantire lo sviluppo integrale e solidale delle persone e di tutto il popolo.72

77. Chiediamo a tutti i politici e ai governanti di parlare con sincerità al nostro popolo su ciò che riguarda l’economia e le finanze della nostra patria e di non lasciarsi traviare da ambizioni e interessi personali o di gruppo, da promesse populiste, che non potrebbero in seguito essere mantenute. Il peruviano merita un minimo di rispetto per la sua condizione umana.

Lavoro

78. Il lavoro umano "procede immediatamente dalla persona la quale imprime nella natura quasi il suo sigillo e la sottomette alla sua volontà".73 La Chiesa "ha sempre visto l’uomo come soggetto che dà dignità al lavoro", e ritiene che la questione del lavoro sia la "chiave della questione sociale".74 In tal modo, "riconosciuto come espressione della persona, il lavoro diventa fonte di senso e sforzo creativo".75 Per la persona umana è mezzo di sussistenza; per suo tramite l’uomo entra in rapporto con i suoi fratelli e rende loro un servizio, può praticare una vera carità e contribuire al perfezionamento della creazione. Siamo convinti che per mezzo del lavoro l’uomo si associa all’opera redentrice di Gesù Cristo. Da qui deriva il dovere di lavorare e il diritto al lavoro.

Per una civiltà del lavoro

79. La soluzione all’assillante problema della povertà non consiste unicamente nel creare fonti di lavoro. Si deve promuovere una "vera civiltà del lavoro",76 che possa risolvere questo problema sociale. È dunque urgente e necessario prospettare soluzioni giuste, che possano essere messe in pratica dai diretti protagonisti del lavoro: lavoratori, impiegati e imprenditori, con il sostegno dei poteri pubblici. "Giuste relazioni di lavoro potranno prefigurare un sistema di comunità politica, atta a favorire lo sviluppo integrale di ogni persona umana".

80. In questa ricerca di soluzioni degne e umane si deve tenere conto che è "la dignità della persona che costituisce il criterio per giudicare il lavoro, e non viceversa. Qualunque sia il tipo di lavoro, il lavoratore deve poterlo vivere come espressione della sua personalità". Da qui consegue che il salario "deve permettere al lavoratore e alla sua famiglia di accedere a un livello di vita veramente umano nell’ordine materiale, sociale, culturale e spirituale" (? ver).

Alimentazione

81. "Gli aiuti alimentari di emergenza devono rimanere una soluzione temporanea, all'unico scopo di consentire ad una popolazione di sopravvivere ad una situazione di crisi. In quanto aiuto umanitario, non possono essere contestati in linea di principio".77 Tuttavia, per ragioni di stato e politiche questi aiuti sono diventati un mezzo populista per ottenere preferenze e persino un modo di manipolare la coscienza delle persone; scoraggiano la produzione locale, creano dipendenza e modificano le abitudini alimentari, favoriscono gli intermediari e creano occasioni per il proliferare della corruzione.

82. La sicurezza alimentare esiste quando tutti gli abitanti, in ogni momento, hanno accesso agli alimenti necessari a condurre una vita sana e attiva. Ciò significa: disponibilità di cibo, garanzia di un’alimentazione sufficiente, costanza nelle somministrazioni e ricorso ad alimenti che appartengono alla cultura del Perú. Per questo invitiamo tutti i politici e i governanti a realizzare programmi che valorizzino la produzione locale, a stabilire una legislazione efficace che protegga i terreni agricoli e ne garantisca la proprietà. È opportuno anche favorire stabilità ed equità nel commercio internazionale.

Mezzi di comunicazione sociale

83. La Chiesa riconosce i mezzi di comunicazione sociale quali strumenti che offrono un valido aiuto all’essere umano, contribuendo a unire gli uomini nonostante le diversità di culture, a diffondere idee, dare informazioni e creare opinioni. Tuttavia, essi possono anche diventare strumenti di male.78 L’uso di questi strumenti di comunicazione nella nostra storia recente ci ha mostrato che non sempre sono stati al servizio e all’altezza della verità e, di conseguenza, del bene comune dei peruviani. Alcuni di essi hanno creato un’immagine irreale del Perú e hanno contribuito profondamente alla perdita dei valori etici e morali nel nostro popolo. La loro influenza si è inoltre imposta sul matrimonio e sulla famiglia, compromettendo le relazioni personali e oscurando la dignità stessa dell’uomo.

