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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Conferenza episcopale della Repubblica Democratica del Congo

Perché avere paura? Il futuro del Congo dipende dal suo popolo

Messaggio che i vescovi della Repubblica democratica del Congo rivolgono “ai fedeli e agli uomini di buona volontà” in occasione del 45° anniversario dell’Indipendenza del Paese.


Preambolo:

1. Noi, arcivescovi, vescovi e amministratori diocesani, membri della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco), riuniti dal 20 al 22 giugno 2005 in assemblea plenaria straordinaria, vi rivolgiamo questo messaggio sulla situazione attuale, caratterizzata dall’angoscia del nostro popolo in questo periodo cruciale della transizione politica nel nostro Paese. La nostra coscienza di pastori e cittadini ci spinge a difendere la dignità della persona umana creata a immagine di Dio. Di fatto, i nostri compatrioti si confrontano con l’incertezza del domani, l’insicurezza crescente e la miseria intollerabile. Pertanto, 45 anni dopo il riconoscimento della sovranità al nostro Paese, crediamo che il nostro popolo non meriti di continuare a portare questo grave fardello.

Per una valutazione senza compiacimenti della transizione

2. Con il nostro messaggio del 14 febbraio 2004, avevamo già denunciato la lentezza e la volontà deliberata di prolungare la transizione, al momento della creazione delle istituzioni della Repubblica. Tuttavia, segnaliamo alcuni fatti rilevanti che hanno segnato la vita politica negli ultimi mesi. Si tratta della promulgazione della Costituzione di transizione, del giuramento e dell’insediamento del capo dello Stato e dei suoi vice; l’insediamento del governo provvisorio, del Parlamento, delle commissioni di sostegno alla democrazia, dei governatori e vice-governatori delle province; il lancio del processo di integrazione e ristrutturazione delle forze armate e della polizia, l’applicazione di alcuni programmi sociali ed economici con l’appoggio di partner esteri, l’adozione di alcune leggi da parte del Parlamento, del progetto di Costituzione della terza Repubblica; l’accelerazione, precipitosa, del processo elettorale da parte della Commissione elettorale indipendente...La strada da percorrere è ancora lunga, ma qualche progresso dimostra che è possibile portare la Repubblica democratica del Congo alla democrazia. Al contrario, la legge di amnistia che avrebbe potuto dissipare il clima socio-politico e la dichiarazione solenne della fine della guerra (1998-2003) tra i belligeranti tardano ad arrivare.

3. Di fronte alle sfide attuali, il popolo ha bisogno di essere rassicurato. Esige una valutazione senza compiacimenti delle istituzioni in merito ai cinque obiettivi fissati dalla transizione. In questa prospettiva, è importante esporre le vere ragioni delle nostre successive e interminabili crisi che hanno stretto il Congo, il nostro Paese, in un circolo vizioso. Bisognerà inoltre spiegare al popolo perché le elezioni non sono state organizzate nel periodo previsto dalla Costituzione (art. 196, cap. I). É utile che i responsabili della lentezza del processo siano individuati e che vengano applicate loro sanzioni appropriate. Si impone questa valutazione rigorosa; permetterà di ridare fiducia ai cittadini durante il periodo di attesa (prolungamento) chiesto e ottenuto dalla Commissione elettorale indipendente al Parlamento; potrebbe dare nuovo impulso alla transizione.

4. Per noi, lo ‘schema 1+4’ (un presidente e 4 vice-, ndr), che avevamo considerato dall’inizio come portatore di germi di conflittualità, così come la logica delle parti, la mancanza di volontà politica, la sete di potere da parte del potere, e il non rispetto del testi legislativi, paralizzano l’unità nazionale. Il funzionamento delle istituzioni di transizione ne è stato danneggiato perché queste sono diventate casse di risonanza dei vari gruppi politici e un trampolino per la campagna elettorale. Dal nostro punto di vista, la crisi di legittimità ricorrente nel nostro Paese non potrà essere risolta che con l’instaurazione di uno Stato di diritto e di un nuovo ordine istituzionale uscito dalle urne.

5. Quanto al processo di integrazione delle forze armate e della polizia, prosegue senza grandi progressi. Oltre alle mancanze sul piano logistico, affronta ostacoli identitari e partigiani. La divisione verticale e orizzontale delle responsabilità in questo settore è una sfida ancora maggiore. Gli ex-combattenti continuano a mantenere un certo mistero sugli uomini un tempo ai loro comandi. Sembra che alcuni hanno addirittura aumentato i loro rifornimenti di armi e munizioni grazie ai vantaggi che offre loro la relativa calma della transizione. In questa logica, il Programma nazionale di disarmo, smobilitazione e reinserimento (Ddr) fatica a procedere. È caratterizzato da una burocrazia che fa sì che i risultati sul terreno siano minimi, se non del tutto ininfluenti. Inoltre, qualche focolaio di tensione alimentato da mani invisibili per ragioni inconfessabili, soprattutto nell’est del Paese, dove condanniamo la violenza armata le cui vittime non sono solo i combattenti o gli elementi della Monuc (la missione Onu in ex-Zaire), ma soprattutto le popolazioni civili. Su questo aspetto, in occasione del 45° anniversario dell’indipendenza, la popolazione ha assolutamente bisogno di essere rassicurata.

