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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Patriarchi e capi delle chiese di Gerusalemme

Anno Santo in Terra Santa

Fonte: "Il Regno" n. 1 del 2000

Messaggio dei patriarchi


Diletti fratelli e figli,

1. A voi "grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro" (2Tm 1,2). Vi abbiamo rivolto il nostro primo messaggio nel 1995, per prepararci ad accogliere la grazia del Grande giubileo del mistero dell'incarnazione e della nascita di Gesù Cristo, nostro Signore e Dio. Oggi, vi rivolgiamo questo messaggio in occasione della nostra comune celebrazione dell'apertura dell'anno di grazia e del giubileo a Betlemme. Rivolgiamo questo messaggio anche a tutto il mondo che volge lo sguardo verso la nostra Terra santa e verso le nostre Chiese, e vi vede l'immagine della prima Chiesa dalla quale è partita la buona novella verso il mondo intero.

Il mistero dell'incarnazione del Verbo di Dio

2. Il messaggio dell'anno 2000 ci invita a incentrare la nostra riflessione sull'essenza del giubileo e sul suo principale significato, cioè l'anniversario del mistero dell'incarnazione del Verbo eterno di Dio nella nostra Terra santa. Giovanni dice: "In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,1.14). Paolo afferma: nella pienezza dei tempi Dio, nella sua saggezza e bontà infinita, ha voluto farci "conoscere il mistero della sua volontà" (Ef 1,9). Dio "ha parlato a noi per mezzo del Figlio... che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza" (Eb 1,2.3). Nato sotto la legge, divenuto "in tutto simile a noi, escluso il peccato" (cf. Eb 4,15), egli ci ha liberati dal peccato, riconciliati con Dio e ci ha dato "il potere di diventare figli di Dio" (Gv 1,12). Questo è il primo fondamentale significato di tutte le celebrazioni dell'anno 2000: prostrarci in adorazione davanti al mistero di Dio e davanti al mistero del perdono e della riconciliazione che Dio ci ha concesso, rendendoci capaci di liberarci da ogni male esistente in noi e attorno a noi.

Il grande giubileo

3. Cristiani della Terra santa, Dio ci ha concesso la grazia di poter rimanere, nelle difficoltà e vicissitudini della storia, suoi testimoni nella sua terra che è la nostra. Abbiamo perseverato e abbiamo circondato con le nostre preghiere, le nostre speranze e le nostre sofferenze i luoghi che egli ha santificato con la sua nascita, la sua passione, la sua morte e la sua gloriosa risurrezione. Oggi, ci concede la grande grazia di poter celebrare insieme, nei luoghi stessi della sua nascita e in tutti i luoghi santi, testimoni della salvezza, l'anniversario bimillenario della sua incarnazione. Questo è un privilegio e una grande responsabilità al tempo stesso.

Nella Bibbia, il giubileo comporta il ritorno dell'uomo e del creato al suo Creatore. Di qui l'annullamento dei diversi vincoli umani e la liberazione dell'uomo e della terra da ogni forma di alienazione e di servitù: "Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi ritornerà nella sua proprietà" (Lv 25,10). Il riscatto significa la liberazione dell'uomo dalla schiavitù e dall'oppressione del suo fratello, ma anche la liberazione dalla sua propria schiavitù, dal peccato e da tutto il male che porta dentro di sé.

I versetti di Isaia (61,1-2) letti da Gesù nella sinagoga di Nazaret e applicati a se stesso hanno lo stesso significato: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19). Poi ha aggiunto: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi" (Lc 4,21). Durante l'anno 2000 noi mediteremo questi versetti ed essi ci guideranno verso la vera libertà, la libertà che serve i poveri, i prigionieri, i ciechi e gli oppressi.

Come celebrare il giubileo e rispondere alla grazia di Dio?

4. Il giubileo ci invita, anzitutto, a restere in continua conversazione con Dio, a portare davanti a lui i nostri sforzi e le nostre fatiche. Noi ascoltiamo Dio: "Ascolta, terra, perché il Signore dice" (Is 1,2) e Dio ci ascolta e ci esaudisce: "Lo invocherai e il Signore ti risponderà" (Is 58,9). Prestiamo orecchio a ciò che egli ci dice nella persona del suo Verbo fatto uomo: conosceremo meglio la nostra fede e continueremo il nostro cammino attraverso le difficoltà della nostra vita quotidiana.

