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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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1. Alcune considerazioni

Caritas Italiana deriva in primis dalla Scrittura la sua identità e l’originaria ispirazione del proprio operare nel modo. La stella polare del cammino fin qui compiuto è stata l’attenzione all’uomo nella sua integralità, assumendo la categoria della complessità come uno dei criteri fondamentali nell’interpretazione della realtà, dell’elaborazione di un pensiero di ampio respiro e di un’articolata prassi pastorale.La guerra, indipendentemente dalle diverse motivazioni che la determinano, si caratterizza per il carico di distruttività che riversa sui singoli, le comunità ed i territori in cui essi vivono. Proprio per questo motivo qualsiasi intervento di analisi del contesto e di riabilitazione richiede una molteplicità di interventi, il loro coordinamento immediato e costante nel tempo per affrontare la crisi, attenuarla, e poterla gradualmente risolvere. I soggetti coinvolti sono diversi: entità statali, organizzazioni di “impegno sociale” (organizzazioni non governative, non profit…), comunità. Proprio per questa diversità l’intervento riabilitativo è essenzialmente un avvenimento sociale.

Un ruolo importante lo svolgono le scienze umane (antropologia culturale, psicologia, sociologia, per citarne soltanto alcune) che, in fecondo dialogo con le scienze teologiche, contribuiscono ad elaborare riflessioni approfondite e a costruire strategie ed interventi efficaci. In questa direzione risultano decisive, nella fase immediatamente successiva lo scoppio della crisi, la tempestività e la messa in atto di azioni combinate che coprano al meglio i seguenti ambiti:
- strumenti di sussistenza (acqua, cibo, medicine, posti di ricovero…);
- professionalità, luoghi e strumenti capaci di affrontare le dimensioni affettivo-emotive, gestendone i picchi, ma soprattutto le fasi successive, molto delicate, quando si attenua la spinta reattiva determinata dalla prima emergenza e si entra in situazioni di “emergenza quotidiana”.

In sintesi, risposta immediata ai bisogni primari, ma anche costruzione delle condizioni necessarie affinché le comunità lacerate dai conflitti armati possano recuperare progettualità e autonomia a tutti i livelli.

Il primo passo in questa direzione è costituito dall’ascolto delle istanze provenienti dalle persone e dalle comunità, per costruire una progettualità condivisa, base necessaria per resistere alle difficoltà, alle contraddizioni, alle lentezze che qualsiasi intervento riabilitativo “sconta” nel momento del passaggio dal livello preparatorio a quello di realizzazione.

Quanto detto esige, da parte di chi presta il proprio sostegno, capacità di autosufficienza operativa, ma soprattutto di lavorare in gruppo, modalità di lavoro che non è né semplice, né “naturale”. Necessaria anche una notevole capacità di “pensare politicamente”, cioè di possedere un patrimonio di idee, conoscenze, strumenti per interpretare le dinamiche complesse del territorio in cui si opera. È infatti raro che la “situazione teorica” si verifichi: sono sempre più i casi in cui il post-guerra si concretizza in alcune aree territoriali, mentre in altre il conflitto armato continua ad imperversare.
La più che trentennale esperienza di Caritas Italiana sul campo, ha dimostrato quanto tutto ciò sia difficoltoso, ma anche come sia nel contempo l’unica strada per recuperare speranza e dignità da parte di chi ha subito le conseguenze della guerra.

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