6. Deploriamo il fatto che al 30 giugno 2005, le elezioni non avranno ancora avuto luogo. All’avvicinarsi di questa data storica, una controversia sulla durata della transizione è alimentata in seno alla classe politica tra i principali firmatari dell’Accordo globale e inclusivo, da una parte, e i non-firmatari, dall’altra. Non tutti sembrano essere d’accordo sullo spirito dell’articolo 196 della Costituzione di transizione.

7. Allora, si profila oggi all’orizzonte del 30 giugno 2005 lo spettro di una crisi profonda in Congo. A nostro avviso, questa crisi è provocata dallo scontro tra due posizioni intransigenti: quella di coloro che vogliono un prolungamento automatico della transizione, senza bilanci né sanzioni, contro quella di coloro che esigono la fine della transizione il 30 giugno 2005, brandendo la minaccia della violenza e del caos.

Ragioni per avere paura

8. Di fronte a questi eccessi, la popolazione congolese si è espressa più volte sui limiti della formula attuale (1+4) alla guida dello Stato e sui ritardi della messa a punto del processo elettorale. Ha manifestato la sua delusione nel giugno 2004 in seguito agli avvenimenti di Bukavu e nel gennaio scorso dopo una conferenza della Commissione elettorale indipendente che parlava di un possibile posticipo delle elezioni. La popolazione ha dato un segnale forte che esprime il suo disappunto sul modo in cui la transizione è stata gestita finora. Così pensiamo che sarebbe suicida minimizzare questo malcontento che è durato fin troppo.

9. L’assenza di una visione coerente e di una politica di anticipazione da parte dei governanti ha cristallizzato la crisi attuale che rimette in causa non solo l’Accordo globale e inclusivo ma anche le alleanze nate da questo accordo. Le frustrazioni avvertite da certi attori politici, il malessere sociale (mancato pagamento dei funzionari e degli insegnati, degli stipendi ai militari, inaccessibilità alle cure mediche, difficoltà nei trasporti, il farsi carico delle spese di studio dei figli da parte dei genitori), la mancanza di fiducia della popolazione verso i governanti, la corruzione generalizzata, il saccheggio e la svendita del patrimonio nazionale (soprattutto nel settore forestale e in quello minerario), l’occupazione pura e semplice di parti del territorio nazionale da parte di elementi stranieri, la cultura dell’impunità nelle strutture dello Stato, hanno finito per creare un disagio ben avvertibile ovunque.

10. In questi tempi, l’insicurezza torna a Kinshasa e in altre zone del Paese. Gli omicidi sono diventati frequenti e le violazioni dei diritti umani vengono perpetrate senza che i cittadini siano protetti. Tutto porta a credere che il Paese non è governato. La visibilità dello Stato è appena percettibile.

11. Lo stato d’animo prevalente oggi nella popolazione è marcato dalla paura della violenza armata e delle infiltrazioni di truppe straniere, dei saccheggi e dell’impunità. È la psicosi del 30 giugno 2005. È particolarmente preoccupante che certe persone malintenzionate minaccino i consacrati e i beni della Chiesa. Dobbiamo credere che queste persone intendano privarla delle sue infrastrutture per impedirle di rendere il suo servizio alla popolazione? Noi ricordiamo ugualmente che, nell’esercizio delle sue funzioni, il presidente della Commissione elettorale indipendente (padre Augustin Malu Malu, “accusato” da alcuni di aver rinviato il voto, posticipato in realtà per motivi organizzativi, ndr), pur essendo religioso non rappresenta né impegna la Chiesa cattolica. Che si eviti di continuare a fare confusione sull’argomento.

12. Qualsiasi blocco del processo di transizione, in qualsiasi modo, ritarderà la speranza di organizzare elezioni libere, giuste e affidabili il prima possibile. Ecco perché è imperativo continuare coraggiosamente il processo in corso raddoppiando gli sforzi fino allo svolgimento di elezioni democratiche e credibili.

