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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

Armi leggere, problemi pesanti

 

 

 

Armi leggere, problemi pesanti

Le armi leggere sono le principali protagoniste sia nelle guerre dimenticate, sia dei conflitti "a bassa intensità" per una serie di motivazioni quali la relativa facilità di trasporto e l'ampia disponibilità di tali armi sui mercati.
Inoltre, il basso costo delle armi leggere permette tanto l'ampia proliferazione che l'acquisto anche da parte di forze non ben sostenute finanziariamente, come quelle irregolari, che si possono giovare anche di altri elementi quali la manutenzione elementare, il facile impiego e la lunga durata dell'arma stessa.
Ogni anno l'abuso di armi leggere determina un aumento dei morti, dei feriti e dei traumi psicologici, sia nel contesto dei conflitti nazionali e internazionali, sia degli abusi nell'applicazione della legge, della repressione violenta dei diritti democratici e delle violazioni del diritto all'autodeterminazione dei popoli.
Le armi leggere incrementano la violenza, l'insicurezza, la paura e l'instabilità, con la quale fanno i conti milioni di rifugiati e sfollati.
Molte di queste tragedie potrebbero essere evitate, con dei controlli più rigidi sull'accesso e sulla disponibilità di armi, a livello nazionale e internazionale.
In conclusione, la "facile" disponibilità di armi leggere e di piccolo calibro è una delle principali cause di violazioni del diritto umanitario internazionale e del deterioramento della situazione dei civili, poiché aumenta le tensioni, il coinvolgimento di civili e il prolungamento della durata del conflitto.

Una minaccia globale per la sicurezza umana

La sicurezza delle persone è minacciata dalla diffusione delle armi di piccolo calibro e del relativo traffico illegale. Esse hanno distrutto molte società e causato sofferenze incalcolabili.
Le armi leggere sono le principali protagoniste sia nelle guerre dimenticate, sia dei conflitti "a bassa intensità" per una serie di motivazioni quali la relativa facilità di trasporto e l'ampia disponibilità di tali armi sui mercati. Inoltre, il loro basso costo permette tanto l'ampia proliferazione che l'acquisto anche da parte di forze non ben sostenute finanziariamente, come quelle irregolari, che si possono giovare anche di altri elementi quali la manutenzione elementare, il facile impiego e la lunga durata dell'arma stessa.
Ogni anno l'abuso di armi leggere determina un aumento dei morti, dei feriti e dei traumi psicologici, sia nel contesto dei conflitti nazionali e internazionali, sia degli abusi nell'applicazione della legge, della repressione violenta dei diritti democratici e delle violazioni del diritto all'autodeterminazione dei popoli. Le armi leggere incrementano la violenza, l'insicurezza, la paura e l'instabilità, con la quale fanno i conti milioni di rifugiati e sfollati.

I bambini sono le loro vittime

Nel ultimo decennio, più di due milioni di bambini sono stati uccisi in conflitti dove sono state usate armi di piccolo calibro; 5 milioni sono diventati disabili e 12 milioni sono rimasti senza alloggio. Centinaia di migliaia di bambini sono vittime delle armi leggere e di piccolo calibro. Molti di loro vengono sfruttati come soldati e forzati a partecipare ai combattimenti.

Nessuno è immune dalla distruzione

Nessuna regione, nessun paese è immune dalle conseguenze devastanti della proliferazione delle armi leggere e di piccolo calibro. Anche se l'accumulo di tali armi non produce di per sé conflitti, la loro facile disponibilità incita all'uso della violenza come mezzo di soluzione delle divergenze, tende a peggiorare il conflitto ed a renderlo più pericoloso. Il facile accesso a queste armi interferisce con i tentativi di sviluppo e di assistenza umanitaria, mette in pericolo le vite degli operatori umanitari, dei partner delle organizzazioni non governative e del personale delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.


ARMI LEGGERE E DI PICCOLO CALIBRO: cosa sono?

