Strumenti di animazione

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Piero Stefani

Gli interlocutori della pace

"Il Regno" n. 20 del 1994

La pace con la Giordania conferma e ridimensiona l’accordo tra Israele e Arafat


Gia dopo la firma avvenuta a Washington, il 26 luglio u.s., di una dichiarazione ufficiale tra re Hussein di Giordania e il primo ministro israeliano Rabin (cf. Regno-att. 16,1994,455) si era avuto modo di individuare una serie di problemi e di tendenze risultate ancor più chiare dopo la pubblica sigla del trattato di pace tra Israele e Giordania, avvenuta ad Arawa il 26 ottobre scorso. Con questa firma la Giordania è diventata il secondo stato arabo, dopo l’Egitto (1979), a giungere alla stipulazione di una pace ufficiale con Israele. E così terminato uno stato di belligeranza che i due paesi confinanti protraevano ufficialmente da ben quarantasei anni. La scena della firma ha posto visivamente l’uno accanto all’altro due ex nemici (Rabin ebbe un ruolo importante nella guerra dei sei giorni che, nel 1967, sottrasse al regno di Giordania, sul cui trono sedeva già Hussein, vaste fette di territorio - la cosiddetta West Bank - e il controllo su Gerusalemme sia vecchia che est); tra loro, secondo un’iconografia ormai consolidata, campeggiava la figura del presidente americano Clinton. Tutto ciò ribadisce visivamente il ruolo fondamentale svolto dagli Stati Uniti nello sviluppo del processo di pace mediorientale, un ruolo confermato anche dalle successive fasi del viaggio che ha condotto il presidente Clinton in altre capitali della regione, a iniziare da Damasco, la tappa più delicata e importante dell’intero viaggio.

A piccoli passi nel cambiamento
Le vicende mediorientali degli ultimi periodi, in relazione al processo di pace possono, per un verso, apparire la ripresa di quella linea politica, un tempo chiamata del «passo dopo passo». Non a caso ogni progresso compiuto non risolve mai del tutto neppure le questioni aperte tra i due firmatari. Non c’è trattato tra quelli fin qui siglati che non preveda infatti ulteriori scadenze rinviando in avanti la soluzione di alcuni problemi. Per altro versi questi passi (che da più punti di vista vanno giudicati «storici» e non «piccoli») sono stati resi possibili solo dal radicale cambiamento avvenuto negli ultimi anni, dell’intero scenario internazionale (cf. Regno-att. 18,1993,527). Peraltro ogni passo in avanti compiuto, anche se ha l’aspetto sempre di accordo bilaterale e di pace separata, spinge oggettivamente verso il raggiungimento di una soluzione globale che coinvolga l’intera area. Ciò in qualche misura trova riscontro anche nel fatto che alcuni tradizionali punti di riferimento stabili della politica americana paiono non poter più garantire alla lunga la loro solidità. Ad esempio nell’Arabia Saudita, fino a oggi punto di riferimento sicuro degli Stati Uniti, le ripercussioni suscitate dal drastico ridimensionamento delle entrate petrolifere sembrano compromettere, a lunga scadenza, la stabilità stessa della monarchia e favorire ulteriormente la crescita, gia in atto, di tendenze radicali di tipo islamico. In ogni caso non c’è dubbio alcuno che gli stati del Golfo abbiano deciso il 30 settembre, di sospendere il boicottaggio economico secondario e terziario nei confronti d’Israele e già si parla della revoca anche di quello primario o diretto. Secondo l’agenzia di stampa del Kuwait (1,10,1994) ciò comporterà, tra l’altro, che turisti e uomini d’affari, i cui passaporti recano il visto d’ingresso in Israele, da ora in poi potranno recarsi liberamente nei paesi del Golfo.

L’opzione giordana il disgelo siriano
Se quelli appena citati sono ipotesi o, al più, piccoli passi, la pace israelo-giordana si presenta al contrario come evento di grande rilievo, la cui portata è tanto «storica» quanto immediatamente politica. Ed è appunto innanzitutto su quest’ultimo versante che si fanno chiare le tendenze di cui si parlava in apertura. Esse riguardano soprattutto i rapporti a tre israelo-giordano-palestinesi, il ruolo della Siria, quello dei gruppi radicali e, infine, le prospettive che si aprono per il futuro status di Gerusalemme. Anni addietro con l’espressione «opzione giordana» ci si intendeva riferire a una scelta politica compiuta dai laburisti israeliani che voleva vedere nella Giordania e non già nell’OLP l’unico legittimo rappresentante del popolo palestinese. È ovvio che, rispetto a quei tempi, la situazione è profondamente mutata; a testimoniarlo basta. il fatto che la firma della pace con Hussein è stata preceduta dal riconoscimento reciproco Israele-0LP (cf. Regno-att. 18,1993,527; Regno-doc. 19,1993,640); ma è altrettanto vero che qualche osservatore, non a torto, l’ha voluta richiamare in relazione alla sigla del trattato di pace israelo-giordano, per indicare che quest’ultimo tende senza dubbio a ridimensionare il ruolo autonomo e propositivo che può svolgere l’OLP. Non per nulla Arafat non solo non era presente alla firma di un trattato, giudicato, tra l’altro in modo assai negativo anche dal presidente siriano Assad, ma ha espresso la generale preoccupazione che si avverte in proposito tra i palestinesi. Per quanto non sia più stato toccato il livello tragico del 1970 (il settembre nero), in cui lo scontro tra lo truppe di Hussein e i palestinesi provocò diecimila morti, non si deve dimenticare che i rapporti tra l’OLP e la Giordania sono sempre stati assai delicati e spesso tesi (va ricordato che circa il 60% della popolazione del regno hashemita è di origine palestinese).