13. Ecco perché condanniamo ogni atto di violenza, da qualsiasi parte provenga, ed esortiamo tutti a contenersi.

Necessità del dialogo

14. L’apertura delle concertazioni in vista del dialogo tra le forze sociopolitiche significative del Paese diventa imperativo per definire le condizioni e i termini di riferimento del periodo di prolungamento della transizione. Queste potrebbero svolgersi sotto l’egida di un organismo nazionale ‘ad hoc’, in collaborazione con il Comitato d’appoggio alla transizione (Ciat). In vista di queste concertazioni entrerà in funzione un ‘Comitato nazionale multisettoriale di accompagnamento al processo elettorale’, incaricato di assicurare il monitoraggio del processo e svolgere un ruolo di mediazione tra le autorità elettorali e la popolazione.

Raccomandazioni

Punti d’intesa

15. Tenendo conto del dibattito aperto tra forze sociali e politiche:
- la necessità di svolgere le elezioni
- la necessità di stabilire delle priorità per il periodo di proroga della transizione con un’agenda precisa
- la necessità di dare nuovo slancio alle istituzioni della transizione avendo come obiettivo primario le elezioni. Non sarebbe normale che la situazione precedente il 30 giugno 2005 sia la stessa dopo questa data.

Punto sulle elezioni

16. Sebbene non comportino, come per magia, lo sradicamento della miseria del popolo congolese, le elezioni costituiscono un passo importante verso la democrazia e lo sviluppo. Allo stato attuale, è illusorio pretendere di riuscire a superare la terza Repubblica se non riusciamo a uscire dalla transizione. In questa direzione, al posto di discorsi odiosi e di violenza, è urgente organizzare un campagna di sensibilizzazione per spiegare le ragioni della proroga della transizione e presentare a grandi linee un calendario elettorale. La campagna dovrebbe essere condotta dal governo, dalla Commissione elettorale, dalla società civile e i partiti politici. Questi sono tenuti a garantire ai loro sostenitori un’educazione civica ed elettorale e devono evitare a tutti i costi di finanziare la loro campagna con i soldi dello Stato o di ricorrere a imbrogli o alla manipolazione dei cittadini.

17. La pubblicazione di un programma elettorale con una scadenza rigoroso si deve fare in modo consensuale sotto l’egida della Commissione elettorale indipendente (...)

18. Un’altra urgenza è il rafforzamento delle misure di sicurezza da parte del governo. Nel rispetto della legge è chiamato a mettere fine alla violenza, alla criminalità e ad altre forme di insicurezza prima delle elezioni.

19. Per sostenere l’organizzazione delle elezioni e risolvere le questioni sociali pendenti (istruzione, sanità..) deve essere garantita la gestione responsabile delle risorse pubbliche. A questo proposito, è imperativo elaborare un programma sociale d’urgenza per attenuare la misera del nostro popolo.

20. Il proseguimento e l’intensificazione del processo di integrazione delle forze armate e della polizia deve permettere di garantire la sicurezza di tutti e dei loro beni prima, durante e dopo le elezioni. (...)

21. L’imperativo della riconciliazione nazionale è un’altra urgenza per la riuscita delle elezioni; (..) Fino a quando gli ex-combattenti e una parte dei gruppi armati ancora fuori controllo non rinunceranno alla guerra, la riconciliazione non sarà possibile e le elezioni saranno compromesse.

22. La comunità internazionale deve proseguire il suo appoggio al Congo e rafforzare la capacità e la credibilità della Monuc per garantire il corretto svolgimento delle elezioni. Esigiamo che alcuni Paesi vicini e i loro alleati cessino di turbare la pace e il cammino della transizione. Ai potenti del mondo diciamo, ancora una volta, che l’integrità territoriale e l’unità nazionale del Congo non sono negoziabili.

23. Servendo la nazione, la Chiesa intensificherà la formazione delle coscienze e la sua campagna di educazione civica ed elettorale per proseguire la preparazione dei cittadini alle prossime elezioni. Continueremo a insegnare ai fedeli le virtù necessarie per una buona gestione della Repubblica e, più che mai, a esercitare l’opera di carità di Cristo, soprattutto verso i più poveri. Noi ci opponiamo a ogni forma di violenza e ci impegniamo a pregare, digiunare e lavorare per la pace. lanceremo un programma nazionale di non-violenza e riconciliazione. Ribadiamo il nostro appello al dialogo positivo, alla calma, alla pace e alla serenità dello spirito per tutti i congolesi e le congolesi.

Conclusione

24: Di fronte a tutti questi timori, il Signore ci dice: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode” (Salmo 126 [127]); o ancora: “Alzatevi; non temete!” (Mt 17,7). Perché davvero il futuro del Congo dipende dal suo popolo.

25. Affidiamo il nostro Paese e il suo futuro alla protezione del Signore. Maestro della storia che non abbandona mai il suo popolo. Che, per intercessione della Vergine Maria, Dio benedica il nostro Paese.

Kinshasa, il 22 giugno 2005

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