Tutt'oggi non esiste una definizione unanimemente riconosciuta dell'espressione "armi leggere e di piccolo calibro". E' proprio la mancanza di chiarezza sulla definizione e l'assenza di una lista comune che definisca con sufficiente precisione quali armi debbano rientrare nella categoria a costituire il primo ostacolo per la valutazione dell'impatto che queste armi hanno sui conflitti in atto e soprattutto per la creazione di strumenti di controllo.
Bisogna tener presente che per poter avviare un qualunque tentativo di monitoraggio e di controllo del settore occorre delinearne l'esatto profilo, sia a livello nazionale, sia ancor più per la necessaria azione internazionale.
Un Panel di esperti dell'ONU ha proposto la seguente definizione di armi leggere:

"Le armi leggere o di piccolo calibro sono di diverso tipo: vanno dalle armi bianche (coltelli o machete) alle armi di calibro immediatamente inferiore a quelle recensite nel Registro delle armi convenzionali delle Nazioni Unite, ad esempio i mortai inferiori a 100 millimetri. Le armi qui considerate sono essenzialmente le armi da fuoco, leggere o di piccolo calibro, fabbricate secondo delle caratteristiche militari così da essere utilizzate come strumenti di guerra mortali.
Sono utilizzate da tutte le forze armate, compresi i corpi di sicurezza interna, ad esempio per la protezione o l'autodifesa, gli scontri ravvicinati, i tiri diretti ed indiretti e contro i mezzi terrestri o aerei se relativamente vicini. Per armi di piccolo calibro intendiamo, in linea generale, le armi individuali, e per armi leggere quelle collettive.
Partendo da questa definizione generale e dalle constatazioni che ci sono state possibili, abbiamo classificato come segue le armi impiegate nell'ambito dei conflitti dei quali si occupa l'ONU:

1) Armi di piccolo calibro:

revolvers e pistole automatiche;
fucili e carabine;
mitragliatrici;
fucili d'assalto;
mitragliatrici leggere.

2) Armi leggere:

mitragliatori pesanti;
lanciagranate portatili applicabili a fucili d'assalto o fissi;
cannoni antiaerei portatili;
cannoni anticarro portatili, fucili senza rinculo;
lanciamissili e lanciarazzi anticarro portatili;
lanciamissili antiaerei portatili;
mortai di calibro inferiore a 100 millimetri.

3) Munizioni ed esplosivi:

cartucce e munizioni per armi di piccolo calibro;
proiettili e missili per armi leggere;
contenitori portatili di missili o proiettili monouso per sistemi antiaerei o anticarro;
bombe a mano antiuomo e anticarro;
mine terrestri;
esplosivi.
Nel 1998 un allegato all'"Azione Comune" adottata dal Consiglio dell'Unione Europea ha proposto un'altra definizione di armi leggere.

a) Armi di piccolo calibro ed accessori concepiti per uso militare:
mitragliatrici (compresi le mitragliatrici pesanti);
mitragliette, comprese le pistole mitragliatrici;
fucili automatici;
fucili semiautomatici, se sono concepiti e/o messi sul mercato come modelli per forze armate;
moderatori di suono (silenziatori).

b) Armi leggere portatili individuali o collettive:
cannoni (compresi i cannoni automatici), obici e mortai di calibro inferiore a 100mm;
lanciagranate;
armi leggere anticarro, armi senza rinculo (razzi lanciati con dispositivi da spalla)
missili anticarro e lanciatori;
missili antiaerei/sistemi di difesa aerea portatili (Manpads)."


Le armi illegali alimentano i conflitti

Si stima che circa il 50-60% del commercio mondiale di armi di piccolo calibro sia legale. Tuttavia, sovente, le armi esportate legalmente, incluse quelle residue dalla Guerra Fredda, vengono inserite nel mercato nero soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Soltanto in Afghanistan, ci sono circa 10 milioni di armi di questo genere; in Africa Occidentale, 7 milioni; e circa 2 milioni, in America Centrale. Le armi rubate o sottratte dalle forze di sicurezza dello Stato costituiscono un'ulteriore risorsa per il mercato nero mondiale. Nelle società invase dalle armi illegali, il ricorso alla violenza conduce ad un circolo vizioso che si traduce in una domanda sempre crescente di armi. Il problema è aggravato dal comportamento irresponsabile di alcuni Stati e dall'incapacità di individuare e confiscare le armi illecite da parte di altri.