84. Invitiamo tutti i mezzi di comunicazione, tutti coloro che ne sono responsabili a porre sempre come obiettivo principale del proprio agire il bene comune, il bene dei peruviani, il rispetto della dignità dell’uomo, il servizio alla verità, la formazione etica e morale della società peruviana al fine di creare insieme un Perú in cui sussista il retaggio storico di generosità, solidarietà rispetto reciproco e coraggio per affrontare le grandi sfide del futuro. In questo modo imiteremo Cristo, che è il modello di ogni comunicatore perché in Lui Dio ci viene incontro e aspetta la nostra libera risposta.79

85. Rivolgiamo inoltre un invito a tutti i politici, senza distinzioni di partito; non possiamo cadere in generalizzazioni ingiuste né pensare che il loro non sia un compito degno e meritevole. Al contrario, senza il loro lavoro, molte volte ingrato, non sarebbe possibile la costruzione del bene comune. I giovani, in particolare quelli dalla fede più impegnata, dovrebbero pensare seriamente che proprio nell’ambito politico possono forse trovare il luogo adatto per mettere la loro vita al servizio onorato e generoso della società, in particolare dei più deboli. È possibile che anche alcuni adulti che possiedono le qualità giuste per questo servizio debbano riconsiderare, al fine di un bene maggiore, la possibilità di anteporlo ad altri compiti e interessi personali legittimi.80

86. Vogliamo annunciare la verità su cui si fonda tutto l’ordine morale e personale e una giusta e autentica convivenza sociale. Comprendere che cosa significa la dignità di ogni uomo eviterà di compromettere il futuro che cerchiamo di realizzare. Riusciremo a costruire una nuova patria. Nuova nel suo impegno per la libertà, la verità e la dignità dell’uomo. Nuova perché dobbiamo costruire una civiltà dell’amore.

87. Noi cristiani siamo chiamati a offrire la nostra collaborazione nella costruzione di una società più giusta. Nessun peruviano o peruviana, al di là dei diversi modi di pensare e delle scelte legittime, può sottrarsi alla propria responsabilità verso l’avvenire comune.

88. Affermiamo e siamo convinti di poter contare sull’aiuto di Dio. Esortiamo e incoraggiamo tutti a non rassegnarsi durante il cammino. L’egoismo, la menzogna, il furto e la demoralizzazione non possono avere l’ultima parola sul nostro popolo. Cerchiamo la verità e la verità ci farà liberi! (cf. Gv 8,32)

89. Quando nel crogiolo delle culture il Perú emerse come realtà nuova nel corso della storia, lo fece nel nome di Dio. Quando il Perú iniziò il suo cammino come repubblica, lo fece ugualmente nel nome di Dio e della libertà che viene da lui, come "sua immagine". Anche oggi siamo chiamati a riprendere l’eredità dei nostri padri, a procedere in questo nuovo millennio nel nome del Signore, con la responsabilità di far sì che questa sia la patria di tutti, in fratellanza, solidarietà e profondo rispetto per la persona umana, affinché in essa si rifletta il meraviglioso volto di Dio.

Che il Signore ci benedica e ci protegga, ci illumini con la luce del suo volto e ci conceda la sua grazia. Che il Signore rivolga su di noi il suo sguardo e ci conceda la pace. Maria, nostra madre e signora, ci indichi il cammino della fede.

Lima, giugno 2001

I vescovi del Perú

1 Cf. Conferenza episcopale peruviana, ¡Perú, escoge la vida!, aprile 1989, n. 3.

2 Cf. Celebrazione penitenziale dell'anno santo 2000, Roma, 12 marzo 2000.

3 Cf. Mt 4,1-11.

4 Cf. Paolo VI, lett. apost. Octogesima adveniens, 14.5.1971, n. 50; EV 4/778.

5 Cf. ¡Perú, escoge la vida!.

6 Cf. Catechismo della Chiesa cattolica, nn.2111-2117.

7 Cf. ¡Perú, escoge la vida!, nn.12 e 14.

8 Vaticano II, cost. past. Gaudium et spes, n. 1; EV 1/1319.

9 ¡Perú, escoge la vida!, n. 1.

