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Il treno di Natale

Natale 2005

I ricordi più belli che ho della mia infanzia sono tutti legati al Natale. Ogni anno l'acquisto dell'albero rigorosamente "vero" insieme a papà la sera del 7 Dicembre dava il via ai festeggiamenti. L'addobbo in casa, le luci, la raccolta del muschio per il presepe, la preparazione della cena per la Vigilia da trascorrere con tutti i parenti riuniti, la caccia al tesoro preparata da papà per il pomeriggio del 25, il sottofondo di canzoni natalizie, sono solo alcuni dei tanti momenti che mi tornano in mente con nostalgia. Mi rendo conto solo ora che ho sempre vissuto le settimane di preparazione al Natale e il Natale stesso come un periodo privilegiato in cui tutta la famiglia si fermava dalle corse che la quotidianità impone, come un'occasione per sentire più intensamente il calore degli affetti, per porsi con più attenzione in ascolto degli altri e per fare in qualche modo un "tagliando" lungo la strada che ogni cristiano deve percorrere verso il cielo. Al giorno d'oggi ci sono così poche occasioni per fermarsi a riflettere, impegnati così come siamo a correre e a voler raggiungere obiettivi sempre più irragiungibili. Non c'è più tempo per niente e per nessuno, andiamo sempre di fretta e spesso non rispondiamo alle richieste di aiuto che vengono da ogni parte, perché non riusciamo più neanche a sentirle. Viviamo in una società in cui se sei debole soccombi, in cui se non sei efficiente, se non produci, se non ti fai capire al primo tentativo non vieni più ascoltato, in cui se sei anziano, malato, poco interessante, depresso, vieni messo da parte perché fai perdere del tempo prezioso. Ormai non ci accorgiamo nemmeno di quanto male facciamo anche solo con delle omissioni apparentemente innocue: quando non ascoltiamo dal nonno la storia di quando era disperso in guerra perché l'abbiamo già sentita tante volte, quando non facciamo la telefonata all'amica che sappiamo in difficoltà perché non sappiamo cosa dirle, quando non andiamo a trovare la vecchia zia alla casa di riposo perché tanto non ci riconosce, quando cambiamo strada se vediamo arrivare verso di noi l'amico un po' depresso perché parla tanto e abbiamo già troppi problemi. Non dovremmo mai dimenticare che il Signore viene fra noi nei panni di un bambino indifeso, con uno sguardo che chiede solo affetto e comprensione, carico di aspettative nei confronti del mondo, che è poi lo stesso sguardo che ha Gesù che muore sulla croce per noi. Il mondo è pieno, e oggi più che mai, di quegli sguardi, di occhi che implorano attenzione, che hanno bisogno solo di un sorriso per trovare la motivazione per andare avanti. Ma noi sembriamo ormai non farci caso. Quando però la vita ci costringe a fermarci e ci fa ritrovare quello stesso sguardo negli occhi delle persone che amiamo (per una malattia che sia del corpo o dell'anima), l'indifferenza della gente ci ferisce profondamente. Faremmo chissà cosa per trovare in giro un po' di umanità, che purtroppo scarseggia sempre più. Ad un tratto ci accorgiamo che l'egoismo impera e ci ricordiamo di quando anche noi non abbiamo dato ascolto a richieste di aiuto più o meno velate, cercando magari di far tacere la coscienza con giustificazioni più o meno credibili. E allora ripensiamo agli occhi di quel bambinello che baciamo a Natale in Chiesa e che deponiamo nella capanna del presepe cantando Astro del Ciel e ci tornano in mente le parole del Vangelo di in cui Gesù dice che ogni volta che non avremo dato da mangiare da bere o da vestire "ad uno di questi piccoli" è come se non lo avessimo fatto a Lui. E ci ripromettiamo di fare quelle visite tanto rimandate, di ascoltare con attenzione quello che gli altri hanno da dire e di prenderci del tempo per riflettere su cosa il Signore vuole veramente da noi. D'altra parte quest'ansia di correre da cui ci facciamo prendere ci fa perdere di vista molte cose belle. Pensiamo al fatto che prendendo un aereo arriviamo sicuramente molto prima, ma perdiamo lo spettacolo della natura di cui potremmo godere appiccicando il naso al finestrino di un treno che passa in mezzo a boschi e campagne innevate. Proviamo ogni tanto a salire su quel treno e lì scopriremo anche il piacere di conversare amabilmente con chi l'aereo non può prenderlo più o non ha mai potuto prenderlo ma ha tante più cose da raccontare di chi vola solo perché forse non sa più camminare fra la gente. Raffaella