"Disponibili senza difficoltà e facili da usare, le armi leggere e di piccolo calibro sono state i principali strumenti di violenza e, talvolta, le sole usate in quasi tutti i recenti conflitti di cui si sono occupate le Nazioni Unite. Nelle mani delle truppe irregolari che operano con scarso rispetto del diritto internazionale ed umanitario, tali armi hanno portato ad un grave sacrificio di vite umane".
Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan

Armi a basso costo, grandi affari.

Il commercio illegale di armi di piccolo calibro vuol dire grandi affari per i trafficanti. Non si pagano tasse nè dazi ed il margine di profitto è immenso. Oltre al pericolo, la grande domanda rende le armi sempre più economiche; in alcune aree del mondo un fucile d'attacco AK-47 può essere comprato in cambio di un sacco di mais, o con 20-30 US$. Esiste inoltre un indiscutibile legame tra le armi di piccolo calibro ed il traffico di droga, legame che porta ad una minaccia per la sicurezza. Tale attività è appoggiata dalle organizzazioni criminali che si occupano di entrambe le merci (armi e droga).


La Conferenza delle Nazioni Unite del 2001 sulle Armi di Piccolo Calibro

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, definisce le armi di piccolo calibro come " armi di distruzione di massa" sulla base delle stragi da loro causate. Ancora non esiste un regime globale di non proliferazione di queste armi che permetta di limitare la loro diffusione, così come accade per le armi chimiche, biologiche e nucleari. Rivolgendosi al Consiglio di Sicurezza nel settembre 1999, il Segretario Generale ha richiesto un impegno volto a limitare la proliferazione di armi di piccolo calibro: una delle sfide chiave nella prevenzione dei conflitti di questo secolo.
A partire dalla metà degli anni '90, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha inserito nell'ordine del giorno dell'agenda internazionale la questione delle armi leggere e di piccolo calibro, allo scopo di rompere il ciclo di miseria causato dal traffico illegale di tali armi. Le Nazioni Unite si sono occupate delle armi di piccolo calibro nel contesto di altre questioni quali: la protezione dei civili nei conflitti armati; il ruolo del Consiglio di Sicurezza nella prevenzione dei conflitti armati; i bambini ed i conflitti armati; il disarmo, la smobilitazione ed il reinserimento degli ex combattenti nel contesto di una operazione di mantenimento della pace; la costruzione della pace nel dopo-conflitto. Sul campo, nell'ambito di numerose operazioni per il mantenimento della pace, le Nazioni Unite sono state coinvolte nella raccolta e distruzione di armi usate dagli ex combattenti. Inoltre, frenare il flusso di armi clandestine rappresenta una sfida immane per la comunità internazionale.
Nel dicembre 1998, l'Assemblea Generale ha deciso di convocare la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio Illegale di Armi Leggere e di Piccolo Calibro in Tutti i Suoi Aspetti, che si ètenuta dal 9 al 20 luglio 2001, presso la sede delle Nazioni Unite di New York.
Gli obiettivi della Conferenza sono stati discussi dal Comitato Preparatorio istituito dall'Assemblea Generale nel dicembre 1999. L'Assemblea ha richiesto al Comitato di presentare alla Conferenza una bozza di documento finale che includa un programma d'azione.

La Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite

Nella Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, adottata durante il Vertice del Millennio, tenutosi a New York dal 6 all'8 settembre 1999, gli Stati Membri hanno deciso di "intraprendere un'azione concertata per porre fine al traffico illecito di armi leggere e di piccolo calibro, in particolar modo rendendo i trasferimenti di armi più trasparenti, supportando le misure regionali di disarmo e tenendo nella dovuta considerazione le raccomandazioni della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio Illegale di Armi Leggere e di Piccolo Calibro.
"Esorto gli Stati Membri affinché traggano beneficio da questa Conferenza in modo da iniziare ad intraprendere azioni concrete che riducano il traffico illegale di armi di piccolo calibro…Il dialogo è fondamentale, ma dobbiamo accompagnare le dichiarazioni di impegno con un'azione concreta".
Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, Rapporto per il Vertice del Millennio