Il giubileo ci invita, in secondo luogo, alla conversione: distoglierci dai nostri peccati e volgerci a Dio. Il primo passo è riconoscere che siamo peccatori e avere il coraggio di chiedere perdono a Dio e gli uni agli altri. La misericordia di Dio è grande e supera ogni comprensione. Egli è colui che perdona e ha pietà di tutti coloro che lo invocano e ritornano a lui, poiché "della sua grazia è piena la terra" (Sal 33,5). Ma nella preghiera che il Signore ci ha insegnato il perdono di Dio esige che noi perdoniamo a nostri fratelli e alle nostre sorelle: "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori" (Mt 6,12). Chi non perdona ai propri fratelli e alle proprie sorelle si priva da solo del perdono di Dio.

D'altra parte, Dio ci chiede di riconoscere onestamente e lealmente di non aver conservato perfettamente, lungo il nostro pellegrinaggio in questa Terra santa, "l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (cf. Ef 4,3) e di aver obbedito imperfettamente alla preghiera fatta dal Salvatore all'ultima cena: "Tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21). Ognuno ha preso la sua strada, solo, come se il Cristo fosse diviso (cf. 1Cor 1,13). Siamo diventati estranei gli uni agli altri, anzi a volte persino rivali.

In questi giorni, Dio ha avvicinato i nostri cuori: non vogliamo restare imprigionati nei nostri errori e peccati passati. Non vogliamo fermarci su avvenimenti o memorie dolorose per auto-giustificarci o rimproverare i nostri fratelli. Oggi, chiediamo a Dio di riempirci della sua misericordia e della sua clemenza, di donarci la grazia di rileggere insieme la nostra storia passata e di concederci più amore e unità nella nostra vita attuale, per essere "in perfetta unione di pensieri e d’intenti" (1Cor 1,10).

Grazie alla fede nello stesso Gesù Cristo, oggi esiste fra di noi una comunione reale benché imperfetta. Aspiriamo a diventare e ad apparire un giorno ciò che siamo realmente: un solo corpo di Cristo (cf. Rm 12,5; 1Cor 12,27), la stessa casa di Dio (cf. Ef 2,19), l'unico tempio (cf. 1Cor 3,16; 2Cor 6,16; Ef 2,21), l'unica comunione con Gesù Cristo nostro Signore e la stessa Chiesa che confessiamo nel simbolo della fede: "Una, santa, cattolica e apostolica".

La nostra presenza cristiana è una testimonianza

5. Abbiamo bisogno dell'unione dei cuori affinché la nostra presenza cristiana sia un'autentica testimonianza resa al messaggio che portiamo, una testimonianza resa a Gesù Cristo, al suo insegnamento, alla salvezza e alla riconciliazione che egli ci ha donato. Abbiamo bisogno dell'unione dei cuori per contribuire all'edificazione delle nostre società insieme a tutti i nostri fratelli e a tutte le nostre sorelle. Abbiamo bisogno dell'unione dei cuori per poter dire una stessa parola ai nostri fedeli. Così fortificheremo la loro fede, ravviveremo la loro speranza nella fedeltà di ognuno alla sua Chiesa e di tutti insieme alla loro terra e alla loro unica missione in una patria comune a tutti. Abbiamo bisogno dell'unione dei cuori per realizzare tutti i nostri progetti al servizio di tutti i nostri figli senza discriminazione, per coordinare questi progetti e aiutarci a realizzarli, pur invitando ciascuno a restare fedele alla sua Chiesa e a tutte le sue tradizioni.

