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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Da Hebron il movimento dei coloni sfida l'esercito

SCATENARE IL CAOS, IMPEDIRE OGNI RITIRO: L'INTIFADA DELLE COLONIE

 

 

 

SCATENARE IL CAOS, IMPEDIRE OGNI RITIRO
L'INTIFADA DELLE COLONIE

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/13-Dicembre-2008/art38.html

GERUSALEMME MICHELE GIORGIO il manifesto, 13 dicembre 2008

Si chiamano Daniela, Nadia, Ayala: sono le leader del movimento religioso che da Hebron ha lanciato una sua sfida all'esercito, allo Stato e ai palestinesi. Il loro messaggio? "Non lasceremo mai Giudea e Samaria". E con le elezioni del 10 febbraio sperano di portare al potere un governo nazionalista e fedele alla Torah

"Gli arabi sono solo un filtro: non ci impediranno di raggiungere la nostra terra...I nostri ragazzi stanno facendo un ottimo lavoro: non sarò certo io a fermali". Con queste parole Daniela Weiss, la pasionaria del movimento dei coloni, qualche giorno fa aveva escluso categoricamente di ordinare lo stop all'invasione di Hebron da parte di centinaia di ragazzi nati e cresciuti nelle colonie ebraiche erette nei Territori palestinesi occupati da Israele. Come avrebbe potuto fermarli proprio colei che ha indottrinato quei giovani coloni, spingendoli negli ultimi anni ad occupare i punti più alti della Cisgiordania palestinese? "I ragazzi delle colline", così sono stati battezzati quei giovani che hanno messo su oltre cento avamposti colonici, nel nome della "redenzione finale di Eretz Israel", la biblica Terra di Israele promessa da Dio agli ebrei.


Per questa nonna 63enne che ha dedicato buona parte della sua esistenza a rendere impossibile la restituzione ai palestinesi dei Territori occupati, le parole della Torah sono sentenze inappellabili, ordini divini da rispettare ad ogni costo. Non conta il tempo trascorso, migliaia di anni: Eretz Israel era e rimane del popolo ebraico. I palestinesi - ripete da sempre - possono volontariamente trasferirsi in un paese arabo o scegliere di rimanere nelle loro città, ma senza diritti e in silenzio. Anche i governi, l'esercito e lo Stato d'Israele possono diventare dei nemici, se non prendono parte alla redenzione di Eretz Israel.
Giovedì della scorsa settimana, i settler che a Hebron hanno sparato sui palestinesi e incendiato alcune case arabe rispettavano fino in fondo i "princìpi" di Daniela Weiss, sempre più leader riconosciuta dell'ala dura del movimento dei coloni. Una donna che, per carisma e passione, ha superato esponenti storici dell'estremismo nazional-religioso come Itamar Ben Gvir, Naom Federman e Baruch Marzel.
Partita da Hebron come risposta all'evacuazione della "casa della discordia" occupata dai settler, l'"intifada" dei coloni ebrei più fanatici è una dimostrazione di forza che mira a impedire che in Cisgiordania si verifichino evacuazioni di insediamenti come quelle avvenute a Gaza nel 2005. Ma ha anche una nuova, importante caratteristica: parla con la voce delle donne più che degli uomini. Accanto a Daniela Weiss si muove, con altrettanto protagonismo, Nadia Matar, una 42enne di origine belga. Madre di sei figli, fondatrice delle "Donne in verde", Matar negli anni '90 si oppose con tutte le sue forze agli accordi di Oslo e, oggi come allora, insieme alla suocera partecipa alle "battaglie in difesa di Eretz Israel" mobilitando centinaia, talvolta migliaia, di coloni.