Cornice giuridica contro le armi illegali

Mentre la Conferenza ed il suo comitato preparatorio si stanno occupando dell'accumulazione destabilizzante e della diffusione di armi leggere e di piccolo calibro di uso militare, nel contesto della sicurezza internazionale e del disarmo, un nuovo processo negoziale ha avuto luogo di recente a Vienna. Le delegazioni presenti a Vienna si sono accordate, il 2 marzo 2001, su un Protocollo, giuridicamente vincolante, contro la produzione ed il traffico illegali di armi da fuoco, delle loro parti, componenti e munizioni, a complemento della Convenzione delle Nazioni Unite contro il Crimine Transnazionale Organizzato, firmata a Palermo nel dicembre 2000. Una volta entrato in vigore, il Protocollo offrirà uno strumento per l'attuazione del diritto internazionale nell'ambito della prevenzione del crimine e del perseguimento dei trafficanti. Tra le altre cose, il Protocollo include articoli che enunciano standard riconosciuti internazionalmente e provvedimenti che regolano la marcatura, la registrazione e le esportazioni/importazioni di armi da fuoco.


La Conferenza delle Nazioni Unite del 2006 sulle Armi di Piccolo Calibro

L'obiettivo di questa Conferenza che si è svolta a New York dal 26 giugno al 7 luglio 2006 era quello di revisionare il Programma d'azione sul traffico illecito di armi di piccolo calibro del 2001.
Cinque prima l'ONU aveva approvato un piano che stabiliva norme e programmi su una serie di questioni, tra cui: prevenzione e lotta alla produzione illecita e al traffico di armi leggere e di piccolo calibro; controlli efficaci sulla produzione legale di questo tipo di armi; regolamentazione del possesso, del trasferimento e della distruzione delle armi.
Nel suo discorso pronunciato il 26 giugno 2006 alla Conferenza, il Segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, ha dichiarato che dei 4 miliardi di dollari annui derivanti dal commercio delle armi, si ritiene che un quarto sia di provenienza illecita. "Queste armi saranno anche leggere, ma provocano distruzioni di massa", ha affermato, specificando che da esse deriva la perdita di decine di migliaia di vite umane ogni anno.
Il presidente della Conferenza, Prasad Kariyawasam, rappresentante dello Sri Lanka, ha affermato che nonostante la mancanza di un documento finale, i Paesi continueranno a "contrastare la piaga del traffico illecito di armi leggere".
Rebecca Peters, rappresentante della International Action Network on Small Arms (IANSA) di Londra, una organizzazione non governativa attiva in questo campo, ha accusato i governi di "lasciarsi tenere in ostaggio" da alcuni Stati "e di lasciare che questi mandino in rovina ogni progetto che avrebbe potuto portare qualche miglioramento in questa crisi globale".
IANSA ha indicato Cuba, India, Iran, Pakistan e Russia come i principali Paesi responsabili del mancato raggiungimento di un accordo.
All'inizio della Conferenza è stato presentato uno studio sull'argomento delle armi leggere pubblicato dal Graduate Institute of International Studies di Ginevra. Di questo studio, intitolato "Small Arms Survey 2006: Unfinished Business", ha parlato anche un comunicato stampa del 26 giugno emesso dall'organizzazione della Conferenza.

Progressi modesti

Aver introdotto una certa trasparenza tra le nazioni esportatrici di armi "è stato essenziale per far progredire il processo", ha affermato Keith Krause, direttore del programma di ricerca dell'Istituto sulle armi leggere. Circa il 77% delle armi esistenti nel mondo è posseduto da 20 Stati. Cina, Federazione russa e Cora del Nord possiedono, secondo le stime, gli arsenali più grandi, con - rispettivamente - 41, 30 e 14 milioni di armi da fuoco. Gli Stati Uniti, con 3 milioni di armi, si collocano al 12° posto.
Secondo Krause, "il bilancio dopo quattro o cinque anni non è molto positivo". Pochi sono gli Stati che hanno compiuto miglioramenti significativi nell'ambito della trasparenza, ha affermato. Ad esempio, Bulgaria, Iran, Israele e Corea del Nord, considerati da Krause come esportatori di portata non enorme ma significativa, hanno deciso di non dare alcuna informazione all'Istituto.
Ma qualche progresso è stato ottenuto. In Cambogia, più di 131.000 armi sono state ritirate dalla circolazione; una cifra che rappresenta almeno il 60% delle armi in circolazione, oltre a quelle di proprietà dello Stato. Anche l'Ucraina ha acconsentito di distruggere quasi 2 milioni armi possedute in eccesso e di migliorare la sicurezza degli altri stoccaggi.
Dagli studi citati dall'Istituto, emerge che a Bogotà, Colombia, e a Rio de Janeiro, Brasile, il costo derivante dalla violenza armata si attesta tra i 40 e i 90 milioni di dollari l'anno, comprensivi dei 10 milioni di dollari in perdita di produttività in Brasile a causa della morte di uomini in età lavorativa e dei 4 milioni di dollari a Bogotà.

