Strumenti di animazione

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

Ultime novita'

La storia del conflitto

Il 29 novembre 1945 nasce lo stato federale della Jugoslavia, composto da sei repubbliche (Slovenia e Croazia a nord-ovest, Serbia ad est, Borsian-Erzegovina e Montenegro al centro, Macedonia al sud) e due province autonome (Vojvodina e Kosovo, rispettivamente nel nordest e sud-ovest della Serbia).

Considerati “revisionisti”, gli jugoslavi furono isolati dal movimento comunista internazionale per la loro politica estera di neutralità e per il loro modello non ortodosso di organizzazione sociale ed economica. I rapporti con l’Urss migliorarono lentamente dopo la morte di Stalin nel 1953.

Nel 1971 e 1972 aumentarono i conflitti etnici, soprattutto tra serbi e croati. Dal 1974 si registrò un’ascesa del movimento separatista albanese del Kosovo.

Nel 1980 muore Tito, che aveva fatto nascere la Jugoslavia nel dopoguerra.

Nel marzo-aprile del 1981 si verificarono disordini in Kosovo, seguiti da altri nel 1988 e nel 1990. Con una popolazione di origine albanese di 1 milione e 900 mila persone (il 90% del totale) il Kosovo era la provincia più povera dell’ex Jugoslavia.

Il governo federale accuso i nazionalisti kosovari, istigati dall’estero, di volere la secessione del Kosovo dalla Serbia e dalla Jugoslavia. Molti serbi e montenegrini abbandonarono la regione. La repressione delle rivolte causò morti e feriti, reciproche proteste diplomatiche di Belgrado e Tirana e le dimissioni del capo di governo locale, Jusuf Zejnullahu, nel marzo del 1990. L’aumento dei gruppi attivisti musulmani e cattolici causò tensioni anche nella altre repubbliche.

Nell’aprile del 1990, alle prime elezioni pluripartitiche dalla seconda guerra mondiale trionfarono, in tutte le repubbliche, ad eccezione della Serbia e del Montenegro, i gruppi nazionalistici che volevano la secessione o la riforma della struttura confederale.

Nel dicembre 1990, il Parlamento croato adottò una nuova Costituzione che prevedeva il diritto di separar arsi dalla Federazione. La Slovenia votò a favore della indipendenza in un referendum popolare. Nei mesi successivi, il disaccordo sulla riforma del sistema federale e sulla nomina del presidente generò una profonda crisi nella presidenza collettiva jugoslava.

L’8 settembre 1991 la Croazia e la Slovenia si autoproclamarono indipendenti. La popolazione serba della Croazia espresse l’intenzione di separarsi dalla repubblica. L’esercito federale, i cui capi rispondevano principalmente alla Serbia, intervenne in entrambe le repubbliche sostenendo che la separazione costituiva una minaccia all’integrità della Jugoslavia. Scoppiò la guerra che, in Croazia, mieté migliaia di vittime tra la popolazione civile da entrambe le parti.

Il 15 gennaio 1992 la Croazia e la Slovenia ottennero dalla Comunità Europea il riconoscimento della propria sovranità. Il 27 aprile il Parlamento composto da deputati serbi e montenegrini annunciò la fondazione della nuova Repubblica Federale di Jugoslavia, con un sistema di governo parlamentare.

Dall’aprile del 1992 i combattimenti si concentrarono nella repubblica della Bosnia ed Erzegovina, la cui indipendenza era stata riconosciuta il 7 aprile dalla Comunità Europea, che il 28 maggio dichiarò un embargo commerciale contro la Jugoslavia.

Nel 1997 si intensificarono gli scontri tra l’esercito federale e la popolazione del Kosovo. Un referendum in Serbia respinse con il 75% dei voti la proposta di una mediazione internazionale al conflitto. La votazione fu boicottata dalla popolazione di lingua albanese del Kosovo.

Nel giugno 1998 il Regno Unito e altri paesi della NATO invocarono un intervento nel Kosovo.

Nel marzo 1999 la NATO iniziò una serie di raid aerei contro gli obiettivi jugoslavi in Serbia, Montenegro e Kosovo. I bombardamenti, effettuati da un’altezza tale da restare al di fuori della portata dei missili antiaerei, causarono centinaia di morti tra kosovari e serbi. L’attacco aereo scatenò una serie di rappresaglie contro i kosovari, che dovettero fuggire a centinaia di migliaia nei paesi vicini e nel Montenegro.
I bombardamenti terminarono il 10 giugno e dopo un negoziato con i comandanti militari della NATO, la Jugoslavia accettò l’ingresso di una forza dell’ONU, la KFOR. L’accordo riconosceva la sovranità jugoslava sulla provincia, ma in pratica si costituì un protettorato sotto il controllo militare della NATO e la copertura politica dell’ONU.

Nel febbraio 2006, dopo la morte del presidente Ibrahim Rugova avvenuta a gennaio, iniziarono i colloqui con gli Usa per definire il futuro status del Kosovo. Nonostante numerosissimi incontri tra le diverse parti, il piano per lo status finale del Kosovo preparato dal mediatore ONU Ahtisaari non fu mai condiviso né dai serbi, né dai kosovari. In marzo la nomina del leader albanese ribelle Agimi Ceku a primo ministro della provincia suscitò un’aspra reazione di Belgrado, che emise un mandato di arresto contro il nuovo premier, accusandolo di aver commesso crimini contro i serbi sia in Kosovo che in Croazia.

Il 17 novembre 2007 si tennero le elezioni per rinnovare sia l'assemblea parlamentare del Kosovo che i comuni, con boicottaggio elettorale dei serbi del Kosovo ed una bassa affluenza alle urne da parte dei kosovari albanesi. Prevalse il Partito democratico (Pdk) dell'ex capo guerrigliero dell'Uck, Hashim Thaci, che superò per la prima volta la Lega democratica (Ldk) del defunto presidente Rugova.

Il 16 febbraio 2008 l'Unione Europea, un giorno prima dell'annunciata proclamazione d'indipendenza, approva l'invio di una missione civile internazionale in Kosovo (chiamata "EULEX"), in sostituzione della missione UNMIK, per accompagnare il Paese in questo periodo di transizione.
Il 17 febbraio 2008 il Kosovo autoproclama la sua indipendenza. Secondo l'ONU, in Kosovo vige ancora la Risoluzione numero 1244 che definisce il territorio kosovaro sotto sovranità serba.
Il 9 aprile 2008 il Parlamento del Kosovo vota all'unanimità la nuova Costituzione. Il capo della missione Eulex controfirma il testo. La Costituzione entra in vigore il 15 giugno 2008. Con la Costituzione poteri esecutivi tenuti dall'Unmik passano al governo kosovaro.
Ad oggi la sua indipendenza è riconosciuta da 55 paesi membri dell'ONU, dei quali 22 paesi dell'Unione Europea (Italia compresa), Stati Uniti, Giappone ed Australia. La Serbia non riconosce l'indipendenza.

Footer

A cura di Caritas Italiana (tel. +39 06 66177001 - fax +39 06 66177602 - e-mail comunicazione@caritasitaliana.it) e Pax Christi (tel. +39 055 2020375 - fax +39 055 2020608 - e-mail info@paxchristi.it)