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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Mauro Pesce

Isolare i fondamentalismi

Fonte: "Il Regno" n. 12 del 1996

La revisione dell'atteggiamento cattolico nei riguardi dell'ebraismo e degli ebrei ha attraversato dopo la seconda guerra mondiale diversi momenti.

Una prima fase ha avuto come obiettivo quello di rendere legittima e doverosa, nella chiesa, la critica alle più importanti basi teologiche dell'antisemitismo. Questa fase raggiunge un suo esito significativo con la dichiarazione Nostra aetate (n. 4; EV 1/861ss) del concilio Vaticano II (1965).

La seconda fase è consistita nell'approfondimento della revisione teologica e nell'elaborazione di una teologia cristiana che avesse una visione positiva dell'ebraismo. Questa fase non è affatto conclusa e deve essere ancora ulteriormente approfondita, ma ha già raggiunto risultati apprezzabili con una serie di documenti quali gli Orientamenti e suggerimenti per l'applicazione della dichiarazione Nostra aetate, del 1974 (EV 5/772ss), i sussidi del Segretariato per l'unione dei cristiani Ebrei ed ebraismo nella predicazione e nella catechesi della chiesa cattolica del 1985 (EV 9/1615ss), i paragrafi del Catechismo della chiesa cattolica relativi agli ebrei e all'ebraismo (1991). Di questa seconda fase fa parte integrante anche la trasformazione dell'atteggiamento politico della chiesa cattolica, nei suoi vertici diplomatici. Lentamente, infatti, la Santa Sede è pervenuta in questa seconda fase a cambiare nettamente posizione. Da un atteggiamento di sostanziale sospetto verso la nascita dello Stato di Israele (1948) è pervenuta nel 1993 al suo riconoscimento ufficiale e cioè all'instaurazione di relazioni diplomatiche piene e alla firma di un accordo che equivale in pratica a un concordato di principio. Con il riconoscimento dello Stato di Israele e con la nuova teologia positiva sugli ebrei e sull'ebraismo si è sancita ufficialmente la fine dell'antisemitismo cattolico e la fine dell'antiebraismo e antisemitismo teologico.

L'antisemitismo cristiano
Negli anni recenti, tuttavia, si è manifestata in Europa (sia a est che a ovest) la rinascita del razzismo e dell'antisemitismo e il riaccendersi attivo degli odi e delle guerre tra popoli e etnie. Ciò richiede che il dialogo ebraico-cristiano si dedichi alla diffusione nella base delle idee che la teologia ufficiale ha elaborato. Ciò esige una forza e un'intensità maggiore di prima e strumenti in grado di raggiungere grandi masse. Ma tutto questo non è possibile – ed è qui che vorrei attirare in modo speciale l'attenzione – senza una divulgazione massiccia della storia dell'antiebraismo cristiano. È oggi assolutamente necessario diffondere nella popolazione cristiana la consapevolezza che la responsabilità della situazione drammatica di oggi, sia in Europa che in Medio Oriente, ricade sui cristiani di ieri e sul loro secolare e terribile antisemitismo. La storia dell'antisemitismo cristiano è troppo poco nota nella base cattolica. E anzi, l'attuale apertura teologica positiva verso gli ebrei può indurre molti cristiani in un errore di prospettiva, in quanto può avere l'effetto – certamente non voluto – di una cancellazione della memoria storica. In altre parole la nuova teologia che presenta in modo non ostile gli ebrei e l'ebraismo può fare pensare a molti che questa teologia sia sempre stata diffusa nelle chiese. Mentre invece essa è frutto di un ripensamento critico molto recente.

La prima tesi che propongo è perciò che solo una diffusione capillare nella base cattolica della storia dell'antiebraismo e dell'antisemitismo cristiano può creare le condizioni per un contributo reale dei cattolici alla pace in Medio Oriente e per una lotta efficace contro l'antisemitismo e il razzismo in Europa.

Ma a questo nuovo compito se ne è aggiunto un altro dopo gli accordi di pace tra israeliani e palestinesi: un compito nuovo e molto più difficile. Gli ostacoli sul cammino della pace vengono ora anche dai fondamentalismi.

Dal momento dell'accordo i fondamentalismi si sono scatenati da ambedue le parti. L'eccidio di Hebron e l'assassinio di Rabin hanno portato allo scoperto una corrente di fanatismo religioso ebraico. Il terrorismo islamico-palestinese dimostra l'esistenza di forti correnti religiose violente, fanatiche e fondamentaliste che hanno somiglianze con quelle che si manifestano in Algeria e in altri paesi arabi.

Da questo punto di vista credo che ci dovremmo impegnare in convegni e incontri di informazione e analisi critica dei cosiddetti fondamentalismi. Indagine conoscitiva, ricerca storica, spiegazione dal punto di vista delle scienze sociali, critica teologica, sono aspetti diversi di questo compito. Credo che tutto il dialogo ebraico-cristiano si approfondirebbe notevolmente e forse uscirebbe da strade troppo battute e in ultima analisi ormai un po' sterili (anche se bisogna continuare a diffondere i risultati ottenuti, come anche sopra ribadivo).

Credo anche che sia necessario spingere i centri islamici operanti in Italia a prendere una chiara posizione contro le basi religiose dei movimenti terroristici palestinesi. I centri islamici operanti in Italia hanno l'obbligo di chiarire ai membri del paese in cui vivono la propria posizione. E noi con la delicatezza e la franchezza necessarie, abbiamo il dovere di non lasciare crescere anche in Italia atteggiamenti di intolleranza. Forse l'unica cosa concreta che possiamo realmente fare qui in Italia è quella di contribuire a creare il vuoto attorno al terrorismo religioso islamico, ma anche di alcune frange ebraiche. Questo vuoto si crea solo se le autorità religiose condannano in base ai propri principi religiosi il terrorismo che si giustifica religiosamente.

Propongo perciò di creare iniziative in questo duplice senso: a) mettere in atto colloqui sull'analisi del fondamentalismo religioso che si esprime in violenza politica e militare; b) chiedere ai centri islamici italiani, con lettere di gruppi e di singoli o con incontri, di esprimere una condanna chiara del terrorismo religioso islamico.

Questo non può essere fatto senza una forte autocritica da parte nostra e perciò sarà necessario accompagnare queste iniziative con una rinnovata denuncia della storia dell'antisemitismo cristiano, del colonialismo cristiano anti-arabo e del razzismo anti-arabo italiano attuale. Sarà anche necessario dare ampia pubblicità alle critiche che diversi rappresentanti del rabbinato hanno fatto alle frange terroristiche religiose israeliane.

Le critiche religiose musulmane e ebraiche ai terrorismi religiosi ebraici e islamici sono necessarie per due motivi principali: sia per isolare i gruppi terroristici, sia per evitare che la parte meno illuminata dell'opinione pubblica approfitti degli eventi terroristici per rafforzare i propri pregiudizi anti-islamici e anti-ebraici.

articolo tratto da Il Regno logo

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