I rischi per le persone

Il commercio delle armi in generale continua a destare preoccupazione. L'11 giugno 2006, Amnesty International ha emesso un rapporto in cui critica la Cina per aver venduto armi a Paesi che violano i diritti umani. Il rapporto è intitolato "People's Republic of China: Sustaining conflict and human rights abuses; The flow of arms accelerates".
Amnesty International osserva che la Cina sta emergendo come uno dei maggiori esportatori di armi al mondo. Per giunta, la vendita di prodotti bellici costituisce parte integrante dei rapporti commerciali che sta promuovendo con altri Paesi. "Nell'arco degli ultimi 20 anni, la Cina ha fornito una serie di armamenti miliari, di sicurezza e di polizia a Paesi noti per le loro gravi violazioni dei diritti umani", accusa il rapporto.
Sebbene le preoccupazioni internazionali siano concentrate sul trasferimento di tecnologia nucleare o per missili di lunga gittata a Paesi come Iran, Corea del Nord e Pakistan, Amnesty International ricorda che l'esportazione di armi convenzionali di piccolo calibro, "ha contribuito a produrre situazioni di violazione dei diritti umani, tra cui sanguinosi conflitti armati".
Inoltre, la Cina è l'unica grande potenza esportatrice di armi che non ha aderito ad alcun accordo multilaterale che ponga come criterio per l'esportazione di armi anche il rispetto dei diritti umani.
Tra i diversi casi, il rapporto cita quello del Sudan, in cui la Cina ha continuato ad inviare armamenti militari, nonostante i ben documentati e diffusi massacri, violenze e rapimenti da parte di forze armate governative e gruppi paramilitari.
Al Nepal - prosegue il rapporto - la Cina ha fornito armi leggere e di piccolo calibro con cui sono state perpetrate gran parte delle uccisioni e delle torture, spesso a danno di civili, nel conflitto armato interno.

Aumentano le spese

Nell'insieme, le spese militari continuano a crescere. Nel 2005 è stata raggiunta la cifra di 1.118 miliardi di dollari in spese militari a livello mondiale. I dati sono tratti dall'annuario del 2006, pubblicato il 12 giugno dallo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI).
Il livello delle spese sostenute lo scorso anno è pari al 2,5% del prodotto interno lordo mondiale. Nel 2005, le spese sono cresciute del 3,4% rispetto al 2004, e del 34% nell'arco del decennio 1996-2005. Il Paese che ha speso di più sono gli Stati Uniti, ai quali si deve circa l'80% dell'aumento registrato nel 2005. Questo è dovuto principalmente ai costi derivanti dalle campagne in Afghanistan e in Iraq. Le spese militari americane oggi rappresentano il 48% del totale mondiale.
Anche il commercio internazionale di armi è in aumento rispetto al 2003. I proventi delle esportazioni di armi nel mondo, secondo i dati forniti dagli Stati, è stimato tra i 44 miliardi di dollari ai 53 miliardi di dollari nel 2004, l'ultimo anno di cui si dispongono dati.
I cinque più grandi fornitori nel periodo 2001-2005, in ordine decrescente, sono Russia, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito.
Le esportazioni degli Stati membri dell'Unione europea fanno di questa il maggiore esportatore di armi convenzionali. Russia e Stati Uniti detengono circa il 30% delle esportazioni mondiali dei principali armamenti. Nel 2005 i cinque maggiori esportatori hanno coperto l'80% delle forniture belliche.
Nel periodo 2001-2005, il 43% delle esportazioni della Russia erano dirette alla Cina e il 25% all'India. I quattro maggiori acquirenti delle esportazioni degli Stati Uniti nel periodo 2001-2005 sono stati, nell'ordine, Grecia, Israele, Regno Unito ed Egitto.