Nella "casa della discordia" (chiamata dai coloni "casa della pace") la Matar era presente assieme alle sue fedelissime compagne. "Quei poliziotti con le uniformi nere mi hanno picchiato ma il mio spirito combattivo è sempre vivo - ha tranquillizzato i suoi sostenitori -. Voglio salutare le centinaia di giovani venuti alla "casa della pace" in devozione alla Terra di Israele...Dobbiamo far pagare al governo un prezzo alto per l'espulsione degli ebrei (da quell'edificio)...ma la nostra vendetta finale verrà il 10 febbraio, il giorno delle elezioni, quando il popolo di Israele farà in modo da espellere gli antisionisti e gli ebrei bolscevichi e porterà al potere un governo nazionalista realmente fedele ad Eretz Israel, al popolo ebraico e alla Torah di Israele".
In campo, accanto alla Weiss e alla Matar, sono scese da qualche giorno anche Ayala Ben-Gvir ed Elisheva Federman, mogli rispettivamente di Itamar Ben Gvir e Naom Federman. Ayala è stata fermata perché, assieme ad altre quattro donne, aveva bloccato l'ingresso dell'abitazione del generale Gadi Shamni, comandante militare della regione centrale; Elisheva Federman invece è andata a Tel Aviv a protestare davanti alla casa del generale Noam Tibon, a capo della divisione Giudea e Samaria. Entrambe hanno voluto dimostrare che nessuno resterà immune di fronte alla "espulsione degli ebrei dalla Terra Promessa". Per le signore Federman e Ben Gvir non ha alcuna importanza che in base alle risoluzioni delle Nazioni Unite quella terra appartenga ai palestinesi.
Ma è Daniela Weiss la vera "star", colei che ha deciso di incarnare il messaggio del rabbino Avraham Kook, colui che cento anni fa, in polemica con l'ebraismo ortodosso (che non riconosce le istituzioni dello stato laico di Israele) diede vita al Sionismo religioso. Incarnare ma anche aggiornare il pensiero del "maestro" alla luce degli sviluppi di questi ultimi anni. Kook vide nel sionismo laico del laburista David Ben Gurion il tassello di un processo metafisico superiore, volto a garantire la "salvazione" del popolo ebraico e l'avvento del Messia.


I sionisti laburisti non mettevano piede in sinagoga, eppure - Kook ne era convinto - facevano parte anche loro di un "piano cosmico". La guerra del 1967, con l'occupazione israeliana di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme est, mandò in visibilio i nazionalisti-religiosi che vi videro una conferma evidente e tangibile delle teorie di Kook, fino a convincerli a fondare nel 1974 il Gush Emunim (Blocco dei fedeli), un movimento sostenuto dal Partito nazional-religioso che si sarebbe impegnato negli anni successivi a "redimere" Eretz Israel, con la creazione di colonie nei territori palestinesi e arabi, grazie alla complicità prima dei laburisti di Yitzhak Rabin e Shimon Peres e poi, dopo il 1977, a quella esplicita del Likud.


Weiss di fatto vede nel Gush Emunim - di cui è stata leader diversi anni fa - qualcosa che fa parte del passato. Guarda in avanti, perché - si è convinta - i maggiori partiti "laici", Kadima, Likud e Labour, che pure ai palestinesi non restituiranno più di qualche briciola del loro territorio storico, sono diventati avversari della "redenzione". Perciò ha deciso di prendere l'iniziativa. "Tutto è consentito in nome di Eretz Israel, tranne uccidere", ha ripetuto in queste settimane sostenendo che i palestinesi vadano colpiti perché "la terra in cui vivono appartiene solo al popolo ebraico".
D'altronde il suo background è ricco di violenza e abusi contro gli "arabi". Il 6 maggio 1987 finì sulle prima pagine dei giornali per aver guidato un raid nelle strade di Qalqiliya dopo che i palestinesi avevano preso a sassate un'auto di coloni. Durante la prima Intifada palestinese (1987-'93) fu sostenitrice del pugno di ferro contro gli "arabi" e, in seguito, da sindaco della colonia di Kedumin, ha chiesto punizioni collettive durissime per metter fine alla seconda Intifada (nel 2005 è stata promotrice di un progetto, rivelato dal quotidiano Ha'aretz, per scaricare mensilmente in Cisgiordania 10mila tonnellate di rifiuti urbani prodotti in Israele).


"Sionismo significa innalzare la nostra bandiera, mai ammainarla. Certamente non davanti ai palestinesi", proclamò nel 2002 per incitare i coloni a reagire al possibile sgombero dell'avamposto di Hawat Ghilad, nella Cisgiordania settentrionale. Con il 2009 alle porte Daniela Weiss si proclama ancora più intransigente verso i palestinesi, responsabili, ricorda ad ogni occasione, dell'uccisione di alcuni suoi familiari durante la seconda Intifada. "Ci batteremo affinché la mappa politica tra il Mediterraneo e la Giordania non cambi - ha avvertito -. Se la destra non avesse smarrito la sua ideologia, non sarei qui a lottare. Ora c'è bisogno di uno spirito nuovo, quello che tanti giovani coloni stanno portando alla nostra battaglia. Gli arabi non mi interessano: se non accetteranno la nostra sovranità totale allora andranno via. M'importa solo il comportamento degli ebrei ora che Eretz Israel è in pericolo".

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