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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Sudan: referendum e dopo referendum

Una testimonianza sugli esiti dei referendum e le posizioni della Chiesa locale, di P. Salvatore Pacifico mccj, da Raga nel Sud Sudan, del 18 Gennaio 2011

I. Referendum
Il referendum si e’ appena concluso. L’obbiettivo piu’importante che i sudisti si erano proposto e’ stato ottenuto. Quando il governo di Khartoum firmo’ la pace con l’SPLM, a Gennaio 2005, probabilmente pensava che non se ne sarebbe fatto nulla. Aveva gia’ firmato tanti altri trattati di pace con varie fazioni dei ribelli, ed era sempre riuscito a neutralizzarli lungo la strada. In questi sei anni da quando fu firmato il trattato di Pace SPLM ha dovuto ingoiare tanti bocconi amari. Prima il censimento, poi le elezioni generali: due tappe importanti prima del referendum dove chiaramente non mancarono imbrogli. E poi la lentezza esasperante nell’attuare il CPA. SPLM ha ingoiato sempre nella prospettiva di salvare il referendum. Ed alla fine ha avuto ragione. E’ stato un referendum esemplare, sotto tutti i punti di vista, come hanno riconosciuto praticamente tutti gli osservatori, interni e internazionali. Piu’ del 95 di quelli che si erano registrati ha votato. La gente e’ stata molto disciplinata e dignitosa. Specialmente nei primi giorni si sono formate lunghe file e la genet ha saputo attendere in ordine il proprio turno. E anche gli ufficiali si sono mostrati all’altezza del compito, con grande senso di responsabilita’. Com’era ormai scontato, ha vinto la secessione. Ho sottomano i risultati di Raga, dove ho vissuto personalmente questa esperienza del referendum. Raga e’ una cittadina del Western Bahr el Ghazal. Confina a Ovest con il Centrafrica e a Nord con il Dar Fur. Parte dei confini tra Dar Fur e Bahr el Ghazal devono ancora essere definiti e alla vigilia del referendum ci sono state anche tensioni. Quacuno temeva che potesse succedere qualcosa. Le forze dell’ONU (UNMIS) presenti sul territoro erano all’erta. World Food Program (WFP) e Medici Senza Frontiere (MSF) si erano preparati ad un’altra emergenza, con sfollati da accogliere e feriti da curare. Tutto si e’ svolto tranquillamente. I risultati sono stati chiari. Gli elettori hnno scelto a grande maggioranza l’indipendenza.

II. Il dopo referendum
Il referendum e’ una tappa. Ora comincia il lavoro. Si tratta di mettere in piedi una nazione. Ci sono anzitutto i problemi che avrebbero dovuto essere risolti prima del referendum e che a referendum avvenuto non sono piu’ rinviabili. Ricordo i principali: Abyei, Nuba Mountans e Blue Nile, la definizione dei confini.

1. Abyei e’ senz’altro in testa alla lista. Ha dovuto ingoiare il boccone amaro di non poter avere il suo referendum insieme al resto del Sud come era previsto nel CPA. Per salvare il referendum nel Sud, SPLM ha accettato in extremis di separare i due referendum. Ma il problema rimane. Khartoum non vuole cedere, nonostante la corte dell’Aia abbia gia’ dato una soluzione che le due parti avevano inizialmente accettato. Ma Khartoum vuole ora ignorarla..
Durante il referendum Abyei e’ stata l’unica minaccia seria. Un convoglio di persone che tornavano al Sud fu attaccato nei pressi di Abyei. 46 persone persero la vita. Fortunatamente non ci fu una escalation.

2. La definizione dei confini. Ci sono ancora molte aree dei confini tra Nord e sud da definire. Probabilmente il governo del Nord voleva utilizzare questa arma per rinviare il referendum. Ma mentre pretendeva che i confini dovevano essere definiti prima del referendum, non faceva nulla per accelerare i tempi.

3. La situazione dei Monti Nuba (Sud Kordofan) e Blue Nile. Queste due aree hanno avuto una parte importante nella lotta condotta da SPLA. Era stato assicurata loro la possibilita’ di una consultazione popolare per valere di piu’ all’interno del paese. La consultazione e’ slittata, come il referendum con cui Abyei avrebbe potuto scegliere se essere parte del Sud o essere parte del Nord. Rischiano ora di non avere ottenuto nulla. E il senso di frustrazione e’ grande. Non a caso nel giorno che si chiudevao le urne del referendum la popolazione Nuba ha fatto una grande dimostrazione a Kauda esprimendo il proprio disappunto per come sono andate le cose e reiterando la richiesta per una maggiore partecipazione nel nuovo assetto del Sudan.

4. Ci sono poi tutti i problemi pratici legati alla nascita di un nuovo stato, per scissione. Divisione degli introiti del petrolio, in buona parte prodotto al Sud, ma venduto a Port Sudan; partecipazione ai beni e ai debiti della nazione; possibilita’di movimento; riconoscimento di diritti acquisiti; nazionalita’; tasse sui beni che attraversano il confine e che faranno lievitare i prezzi; moneta….Il CPA prevede che la dichiarazione di indipendenza avverra’ ufficialmente il 9 Luglio 2011. I problemi da risolvere sono ancora tanti e ancora una volta i tempi sembrano brevi.

III. La Chiesa in Nord Sudan
Nell’approssimarsi del referendum si e’ verificato un grande esodo: migliaia e migliaia di Sudisti residenti al Nord, sono tornati al Sud. Certe comunita’ cristiane sono letteralmente scomparse nel giro di poche settimane. Cosa succedera’ alla Chiesa che e’ fiorita in questi anni nel Nord? Negli ambienti cristiani non si nasconde una certa preoccupazione. Da una parte c’e’ il timore che la comunita’ cristiana si riduca a una realta’ insignificane. Dall’altra c’e’ il rischio di una radicalizzazione delle forze islamiche estremiste. Lo stesso presidente ebbe a dire che se vinceva la secessione, al Nord si sarebbe imposto un sistema islamico senza sconti. E’ stata ventilata anche la minaccia che i Sudisti residenti al Nord avrebbero perso i loro diritti. Fortunatamente quando e’ apparso chiaro che la secessione era alle porte, gli stessi politici del Nord hanno cercato di attutire i toni e si sono mostrati molto piu’disponibili verso relazioni pacifiche e di collaborazione. Speriamo. Certo,per la Chiesa nel Nord si impone la necessita’ di ripensare tutta la sua pastorale, privilegendo una formazione che aiuti i Cristiani a convivere da adulti con i loro fratelli musulmani, e a coniugare piu’ incisivamente la fede con la vita, a tutti i livelli, anche quello sociale e politico. E’ una grande sfida che richiede discernimento e il coraggio di scelte coraggiose. In passato la Chiesa ha dato prova di farcela. Siamo confdenti che ce la fara’ ancora. Con l’aiuto dello Spirito Santo. E ci si augura che in un momento come questo non manchera’ alla Chiesa del Nord Sudan il sostegno delle Chiese sorelle.

P. Salvatore Pacifico mccj

Raga, Sud Sudan, 18 Gennaio 2011

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