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Guerra e letteratura: l’esperienza dei veterani russi per guarire dalla guerra

Percorsi artistico-letterari per la guarigione dai traumi della guerra
19 agosto 2008
Elena Murdaca (Comitato per la Pace nel Caucaso)

Guerra. una copertina

Soldati.

Due parole indissolubilmente intrecciate. Per molti evocano immagini associate al cinema o ai reportage di guerra di qualche paese lontano dal nome esotico. Stop. Finisce lì. Eppure i soldati esistono veramente, sono persone in carne ed ossa, con un cuore, un’anima, una mente, a volte due gambe e due braccia, a volte no. Dipende da quello che ti capita in guerra. Di solito ce li immaginiamo in mimetica e armi alla mano sul campo di battaglia. Ma quando tutto finisce? All’esterno, è facile sfilarsi la divisa e infilare un paio di jeans e scarpe da tennis. Dentro qualcosa si è spezzato. Non esistono due modalità diverse civile/militare che si possano selezionare a comando e che si alternino senza danno. Il processo di adattamento da civile a militare può essere brusco e rapido: è questione di sopravvivenza. Quello di riconversione dopo la guerra, invece, è lento, doloroso e incerto. Come una persona che, con i muscoli atrofizzati per una lunga malattia che l’ha costretto a letto, deve riprendere a camminare.

Non è facile riprendere a vivere normalmente, dopo che hai visto cose che non avresti dovuto vedere, e magari hai anche fatto cose che non avresti dovuto, né tanto meno voluto fare. Soprattutto se hai solo 18 anni. O se sei minorenne e ti hanno arruolato a forza come soldato bambino.

Il giubbotto antiproiettile protegge il cuore, non l’anima. Per quella non c’è riparo, non c’è rinforzo che tenga.

Anime violentate.

Cosa succede quando tornano a casa? Teoricamente per ogni soldato dovrebbe essere previsto un periodo di terapia e riabilitazione per recuperare i danni psicologici sofferti e disintossicarsi dalla violenza. Teoricamente. Questo è quello che uno stato responsabile dovrebbe fare, per pagare il debito nei confronti dei suoi soldati, ragazzi derubati della propria giovinezza.
Qualche veterano fa carriera e diventa famoso: John McCain è probabilmente il veterano di guerra più famoso del momento, seguito da Oliver Stones, che ha magistralmente trasposto in un’epica trilogia cinematografica la sua esperienza in Vietnam.

Un gruppo di soldati russi, invece, ha intrapreso una via diversa: la scrittura. In assenza di programmi di riabilitazione, si sono rimboccati le maniche e hanno dato vita a un progetto originale, che offre una piattaforma artistica per la riabilitazione psicologica dei veterani di guerra russi. Un programma fatto dai veterani e per i veterani che trova la sua espressione delle pagine della rivista letteraria Isskustvo Voynj – L’Arte della Guerra. Nulla a che vedere con sofisticate tecniche di combattimento: si tratta di opere letterarie dei veterani di guerra. In Russia ogni generazione ha avuto la sua guerra, e quindi i suoi veterani: Afghanistan, Tadžikistan, Cecenia. Isskustvo Voynj offre loro la possibilità di raccontare la propria esperienza di guerra, gli episodi di cui sono stati testimoni o protagonisti. Racconti, articoli, versi. Alcuni davvero pregevoli.

Il movente è terapeutico: scrivere è un modo per liberarsi dall’oppressione della guerra, curarsi e recuperare un po’ di normalità. Insomma, far uscire la guerra da dentro di sé. Arkadij Babchenko è uno dei promotori del progetto. Veterano delle guerre cecene, e oggi giornalista della Novaja Gazeta, parla della scrittura come modo per curarsi, ma anche come modo per saldare il debito con chi dalla guerra non è tornato. Sulla sua esperienza in Cecenia si può leggere il suo libro “Alchan Yurt” (titolo originale N.d.r. la sua pubblicazione in lingua italiana è prevista da Mondadori per il 2009). Per adesso è disponibile la versione inglese “One soldiers’ war in Chechnya”.

Il risvolto curioso e forse imprevisto, è che un progetto pensato e realizzato interamente da ex-combattenti si è rivelato un progetto antiguerra. Forse, se fosse stato pensato appositamente come tale, non sarebbe così ben riuscito. “Non ci sono altre guerre: le guerre sono tutte uguali, cambiano solo lo spazio e il tempo, ma la guerra è sempre la stessa” dichiara Arkadij Babchenko con tono pacato. Per questo motivo, oltre ai racconti di guerre russe si possono leggere i componimenti di chi ha combattuto in Vietnam, Korea, o più recentemente in Iraq, di chi ha visto con i propri occhi le guerre dei Balcani o del Rwanda. Al momento mancano le testimonianze degli italiani, che però sono calorosamente invitati a partecipare: “Mi piacerebbe che ci scrivessero veterani italiani che hanno combattuto in Russia. Vorrei sapere che rapporto hanno con noi russi, se ci considerano nemici oppure no, se qualcuno sente il desiderio di uccidere un russo, o se invece l’atteggiamento è tranquillo, normale” dice Arkadij.

Per adesso la straordinaria ricchezza umana e letteraria di Isskustvo Voynj è accessibile solo a quanti godono del privilegio di conoscere la lingua russa. Nell’attesa di una versione in inglese, un anticipo per il lettore italiano: un racconto ambientato in Afghanistan a firma di Artem Šejnin.

Valera.

Note: Riferimenti utili:
- Sulla guerra in Cecenia: Arkadij Babchenko, One soldier’s war in Chechnya, Portobello
Books, 2007
- Sulla guerra in Afghanistan: Aleksievich Svetlana, I ragazzi di zinco, Edizioni E/O, 2003
- www.navoine.ru
- www.novayagazeta.ru

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