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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Piero Stefani

Al cuore del conflitto Gerusalemme

Fonte: "Il Regno" n. 20 del 1998

Comincia il negoziato sullo status finale di Gerusalemme.
Le preoccupazioni della Santa Sede, le denunce della chiesa locale.
Sullo sfondo la pace difficile tra israeliani e palestinesi.
La supervisione esclusiva degli Stati Uniti.



Sull'intensificarsi dell'attenzione ecclesiale per Gerusalemme un peso non trascurabile è costituito dall'ormai prossimo grande giubileo del 2000. Naturalmente questa data non è il solo fattore che giustifichi un interesse restato sempre alto anche in passato e che, specie per le chiese locali, è connesso a condizioni di vita quotidiana sempre più difficili. Tuttavia la scadenza giubilare e il ruolo riservato in essa a Gerusalemme (cf. Tertio millennio adveniente, n. 53; EV 14/1808) sembrano agire da forte cassa di risonanza di tale antica questione.

Già alla fine del 1994 (cioè dopo avvenimenti decisivi come l'Accordo fondamentale tra Santa Sede e Stato d'Israele; cf. Regno-doc. 3,1994,81) dodici responsabili delle comunità cristiane di Gerusalemme redassero un Memorandum che, oltre a rivendicare il diritto di proprietà e di custodia e di culto conquistati dalle diverse chiese nel corso della storia, richiedeva uno "statuto speciale per Gerusalemme", l'unico, secondo il documento, in grado di soddisfare sia le aspirazioni nazionali di israeliani e palestinesi, sia di tutelare il carattere di città santa a ebrei, cristiani e musulmani (Regno-doc. 1,1995,21).

Due popoli, tre religioni, una città

Due recenti iniziative, rispettivamente un documento e un simposio, promosse dal Patriarcato latino di Gerusalemme riprendono, ora, la questione. Lo fanno non per prospettare soluzioni diverse da quelle già indicate: al contrario, esse confermano (o addirittura intensificano) la linea di condotta fin qui assunta. Il testo intitolato "Ricerca la pace e perseguila" (Sal 33,15). Domande e risposte sulla giustizia e la pace nella nostra terra santa è stato firmato dal patriarca latino Michel Sabbah il 15 settembre 1998. Le valutazioni più pregnanti di un documento, peraltro dedicato ai temi della giustizia e della pace relativi all'intera regione, riguardano la valutazione del ruolo chiave assunto dalla "città santa" all'interno della questione mediorientale nel suo complesso: "Allorché la questione di Gerusalemme sarà risolta, il cuore del conflitto sarà risolto (...) Poiché Gerusalemme è al cuore del conflitto, e poiché la maggioranza dei luoghi santi ebraici, cristiani e musulmani si trovano in essa, ciò dona al conflitto una dimensione religiosa" (n. 7).

Molto vigorose sono anche le denunce delle condizioni di ingiustizia a cui è soggetta la popolazione palestinese della città : "Le sofferenze dei palestinesi a Gerusalemme sono numerose: quasi impossibile ottenere permessi di costruzione, a cui si aggiunge la demolizione delle loro case una volta costruite; ritiro della carta d'identità degli abitanti di Gerusalemme e privazione del diritto di risiedervi a causa della loro assenza dalla città per motivi di lavoro, di alloggio o di altro; discriminazione nei servizi municipali; imposizione di un sistema fiscale applicabile alla situazione economica nella società israeliana, ma inadatto al settore palestinese mantenuto in uno stato economico insufficientemente sviluppato, il che fa sì che le imposte divengano causa di rovina per una parte della popolazione, ecc. Tutte queste sofferenze e difficoltà, confrontate alle facilitazioni offerte agli israeliani di origine ebraica, e soprattutto a quelli che non sono neppure nati a Gerusalemme, sono inammissibili" (n. 8).

Quando passa alle prospettive per il futuro, il documento individua la soluzione politica di carattere generale "nel permettere ai palestinesi di godere della propria piena libertà, vale a dire di potersi dare la forma di vita politica che essi vogliono, giungendo fino alla fondazione di un loro stato indipendente (...) Quando i palestinesi godranno della propria sicurezza, gli israeliani avranno anch'essi la sicurezza tanto desiderata" (n. 39). Più in particolare, rispetto a Gerusalemme si afferma che nella città "vi sono due popoli: palestinesi e israeliani, e tre religioni: ebraismo, islam e cristianesimo. Gerusalemme è una città santa. Essa ha a causa di questa santità un carattere peculiare che la distingue da tutte le città del mondo. Per questo, non può rassomigliare nel suo statuto a nessun'altra città o capitale del mondo. Essa esige uno statuto particolare che garantisce il diritto di tutti i suoi abitanti e il diritto delle tre religioni".

Inoltre il suo carattere di santità e la sua speciale connotazione culturale la pongono al di sopra delle guerre e delle ostilità, cosicché il libero accesso deve essere garantito a tutti, "amici o nemici, in tempo di pace o di guerra". Si richiama poi la posizione della Santa Sede nella quale si distinguono, senza separarli, due aspetti in relazione alla questione di Gerusalemme: quello della sovranità e quello della salvaguardia del suo significato religioso e culturale. Per quanto concerne il primo aspetto, è di pertinenza delle due parti, israeliani e palestinesi, trovare una soluzione; resta però il fatto che, in quanto autorità morale, la Santa Sede, tenendo presenti anche la posizione della comunità internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite, si riserva il diritto di esprimere un giudizio sulla giustizia della soluzione eventualmente raggiunta. Per quanto concerne il significato religioso e culturale della città, la S. Sede chiede che "le comunità umane e religiose che vi vivono siano rispettate nella propria identità"; oltre alla libertà di culto e di accesso alla città per tutti i residenti e i pellegrini, si chiede poi l'uguaglianza di trattamento dei membri di tutte le comunità religiose. Per conseguire tale obiettivo "è necessario uno statuto particolare, creato e amministrato dai suoi due popoli, e in seguito riconosciuto e garantito dalla comunità internazionale" (n. 42).