Le trattative con la Siria, dal loro canto, si presentano particolarmente complesse e lo stesso viaggio del presidente Clinton non ha portato in questo settore al raggiungimento di risultati pubblicamente evidenti. I termini del confronto si polarizzano attorno al Golan (il territorio sottratto da Israele alla Siria nel ‘67). Il Golan non è il Sinai, ovverosia se sul fronte con l’Egitto gli spazi territoriali sono ampi, su quello siriano essi sono invece assai ristretti dell’ordine di poche decine di kilometri, perciò, per entrambe le parti, il possesso dcl Golan gioca un ruolo strategico fondamentale. Pur indebolito dal crollo di una potenza, l’Urss, che garantiva ai siriani un credito illimitato, l’esercito di Assad resta tuttora imponente (300 mila uomini, 4000 carri armati, arsenali missilistici, ecc.) e di ciò si devc per forza tener conto nel trattare la pace. Con tutto ciò il clima e le condizioni. profondamente nuove presenti nella regione porteranno certamente, a tempi non lunghi, alla firma di un «incompleto», trattato di pace tra Israele e Siria.

Hamas e l’intifada
L’ondata terroristica, culminata nel gravissimo attentato di Tel Aviv del 19 ottobre u.s., rivendicato da Hamas, era stata ampiamente prevista. La sua gravità è stata però eccezionale e ha indotto Israele a prendere misure particolarmente severe, a iniziare dal blocco a tempo indeterminato dell’accesso dei lavoratori provenienti dalla striscia di Gaza, misura destinata inevitabilmente a peggiorare una situazione economica già assai precaria e contraddistinta da tassi di disoccupazione assai elevati. In alcune sue dichiarazioni rilasciato alla rivista Time (del 7.1l.1994) un leader di Hamas ha affermato che il suo movimento è ormai assai radicato nella popolazione, cosicché esso è ampiamente in grado di sopravvivere all’eventuale eliminazione di alcuni dei suoi capi. Il punto non è effimero, se gli interventi repressivi e altri fattori congiunturali (compresa l’inadeguatezza dell’OLP a garantire l’ordine pubblico dei territori con il connesso rischio di un intervento diretto israeliano) renderanno effettivamente profonde le radici popolari di Hamas, allora l’intero quadro subirebbe modifiche di non poco conto. La via degli attentati provoca lutti e tensioni, ma non ha mai dimostrato di saper condurre a uno sbocco politico significativo e non solo in Medioriente). Diverso il discorso da farsi per l’intifada, la quale, come ogni movimento veramente popolare, ha dato prova di avere effettive e concrete ripercussioni politiche. C’è qualche prospettiva reale di una riedizione dell’intifada guidata da Hamas, cioè di un rivolta popolare anti Israele e anti OLP? Si tratta di una domanda a cui non sappiamo rispondere né in un senso, né in un altro, ma di cui si può difendere almeno la legittimità.

In relazione a Gerusalemme
In relazione a Gerusalemme gli ultimi avvenimenti e alcune clausole dello stesso trattato di pace, segnatamente quella che prevede un particolare ruolo giordano nella tutela dei luoghi santi musulmani (cf. Regno-doc. 17,1994,555), hanno posto oggettivamente la Giordania in una posizione di vantaggio rispetto all’OLP, in relazione all’inizio delle trattative in materia previsto per il 1996. Un recente episodio, pur in se stesso non particolarmente rilevante, è ugualmente sintomatico rispetto a una concorrenzialità giordano-palestinese nei confronti di Gerusalemme e in particolare della tutela islamica di quella specialissima città: «Dopo la morte del vecchio muftì della città santa, per la prima volta nella sua storia, Gerusalemme musulmana ha due gran muftì. L’uno è stato nominato, domenica, dal re di Giordania Hussein nella sua qualità di discendente diretto del Profeta e di custode dei luoghi santi. L’altro è stato designato lo stesso giorno da Yasser Arafat nella sua qualità di futuro presidente dello stato palestinese con capitale Gerusalemme» (Le Monde, 15.10.1994, 3). Dal canto suo, parlando più in generale, un vecchio notabile arabo di Gerusalemme est ha espresso questo pessimistico parere: «Si vogliono spartire la sovranità che è nostra: agli israeliani i nostri territori, ai giordani i nostri diritti politici ed economici».


articolo tratto da Il Regno logo

Footer

A cura di Caritas Italiana (tel. +39 06 66177001 - fax +39 06 66177602 - e-mail comunicazione@caritasitaliana.it) e Pax Christi (tel. +39 055 2020375 - fax +39 055 2020608 - e-mail info@paxchristi.it)