«Neanche il Protocollo di Kyoto salverà il clima» Intervista a Robert Watson

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«Per salvare il clima del nostro pianeta dall'intossicazione dei gas serra prodotti dall'uomo sarebbe necessario ridurre le emissioni almeno dieci volte di più di quanto stabilito dal Protocollo di Kyoto. Può sembrare tanto, ma secondo me è un obiettivo raggiungibile con gradualità. L'importante è cominciare subito. Se lo spirito di Kyoto fallisce e tutto continua business as usual, così come è sempre andato, la Terra non si salva». ROBERT WATSON, il più autorevole esperto in cambiamenti del clima, per tanti anni a capo del gruppo degli scienziati climatici delle Nazioni Uni-te (Ipcc), ora direttore della «Rete per lo sviluppo sostenibile» della World Bank, lancia un nuovo appello nel giorno di apertura del meeting internazionale di San Rossore.

Kyoto stabilisce una riduzione del 5,2 per cento e non par-te. Lei rilancia al 50-60 per cento. Come ci si può arrivare?

«A poco a poco, nell'arco di tutto questo secolo. Facendo iniziare prima i Paesi industrializzati e poi includendo quelli in via di impetuoso sviluppo, come Cina e India, i cui consumi energetici e le cui emissioni di anidride carbonica e di altri gas serra sono in rapida ascesa».

In pratica, quale ricetta energetica si dovrebbe adottare?

«La più ragionevole. Eliminazione degli sprechi, maggiore efficienza degli impianti, sostituzione graduale dell'energia prodotta dagli idrocarburi (che bruciando emettono anidride carbonica) con le energie rinnovabili prive di emissioni. Non c'è altra soluzione. Altri-menti l'effetto serra raggiungerà valori insopportabili per gli ecosistemi e per l'uomo. Anche se il protocollo di Kyoto non è sufficiente, la strada che indica è l'unica. Ma è necessario cominciare subito per dare il segnale giusto al mondo produttivo».

Così facendo le anomalie climatiche scompariranno?

«C'è un'inevitabile inerzia del sistema. L'effetto serra continuerà ad avanzare. Poi, mano a mano che i gas serra in atmosfera si stabilizzeranno, cioè cesseranno di crescere, tutto il sistema climatico potrà tornare alla normalità».

Chi ci assicura che le anomalie sono attribuibili all'uomo?

«Nell'ultimo secolo la temperatura alla superficie della terra e dei mari è aumentata tra 0,6 e 1 grado. Il livello medio dei mari è cresciuto tra 10 e 25 centimetri. Si sono ridotti i ghiacciai e alterati gli andamenti delle precipitazioni. Nel-lo stesso tempo sono aumenta-ti i consumi degli idrocarburi e le concentrazioni in atmosfera dei gas che trattengono la radiazione termica del sole. L'uomo è diventato una forza della natura in grado di alterare il clima».

E il contributo al cambiamento climatico dei fattori naturali, uomo escluso, qual è?

«I più aggiornati e raffinati modelli matematici a nostra disposizione, che si basano su studi di scienziati di una decina di Paesi diversi, ci indicano che le anomalie climatiche osservate sono prevalentemente dovute alle attività dell'uomo e possono dipendere solo in mini-ma parte da altri fattori natura-li, come l'attività del sole e i vulcani. La mia opinione è che l'uomo è responsabile al 70 per cento di quello che vediamo. D'al-tra parte, le ricostruzioni storiche ci confermano che le temperature del pianeta, negli ulti-mi mille anni, hanno subito so-lo piccole oscillazioni e che in-vece le variazioni più significati-ve stanno avvenendo in un arco temporale molto piccolo, dopo la rivoluzione industriale».

Gli scienziati scettici affermano che l'incertezza sul funzionamento del sistema climatico è troppo grande per trarre conclusioni. Lei che ne pensa?

«Penso che, purtroppo, molti degli scienziati scettici sono pagati dalle multinazionali del petrolio».
  
Franco Foresta Martin