Sovranità senza legittimità

La seconda iniziativa è costituita dal Simposio di presidenti e delegati di conferenze episcopali cattoliche su Gerusalemme promosso dal patriarca Michel Sabbah e svoltosi il 26 e il 27 ottobre 1998 (cioè quando erano appena terminati i colloqui di Wye Plantation; cf. in questo numero a p. 000). Dato il carattere riservato della riflessione condotta in quella sede, sono state resi pubblici solo il discorso di apertura svolto da J.L. Tauran, segretario per i rapporti con gli stati, e un comunicato finale. Mons. Tauran ha ribadito l'inaccettabilità da parte della Santa Sede della distinzione tra "la questione dei luoghi santi e la questione di Gerusalemme": ha negato, cioè, la possibilità di risolvere la questione riferendosi solo a una libertà di accesso garantita dalle autorità israeliane attraverso la semplice "extraterritorialità" dei luoghi santi; infatti la situazione attuale di Gerusalemme è un "caso di manifesta ingiustizia internazionale". In particolare "Gerusalemme est è occupata illegalmente" dallo stato israeliano. "Per trovare una soluzione realistica ai problemi di Gerusalemme" bisogna affrontare un problema politico attraverso colloqui israelo-palestinesi; su questo punto esistono validi motivi di speranza "anche in ragione dell'impegno e degli sforzi di un largo settore della comunità internazionale e in particolare degli Stati Uniti d'America, come hanno dimostrato gli eventi svoltisi nei giorni scorsi a Wye Plantantion".

Per quanto concerne Gerusalemme, "la Santa Sede continua a domandare che essa sia protetta da uno speciale statuto garantito internazionalmente". Ciò comporta che "le caratteristiche storiche e materiali della città, così come le sue caratteristiche religiose e culturali, debbano essere preservate, e forse oggi è necessario parlare di restaurazione e salvaguardia di quelle ancora esistenti". Inoltre ci deve essere uguaglianza di diritti e trattamento per tutto quanto concerne le tre comunità e ci deve essere piena libertà di accesso e di culto ai residenti e pellegrini (cf. L'Osservatore romano 26-27.10.1998, che riporta il testo integrale in inglese).

Tra i testi del Simposio che abbiamo potuto leggere vi è una ricostruzione storico- giuridica proposta da P. Majadi Al Siriani il cui assunto principale, rispetto a Gerusalemme, può riassumersi in questa frase: "Israele detiene la sovranità de facto. Tuttavia, esso non possiede alcun titolo giuridico sulla città, e la sua sovranità de facto non è più che un semplice controllo amministrativo attraverso la forza delle armi". Un intervento, pronunciato in quella stessa sede dal dr. Harry Hagpiani, è, dal suo canto, incentrato sulla denuncia di una serie di ostacoli sulla via della pace: la confisca delle carte di identità e la revoca dei diritti di residenza degli abitanti palestinesi di Gerusalemme; i nuovi insediamenti (o l'ampliamento di quelli esistenti) in Cisgiordania e a Gaza; la demolizione di case palestinesi in Cisgiordania; l'impatto negativo della chiusura dei territori sull'economia palestinese; le sperequazioni nella distribuzione dell'acqua.

Allo stato attuale, la possibilità che le prospettive qui avanzate per la soluzione del problema di Gerusalemme siano accolte da parte israeliana è pressoché nulla. Gerusalemme, secondo la formula della legge votata dalla Knesset nel 1980, è capitale "eterna e indivisibile " dello Stato d'Israele e su questo punto l'opinione pubblica israeliana appare compatta. I recentissimi accordi firmati con i palestinesi impegnano le parti a concludere i colloqui su Gerusalemme entro il maggio 1999 (secondo gli accordi di Oslo dovevano però iniziare nel maggio 1996); tuttavia non è affatto agevole individuare su quali linee essi potranno evolversi in modo positivo. Più facile è, invece, prevedere che nei prossimi mesi i rapporti tra la municipalità gerosolimitana e alcune componenti cristiane della città diventeranno ancor più tesi.

Particolarmente delicate sono le relazioni tra le autorità cittadine e la Custodia francescana della Terra santa. Al riguardo, in una recente intervista, il vicesindaco di Gerusalemme, David Cassuto, si è così espresso: "A questo proposito non va sottaciuto l'atteggiamento ostile dei francescani. Scoraggiano la visita ai musei affermandone la chiusura per scarsità di visitatori. Ai pellegrini che chiedono di visitare Gerusalemme ebraica rispondono che il coprifuoco (immaginario) impedisce visite nelle ore serali (...) I francescani mostrano di non accettare la visione del papa, un uomo dal coraggio eccezionale. Da noi, purtroppo, sono ancora molti i sostenitori di un cattolicesimo duro e retrivo (...) Qui si parla ancora degli ebrei come di un popolo che non è degno di continuare a esistere" (Esodo [1998]3, 50-51). Ancora una volta, trovare le vie della pace in un città che per molti ne rappresenta il simbolo più alto(cf. Regno-att. 16,1992,514; Regno-att. 12,1995,325) è impresa tra le più ardue


articolo tratto da Il Regno logo

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