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Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Peacebuilding: un manuale formativo Caritas

Aggiornamento del "Manuale di formazione alla pace", pubblicato nel 2002 da Caritas Internationalis, traduzione in italiano a cura di Caritas diocesana di Roma - Servizio Educazione Pace e Mondialità (S.E.P.M.).

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Sudan e Sud Sudan. Una guerra dimenticata

La situazione drammatica in Sudan e in Sud Sudan, e il ruolo attivo della Chiesa che attraverso la Caritas è attiva nei confronti della popolazione
19 settembre 2012

In un letto di ospedale dal campo rifugiati di Yida (Stato di Unity, Sud Sudan), il minimo movimento fa strillare di dolore Daniel, di 4 anni. La pancia gonfia e la pelle screpolata, a causa della grave malnutrizione, causano fortissimi dolori al suo debole corpo (testimonianza di Kamal Abulila, padre di Daniel, presso la clinica di MSF di Yida. 12 settembre 2012).

Negli ultimi mesi circa 170.000 persone hanno attraversato il confine del Sudan, nella regione del Kordofan meridionale, per spostarsi al Sud, in fuga dalle bombe e dalla fame. 62.000 persone sono ospitate nel campo rifugiati di Yida. Intanto, i combattimenti nello stato del Blue Nile (Sudan) hanno causato oltre 600.000 sfollati, e un esodo verso lo stato dell’Upper Nile, dove nei campi rifugiati le condizioni sono ai limiti della sopravvivenza. Ad un anno dall’indipendenza del Sud Sudan (proclamata il 9 luglio 2011), la situazione pare ancora lontana dalla pace. I nodi irrisolti nei rapporti tra i due Stati, dalla spartizione dei proventi del petrolio alle questioni di confine, sino ai conflitti interni ai due Stati, rendono quanto mai precaria la stabilità della regione.

Le aree più colpite dal perdurare del conflitto sono la regione del Kordofan Meridionale (in particolare i Monti Nuba, dove è in atto un reale genocidio contro la popolazione Nuba) e lo stato del Blue Nile. La maggior parte della popolazione locale aveva combattuto dalla parte del SPLA (l’esercito ribelle sudista) durante la guerra civile del 1983-2005, ma a differenza degli altri stati del Sud Sudan non hanno ottenuto né l’indipendenza, né alcun riconoscimento di autonomia, così da ritrovarsi “soli” sotto il controllo di un Governo ostile. I leader del SPLM/N (movimento di opposizione filo-sudista attivo in Sudan), pertanto, ignorarono l’ultimatum posto dal Governo di Khartoum immediatamente dopo l’indipendenza, di deporre le armi e ritirarsi; e l’esercito sudanese (SAF) lanciò l’offensiva.

Alla crisi del Kordofan e del Blue Nile si aggiungono gli scontri nella regione “contesa” di Abyei, ed il conflitto tuttora in atto in Darfur, dove i fragili accordi che intendevano porre fine al genocidio non hanno del tutto pacificato la regione, e dove continuano ad essere attivi gruppi ribelli, la cui sigla più nota è il JEM (Movimento di Giustizia e Uguaglianza).

All’inizio di agosto 2012 si era giunti finalmente alla firma di un accordo tra Unione Africana, Lega Araba e Nazioni Unite con il Governo del Sudan e il SPLM/N, per un cessate il fuoco in Kordofan Meridionale e Blue Nile e l’apertura di un corridoio umanitario per portare assistenza alle vittime. Nonostante l’accordo, tuttavia, nelle settimane successive l’esercito di Khartoum ha sganciato 45 bombe in 6 differenti villaggi, lanciati razzi e realizzata un’offensiva da terra, solo nel Kordofan Meridionale. A queste azioni militari si aggiungono gli scontri violenti che proseguono nel Blue Nile.

La Chiesa locale, in questo desolante scenario di guerra senza fine, continua ad essere a fianco della gente, anche nelle zone più colpite dagli scontri. Nella regione contesa di Abyei la parrocchia è stata letteralmente distrutta dalle bombe, e il parroco Fr. Byong costretto a ritirarsi nella vicina città di Agok; ma grazie al sostegno delle Caritas si sta lavorando per ricostruire l’edificio, e nonostante i rischi, il parroco vuole rientrare al più presto dalla sua gente. In Sudan, dopo la secessione del Sud, la Chiesa è divenuta ancora più marginalizzata; si sono registrati diversi casi di incendi di luoghi di culto cristiani, e pestaggi e aggressioni nei confronti di sacerdoti. Eppure anche al Nord la Chiesa rimane, portando avanti la propria testimonianza di fede e garantendo la propria prossimità e il proprio sostegno ai più vulnerabili.

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