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I protagonisti ignorati nell'iconografia del Giudizio Universale

Pasqua 2006

Giudizio universale


Quello del Giudizio Universale è certamente uno dei soggetti più sfruttati nell'arte sacra di tutte le epoche. Dagli oscuri maestri delle chiese altomedioevali e dai mosaicisti d'ispirazione bizantina fino ad arrivare ai più famosi Giotto della Cappella degli Scrovegni e Michelangelo della Sistina, sicuramente il Giudizio più presente nell'immaginario collettivo (senza dimenticare Bosch e Dürer tra gli stranieri), moltissimi artisti si sono cimentati nel dare forma e colore alle proprie inquietudini sulla sorte finale e alle paure collettive e quotidiane della società del loro tempo. Ciò è avvenuto praticamente popolando l'Inferno figurativo (ma lo si può dire anche per la Divina Commedia) con i cattivi, reali o presunti, di turno, con curiosi effetti indesiderati che oggi definiremmo "politicamente scorretti", come nel caso del Giudizio di Giovanni da Modena presente nella Cattedrale di San Petronio a Bologna, in cui un Maometto collocato tra i dannati e corrispondente peraltro alla paura-odio del Saraceno vigente all'epoca (e non solo in quella purtroppo), si è attirato qualche anno fa le ire distruttive degli integralisti islamici. E sempre sul versante socio-psicologico, si può notare pure come nel meditato piano decorativo delle chiese medievali che prevedeva le Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento sulle due navate e quelle della Passione nel presbiterio, il Giudizio fosse collocato generalmente sulla controfacciata, ossia sulla parete interna della facciata, con un efficace effetto di monito sui fedeli che uscivano dalle funzioni. Al di là di queste considerazioni generali però, si vuole qui richiamare l'attenzione sull'iconografia che caratterizza tale soggetto figurativo: sono infatti presenti, fatte salve le differenze stilistiche e formali vigenti nei diversi secoli, solitamente i seguenti elementi:
-il Cristo Giudice, nella Sua luce gloriosa, che sia quello ieratico e chiuso nella sua mandorla, d'ispirazione bizantina, o quello adirato e plastico di Michelangelo, che appare impegnatissimo nel punire, più che nel premiare o nel mostrare misericordia, che sembra incutere timore persino nella Madonna, spaurita, accanto a Lui e che con il mulinare delle braccia detta il movimento a tutta la composizione;
-gli Eletti, sereni e gioiosi nei loro atteggiamenti, accolti in un verdeggiante paesaggio di sfondo dagli angeli, talvolta musicanti, o recanti un cartiglio con il versetto "Venite, benedetti dal Padre mio...";
-i Dannati, precipitati in una voragine fiammeggiante da diavoli torturatori con frusta, che sono rappresentati, specie negli affreschi altomedioevali, con ali di pipistrello, code di drago e quant'altro, attingendo ai più fantasiosi, mostruosi e tremendi bestiari dell'epoca;
-gli Angeli che risvegliano i Morti dal loro sonno, gli Angeli con la tromba ben evidenti in Michelangelo, quei "quattro angioloni co le tromme in bocca" che forse aveva negli occhi Gioacchino Belli scrivendo nel 1831 il sonetto "Er giorno der giudizzio".
Di fronte a questa consolidata iconografia però, mi sono talvolta chiesta se ci fossero protagonisti ignorati, se in questa foto di gruppo della cerimonia di chiusura della Storia mancasse qualcuno, se mancassero proprio quei soggetti a favore dei quali viene amministrata la giustizia divina. Ebbene, sulla scorta del relativo passo evangelico di Matteo 25,31-46, che fa da codice penale e di procedura penale in questo processo alla Storia individuale e collettiva, si può affermare che mancano proprio le parti civili, le parti offese, quei "fratelli più piccoli" che sono ben presenti e visibili, anche se silenziosi, sulla scena (in questo senso il dimostrativo latino è molto preciso) e che sono la cartina di tornasole, in base alla quale sarà decisa la felicità e la dannazione eterna di ciascuno. Essi sono le vittime e gli emarginati di tutte le epoche e di tutti i luoghi: poveri, bambini morti di fame, barboni, drogati e malati di AIDS, anziani soli e disabili alla mercé di barriere architettoniche e culturali, per non parlare dei lavoratori disoccupati o precari.
Certo è, sia detto per inciso, che occorrerà davvero una perizia onnisciente per dipanare e valutare quella matassa inestricabile che sono il comportamento e l'animo umano, per cui possiamo essere vittima e carnefice allo stesso tempo. Ma questa è un'altra storia. Tornando invece alla nostra iconografia del Giudizio, io ho un sogno: che un artista dipinga magari un Omaggio a Michelangelo che reinterpreti quell'affresco, un'opera in cui quel braccio sinistro del Cristo Giudice si tenda per indicare un gruppo figurativo, illuminato dalla Sua stessa luce di gloria, in cui siano rappresentati appunto "questi miei fratelli più piccoli": un bambino di colore smagrito ma giocondo che vorrebbe accarezzare il piede di Maria tendendole la manina tremante, un barbone col viso sorridente, eppure scavato dagli urti della vita, un anziano che si appoggia ad un bastone...come ad un gonfalone vittorioso, un paraplegico sopra la sedia a rotelle, come su un carro da trionfo... La rappresentazione di un'utopia, come a suo tempo nella canzone, forse a sua volta un po' venata di razzismo, "Angeli negri", in cui si chiede al pittore di accompagnare un angelo d'ebano alla Vergine bianca perché il Signore "...tiene accanto/ anche i negri che hanno pianto..."? Ma attraverso la fede si trasforma in rappresentazione di una realtà. Antonella Iannucci