Il rapporto del SIPRI osserva che esistono delle differenze nelle definizioni adottate dai Paesi, che determinano degli scostamenti tra cosa è compreso e cosa è escluso nelle rispettive statistiche. Inoltre, la natura di uso duale di molte recenti innovazioni scientifiche e tecnologiche rende sempre più difficile individuare i confini dell'impegno finanziario destinato alla ricerca e sviluppo in ambito militare.

La Santa Sede e le armi leggere

"Il traffico illecito di armi di piccolo calibro ed armi leggere è una minaccia alla pace, allo sviluppo e alla sicurezza", ha affermato l'arcivescovo Celestino Migliore, nel suo intervento pronunciato il 28 giugno davanti alla Conferenza dell'ONU sulle armi leggere. La Santa Sede, ha proseguito l'Arcivescovo, sostiene quindi gli sforzi diretti a combattere il commercio di armi illecite. Egli ha anche richiamato l'attenzione sull'impatto di questo commercio sui bambini. Maggiore sforzo è necessario per contrastare anche la domanda di armi leggere, ha spiegato monsignor Migliore. Uno sforzo che sta procedendo a rilento.


2007: Control Arms, 80 governi partecipano alla consultazione, sostegno di Ban Ki Moon

A fine giugno, nel corso di una conferenza svoltasi al Palazzo di vetro, lo stesso Segretario Generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, ha espresso il proprio sostegno al Trattato sul commercio delle armi leggere.

Oltre 80 governi hanno partecipato al processo di consultazione, avviato dalle Nazioni Unite, riguardante il Trattato sul commercio delle armi. Lo scorso dicembre, con un voto storico giunto al termine di tre anni di mobilitazione della campagna Control Arms, l'Assemblea generale dell'Onu aveva dato il via ai lavori sul Trattato, approvando una risoluzione con 153 voti a favore, il voto contrario degli Stati Uniti e 24 astensioni. "Il commercio di armi è attualmente privo di regole globali: il Trattato istituirebbe standard comuni che potrebbero salvare migliaia di vite umane e chiamare a rispondere del proprio operato coloro che commerciano armi in modo irresponsabile" - scrivono i promotori della Campagna (Oxfam International, Amnesty International e Iansa ) che in Italia è sostenuta dalla Sezione Italiana di Amnesty e da Rete italiana per il disarmo.

Due settimane fa, nel corso di una conferenza svoltasi al Palazzo di vetro, lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha espresso il proprio sostegno al Trattato sul commercio delle armi che costituisce la principale richiesta della campagna Control Arms: "Alla fine dello scorso anno, le Nazioni Unite hanno dato il via a un processo multilaterale di negoziazione di questo Trattato. L'obiettivo è quello di stabilire standard internazionali comuni per l'importazione, l'esportazione e il trasferimento di tutte le armi convenzionali. Un Trattato del genere potrà dare un grande contributo al raggiungimento degli obiettivi mondiali umanitari, di diritti umani e di sviluppo" - ha affermato Ban Ki-Moon.

I promotori della campagna Control Arms sottolineano come l'azione della società civile internazionale sia stata uno dei principali fattori del successo finora conseguito nel processo di preparazione del Trattato. La campagna ha coordinato oltre 100 'Consultazioni popolari' nel mondo, Italia compresa, in cui persone comuni hanno espresso la propria opinione sui contenuti del Trattato. I governi della maggior parte dei paesi in cui queste 'Consultazioni popolari' hanno avuto luogo, hanno presentato i loro pareri sul Trattato alle Nazioni Unite. "L'insieme di questi pareri costituisce un massiccio sostegno a un Trattato che protegga i diritti umani e lo sviluppo sostenibile e rafforzi la sicurezza regionale" - notano i promotori.
Terminata la raccolta di questi pareri, il Segretario generale dell'Onu istituirà un Gruppo di esperti governativi che, nel 2008, inizieranno formalmente la stesura del Trattato. Due importanti organismi regionali hanno espresso a loro volta sostegno alla proposta di Trattato. La Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas) e il Consiglio dell'Unione europea hanno dichiarato pubblicamente di sostenere i passi volti a stabilire regole stringenti per un commercio globale di armi piu' responsabile.

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