10 Giovanni Paolo II, lett. enc. Veritatis splendor, 6.8.1993, n. 31; EV 13/2617.

11 Cf. Veritatis splendor, c. II; EV 13/2541-2546.

12 Giovanni Paolo II, lett. apost. Novo millennio ineunte, 6.1.2001, n. 1; Regno-doc. 3,2001,73.

13 Cf. la sequenza per la messa del giorno nella solennità di Pentecoste.

14 Gaudium et spes, n. 22; EV 1/1385.

15 Cf. Giovanni Paolo II, lett. enc. Redemptor hominis, 4.3.1979, n. 10; EV 6/1194.

16 Veritatis splendor, 6.8.1993, n. 2; EV 13/2537.

17 Gaudium et spes, n. 41; EV 1/1447.

18 Giovanni Paolo II, esort. apost., Ecclesia in America, 22.1.1999, n. 57; Regno-doc. 3,1999,87.

19 Cf. Vaticano II, Dignitatis humanae, n. 2 (EV 1/1045-1046); Gaudium et spes, n. 16 (EV 1/1369).

20 Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1731.

21 Cf. Congregazione per la dottrina della fede, istr. Libertatis conscientiae, 22.3.1986, nn. 13-15 e 19; EV 10/210-213 e 217.

22 IV Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano, Nuova evangelizzazione, promozione umana, cultura cristiana. Gesù Cristo ieri, oggi e sempre, Santo Domingo, 12-28.10.1992, n. 165 (in seguito Santo Domingo); Regno-doc. 21,1992,686.

23 Libertatis conscientiae, nn. 13-15 e 19; EV 10/210-213 e 217.

24 Gaudium et spes, n. 22; EV 1/1388.

25 Veritatis splendor, n. 13; EV 13/2563.

26 Giovanni XXIII, lett. enc. Pacem in terris, 11.4.1963, n. 15; EV 2/13.

27 Libertatis conscientiae, n. 25; EV 10/226.

28 Veritatis splendor, n. 84; EV 13/2743.

29 Cf. Catechismo della Chiesa cattolica, 1731ss.

30 Gaudium et spes, n. 17; EV 1/1370.

31 Giovanni Paolo II, lett. enc. Evangelium vitae, 25.3.1995, n. 19; EV 14/2226.

32 Pacem in terris, n. 45; EV 2/31.

33 Evangelium vitae, n. 70; EV 14/2402-2403.

34 Cf. Gaudium et spes, n. 74 (EV 1/1567ss); Congregazione per la dottrina della fede, istr., Donum vitae, 22.3.1987, cap. III (EV 10/1242).

35 Pacem in terris, n. 36; EV 2/24.

36 Cf. Pacem in terris, n. 51 (EV 2/32); Gaudium et spes, n. 74 (EV 1/1567); Evangelium vitae, n. 71 (EV 14/2405).

37 Cf. Pacem in terris, n. 32 (EV 2/22); Gaudium et spes, n. 74 (EV 1/1570); Catechismo della Chiesa cattolica, nn. 1897-1904.

38 Cf. Evangelium vitae e Gaudium et spes, che citano san Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, 93,3, ad 2: "La legge umana in tanto ha natura di legge, in quanto si uniforma alla retta ragione: e in tal senso deriva evidentemente dalla legge eterna. Ma quando si scosta dalla ragione, codesta legge è iniqua: e allora non ha natura di legge, ma piuttosto di violenza".

39 Donum vitae, n. 103; EV 10/1244.

40 Clemente Romano, vescovo di Roma, morì verso il 99 o il 100; è l’autore della Lettera ai Corinti, 61, 1.2.

41 Veritatis splendor, n. 96; EV 13/2775.

42 Giovanni Paolo II, lett. enc. Centesimus annus, 1.5.1991, n. 46 (EV 13/220-221), ripresa dai vescovi a Santo Domingo (cf. Regno-doc. 21,1992,689).

