CRIS

Liberare le tecnologie, comunicare i diritti: l'accesso ai saperi come nuova frontiera

La battaglia per il software libero e per la liberazione delle tecnologie – nonché per il loro utilizzo nelle amministrazioni pubbliche e nei paesi “in via di sviluppo” – fa parte di uno scenario più grande, che alla fine di quest’anno e per almeno altri due catturerà la nostra attenzione e le nostre energie. A dicembre si svolgerà infatti il WSIS – World Summit on the Information Society –, promosso dalle Nazioni Unite e dall’ITU, dove visioni diverse della Società dell’Informazione si confronteranno e la presenza della società civile sarà determinante per ampliare l’orizzonte di quello che si prospetta semplicemente come un grande mercato delle infrastrutture e degli standard digitali, con la protezione della proprietà intellettuale tout-court come principio fondamentale.
Jason Nardi

Cos’è la Società dell’Informazione? Alcuni la definiscono addirittura la Società della Conoscenza (Knowledge-based Society), un non-luogo che porterà incredibili dividendi per la democrazia (digitale), l'educazione, la salute, lo sviluppo (più o meno sostenibile: l'ambiente non viene citato spesso). Network senza soluzioni di continuità che trasportano flussi di informazioni dai maggiori centri ai più piccoli villaggi sperduti, e ritornano ancor più ricchi di "sapere". Promettenti soluzioni chiavi-in-mano per i paesi più poveri (meglio, impoveriti) con l'istituzione di autostrade informatiche e governi digitali. E ancora, rapidi incrementi delle capacità di gestire questioni globali, ma ancor più di transitare valute e investimenti in maniera istantanea da un capo all'altro della terra e quindi di aumentare le ricchezze nei vari paesi risolvendo dal giorno alla notte problemi cronici, in una visione di crescita infinita.

La realtà, se il trend di concentrazione economico-mediale dovesse continuare al ritmo odierno, potrebbe essere ben diversa, con la perdita invece che la conquista di diritti acquisiti nel tempo sulla libertà di espressione e di accesso ai mezzi di comunicazione. L'accesso ai saperi -- da quelli tradizionali e indigeni (come la medicina e la musica popolare) a quelli accademici e dell'ingegno -- sono sempre più oggetto di privatizzazione, concentrandone la proprietà nelle mani di pochi e limitando l'accesso a coloro che possono pagarlo. L'etere, dalle onde radio-televisive a quelle per le telecomunicazioni in genere, viene tagliato a fette e venduto al miglior offerente. Anche Internet, forse la migliore forma di dominio pubblico finora sperimentata, è sempre più commercializzato e controllato dagli attori del Mercato e dello Stato, con complessi sistemi che invadono la privacy a nostra insaputa. I mass media, sterilizzati e omogenizzati, confondono sempre più i messaggi di informazione con quelli di finzione e di invito al consumo, facendo dell'infotainment la modalità per costruire il consenso.

In questo contesto, comunicare i diritti e una visione di società aperta alla condivisione dei saperi e alla priorità del bene della comunità su quello del profitto privato, diventa sempre più impegnativo. Utilizzare le nuove tecnologie e media come strumenti per "fare rete" e costruire comunità globali a partire dal livello locale, condividendo la conoscienza, organizzando azioni politiche "dal basso", rafforzando la partecipazione cittadina sono una forma di resistenza attiva alla visione oligopolistica della Società dell'Informazione che gli scenari attuali sembrano prometterci. Dalle tv di strada, passando per i media indipendenti meta- e multi-mediali al software libero, la "liberazione" delle tecnologie può avere il duplice effetto di rompere legami di dipendenza da produttori/distributori monopolistici e di creare comunità di sviluppo e di consumo critico dell'informazione. Senza contare gli effetti positivi che questo processo può avere nei paesi impoveriti o "in via di sviluppo". In Italia, sono molte le esperienze di comunicazione sociale che negli ultimi hanni stanno emergendo dalla fase sperimentale per affermarsi in un panorama in cui la concentrazione delle risorse pubblicitarie, di produzione e di distribuzione è sempre più alta.

Il diritto a comunicare e l’accesso ai saperi sono diritti umani universali, che influenzano e informano tutti gli altri diritti umani. Se vogliamo vivere in una società dove pace, sviluppo sostenibile, democrazia partecipativa e diritti universali abbiano un significato corrispondente ai valori che rappresentano, è necessario affermare il diritto a comunicare e l'uso delle tecnologie appropriate che lo permettono come patrimonio comune. Gli strumenti per farlo sono nelle nostre mani.