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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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La Corte europea e il diritto di obiettare

Lo scorso 7 luglio, la Corte europea dei diritti umani ha affermato per la prima volta che gli Stati hanno il dovere di rispettare il diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare per motivi religiosi.
29 agosto 2011

Lo scorso 7 luglio, con una sentenza definita da molti "storica", la Grande camera della Corte europea dei diritti umani ha affermato che gli Stati hanno il dovere di rispettare il diritto all'obiezione di coscienza al servizio militare come parte dell'obbligo di rispettare il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione espresso nell'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti umani.

Per la prima volta, il diritto all'obiezione di coscienza viene così espressamente riconosciuto nel contesto della Convenzione europea dei diritti umani, mentre in casi precedenti la Corte aveva sempre negato questo diritto per una lettura combinata dell'art. 9, che afferma la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, e l'art. 4 (comma 3) che riconosce la libertà di coscienza al servizio militare solo dove gli Stati lo riconoscono.«La sentenza - ricorda Amnesty International - fa riferimento alla vicenda di Vahan Bayatyan, un testimone di Geova dell'Armenia che nel 2001 era stato condannato a un anno e mezzo per aver rifiutato di svolgere il servizio militare. La pena era stata aumentata di un anno in appello, e poi confermata dalla Corte suprema, in quanto le motivazioni di Bayatyan erano "infondate e pericolose"». Nella sola Armenia oltre 80 testimoni di Geova sono stati imprigionati negli ultimi quattro anni per aver rifiutato di svolgere il "servizio alternativo" previsto dalla Legge del 2003. Per Amnesty International «la sua durata (42 mesi, la più lunga al mondo, quasi il doppio del periodo di leva militare) e la stretta supervisione da parte delle autorità militari non sono coerenti con quanto previsto dagli standard europei e internazionali».

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