Questa è la nostra missione e la nostra identità nelle nostre società. In Palestina, in Giordania e in tutti i paesi arabi, siamo chiamati a vivere in una società araba cristiana e musulmana. In Israele siamo chiamati a vivere in una società nella quale coesistono ebrei, cristiani, musulmani e drusi. Questa è la volontà di Dio per noi: vivere da cristiani qui, ed essere parte integrante delle nostre società, e non vivere da stranieri o portando nella nostra anima l'alienazione dell'emigrazione. La nostra vocazione consiste nell’essere cristiani qui e non in un'altra parte del mondo. Con tutti coloro che attendono in questo paese, noi abbiamo pazienza e sopportiamo ogni difficoltà per assicurare una vita degna per noi e per tutti. Non dobbiamo lasciarci prendere dalla paura o dallo sgomento non appena si presenta un problema. In presenza di qualsiasi problema noi restiamo saldi con la forza dello Spirito di Dio e con la forza del suo amore. Collaboreremo con ogni uomo di buona volontà per fare il bene e bloccare ogni forma di male, generale o particolare, che possa colpire la società o gli individui. La vita nel terzo millennio ci chiede una riflessione profonda e una maggiore coscienza della nostra identità e della nostra missione, per accettare ciò che Dio vuole per noi oggi e domani nella nostra Terra santa.

Il processo di pace

6. Nel processo di pace noi siamo operatori di giustizia e di pace. Nostro Signore Gesù Cristo dice: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). Con la giustizia e la pace, noi siamo ambasciatori della riconciliazione nelle nostre società, come afferma Paolo: "Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor 5,20). E tuttavia continuiamo a vivere in una situazione di conflitto. Persiste un'instabilità generale, politica, economica e sociale, con tutto ciò che essa comporta di ingiustizie, limitazione della libertà di movimento, oppressione e corruzione. La riconciliazione a cui invitiamo i nostri fedeli e le nostre società deve basarsi sulla giustizia, sull'uguaglianza dei diritti e dei doveri, e sul rispetto della dignità umana di ogni persona e di ogni popolo.

Gerusalemme è il cuore del conflitto o della pace. La nostra visione consiste nella possibilità per i suoi due popoli e i fedeli delle tre religioni che vi abitano di godere della stessa sovranità, degli stessi diritti e degli stessi doveri, e nell'adozione di uno statuto speciale per Gerusalemme che garantisca la sua santità e tutti i diritti storici delle Chiese e dei credenti che vivono in essa o che la visitano per il pellegrinaggio, per santificarsi o per abitarvi. Con tutti i credenti, ebrei, cristiani e musulmani, noi camminiamo insieme, in un comune pellegrinaggio, verso la pace scaturita da questa terra, al fine di compiere la giustizia e il diritto (cf. Gen 18,19) e riempire la terra di giustizia e di pace.

7. All'inizio delle nostre celebrazioni della nascita di nostro Signore Gesù Cristo, a Betlemme, dove essa è avvenuta 2000 anni fa, rivolgiamo un saluto sincero a tutti i nostri fratelli musulmani in Palestina, Giordania e Israele e in tutti i nostri paesi arabi: Dio ha voluto che noi fossimo insieme e ci nutrissimo di una stessa civiltà, che si nutre a sua volta di due religioni, quella cristiana e quella musulmana. Insieme costruiamo, insieme siamo giusti gli uni verso gli altri, insieme operiamo, con un sol cuore e una sola mano, rispettando ognuno la dignità e i sentimenti del proprio fratello. Cominceremo così un nuovo periodo della nostra storia fondata sulla fede in Dio e sul rispetto di tutte le creature di Dio.

Rivolgiamo il nostro saluto sincero al popolo ebraico. Oggi combattiamo entrambi la battaglia della giustizia e della pace. In passato, a partire dal VII secolo, abbiamo vissuto una storia comune, ebrei, musulmani e cristiani. Insieme, ebrei, musulmani e cristiani, condividiamo la stessa fede di Abramo, padre dei profeti. Il conflitto fra arabi ed ebrei è cominciato solo all'inizio di questo secolo. Oggi siamo chiamati a cercare insieme ciò che significa giustizia e pace per noi tutti. Oggi la nostra storia è nelle nostre mani e noi la facciamo in base alla nostra risposta al messaggio del Natale cantato dagli angeli nel cielo della nostra terra: "Gloria a Dio e pace in terra agli uomini di buona volontà".