43 Gaudium et spes, n. 75; EV 1/1575.

44 Centesimus annus, n. 46; EV 13/223.

45 Evangelium vitae, n. 70; EV 14/2402.

46 Gaudium et spes, nn. 74-75; EV 1/1567-1578.

47 Centesimus annus, n. 46; EV 13/223.

48 Paolo VI, lett. apost. Octogesima adveniens, 14.5.1971, n. 47; EV 4/773 (cf. n. 24; EV 4/747).

49 Dignitatis humanae, n. 1; EV 1/1044.

50 Gaudium et spes, n. 15; EV 1/1366 (cf. Veritatis splendor, n. 44; EV 13/2650)

51 Cf. Veritatis splendor, nn. 42-45; EV 13/2645-2652.

52 Cf. Paolo VI, lett. enc. Populorum progressio, 26.3.1967, n. 81; (EV 2/1126); cf. anche Octogesima adveniens, n. 48; EV 4/775.

53 Cf. Costituzione politica del Perú del 1989, art. 86: "Nell’ambito di un regime di indipendenza e autonomia, lo stato riconosce la Chiesa cattolica come elemento importante nella formazione storica, culturale e morale del Perú". Cf. Costituzione politica del Perú del 1993, art. id.

54 Cf. Giovanni Paolo II, lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 30.12.1987, n. 10; EV 10/2525ss. Cf. Pacem in terris, n. 34; EV 2/23.

55 Giovanni Paolo II, Veritatis splendor, n. 31; EV 13/2618.

56 Giovanni Paolo II, esort. apost. Christifideles laici, 30.12.1988, n. 42; EV 11/1787.

57 Liturgia della Pasqua di Resurrezione, proclama pasquale: "Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte di Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!".

58 Cf. Ecclesia in America, n. 46; Regno-doc. 3,1999,85.

59 Santo Domingo, n. 219; Regno-doc. 21,1992,692.

60 Gaudium et spes, n. 52; EV 1/1485.

61 Cf. Giovanni Paolo II, Carta dei diritti della famiglia, 24.11.1983; EV 9/538ss.

62 Cf. Giovanni Paolo II, esort. apost., Familiaris Consortio, 22.11.1981; EV 7/1522ss.

63 Ecclesia in America, n. 47; Regno-doc. 3,1999,85.

64 Santo Domingo, n. 112; Regno-doc. 21,1992,680.

65 Giovanni Paolo II, Omelia in occasione della XV giornata mondiale della gioventù, 20.8.2000, n. 5; Regno-doc. 15,2000,486.

66 Cf. Giovanni Paolo II, esort. apost. Reconciliatio et poenitentia, 2.12.1984, n. 16; EV 9/1075ss. Cf. anche Centesimus annus, n. 41; EV 13/205-208. Cf. anche Evangelium vitae, n.12; EV 14/2202-2203.

67 Santo Domingo, n. 271; Regno-doc. 21,1992,699.

68 Ecclesia in America, n. 58; Regno-doc. 3,1999,87.

69 Santo Domingo, n. 178; Regno-doc. 21,1992,688.

70 "No se puede comprender la pobreza con corazón de rico", L’Osservatore romano (edizione settimanale in lingua spagnola), 5.2.2001.

71 Cf. Giovanni Paolo II, lett. apost. Tertio millennio adveniente, 10.11.1994, n. 36; EV 14/1777-1780.

72 Cf. Ecclesia in America, 22.1.1999, n. 59; Regno-doc. 3,1999,87.

73 Gaudium et spes, n. 67; EV 1/1546.

74 Santo Domingo, n. 182; Regno-doc. 21,1992,688.

75 Libertatis conscientia, n. 82; EV 10/313.

76 Ivi, n. 83; EV 10/314.

77 Pontificio consiglio Cor Unum, La fame nel mondo, 4.10.1996, n. 45; EV 15/1253.

78 Cf. Vaticano II, Inter mirifica, n. 1; EV 1/245.

79 Cf. Santo Domingo, n. 279; Regno-doc. 21,1992,699.

80 Cf. Libertatis conscientia, n. 80; EV 10/308ss.


articolo tratto da Il Regno logo

Footer

A cura di Caritas Italiana (tel. +39 06 66177001 - fax +39 06 66177602 - e-mail comunicazione@caritasitaliana.it) e Pax Christi (tel. +39 055 2020375 - fax +39 055 2020608 - e-mail info@paxchristi.it)