Una Chiesa che accoglie

8. Il nostro messaggio si rivolge, infine, al mondo e ai pellegrini che vengono alle nostre Chiese. La Chiesa di Gerusalemme apre le proprie braccia a tutte le Chiese. Qui, tutti insieme, noi accogliamo tutti coloro che giungono come pellegrini in questa nostra terra; li circondiamo della nostra venerazione e siamo felici di accoglierli. E questo perché Gerusalemme è la madre delle Chiese e "il luogo delle radici sempre vive e fonte continua di nutrimento. Ogni cristiano nasce a Gerusalemme" (Memorandum dei responsabili delle comunità cristiane, 14.11.1994, n. 9; Regno-doc. 1,1995,21).

Durante l'anno giubilare, molti pellegrini verranno in Terra santa a cercare le sorgenti dello Spirito e della fede. Essi sperano di trovarvi nutrimento non solo attraverso le loro visite e le loro preghiere nei luoghi santi, ma anche e soprattutto attraverso la condivisione della preghiera delle comunità cristiane locali e della loro testimonianza, poiché è mediante "le pietre vive che rivivono i luoghi santi archeologici" (ibid.). Noi li accoglieremo e condivideremo il rinnovamento della loro fede e del loro cammino verso il perdono nella nostra terra, che Dio ha voluto fosse una terra di perdono e di riconciliazione con lui stesso e fra gli uomini. Offriremo loro la costanza della nostra fede nelle difficoltà e trarremo profitto dall'esempio della loro fede. Offriremo loro l'esempio del nostro amore e dell'unità dei nostri cuori; essi scopriranno così il mistero di Dio e della sua grazia nei luoghi santi e nei templi vivi che noi siamo.

Conclusione

9. Il nostro messaggio alle nostre Chiese e al mondo è un messaggio di fede, speranza e carità. Un messaggio che invita a rinsaldare i vincoli dell'amore fra le nostre diverse Chiese e le famiglie delle Chiese cui noi apparteniamo e che sono sparse nel mondo. Il nostro messaggio è un messaggio spirituale al mondo e a tutti i nostri fedeli in Palestina, in Israele, in Giordania e in tutti i paesi arabi, un messaggio che noi rivolgiamo loro da Betlemme, la città della nascita del principe della pace, nostro Signore e Dio Gesù Cristo, Verbo eterno di Dio: possiamo vivere tutti nella giustizia e nella pace!

La celebrazione del grande giubileo ci invita a intensificare i nostri sforzi in questa Terra santa, affinché le nostre Chiese restino fedeli alla loro vocazione e alla loro missione e i nostri fedeli restino attaccati alla loro fede, alla loro libertà e alle loro aspirazioni in tempi che diventano di giorno in giorno più difficili. Dio ci ha chiamati a una vita difficile, a una continua battaglia spirituale contro noi stessi e contro ogni manifestazione del male e dell'oppressione. Ma Dio è fedele: se restiamo con lui, egli resterà con noi. Non lasciamoci prendere dal turbamento e dalla paura. Gesù dice: "Abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!" (Gv 16,33).

Chiediamo a Dio, per l'intercessione della vergine Maria, la tutta pura, che il prossimo anno sia un anno di grazia e di bontà, un tempo di libertà e di nuova dignità, con la benedizione di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, un solo Dio. Amen.

Betlemme, 4 dicembre 1999

Diodoros I, patriarca di Gerusalemme per i greci ortodossi
Michel Sabbah, patriarca di Gerusalemme per il latini
Torkom Manoogian, patriarca di Gerusalemme per gli armeni ortodossi
Giovanni Battistelli ofm, custode della Terra santa
Abraham, arcivescovo copto ortodosso
Saverius Mourad, arcivescovo siro ortodosso
Gabriel, arcivescovo etiopico ortodosso
Riyah Abu-l Asal, vescovo anglicano
Lutfi Lahham, vicario patriarcale per i greco-melkiti cattolici
Paul Sayyah, vicario patriarcale per i maroniti
André Bedoghlian, vicario patriarcale per gli armeni cattolici
Grégoire Boutros Abdel-Ahad, vicario patriarcale per i siri cattolici
Mounib Younan, vescovo luterano

articolo tratto da Il Regno logo

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