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La Famiglia ieri e oggi

Natale 2008

Alla grotta

È incredibile come, a volte, un semplice gesto o un rumore ci faccia tornare indietro nel tempo, evocando immagini care di vita domestica del passato, apparentemente dimenticate in un angolo più remoto della memoria.

Ieri, seduta dinnanzi al caminetto del tinello, ascoltando il crepitio del fuoco, ho ricordato la grande cucina della mia infanzia, con il focolare che occupava quasi l’intera parete. La cucina, allora, era il cuore, il fulcro della casa perché nella sala da pranzo si soggiornava solo nelle grandi occasioni. Improvvisamente è stato come uscire dal corpo e tornare in quello spazio che man mano si animava di care presenze. Mi sono rivista bambina, con la mia famiglia seduta, dopo aver consumato il pasto serale, intorno al camino.

Era bello, nelle invernate gelide sentire sulla pelle il calore gradevole della fiamma che diventava un tutt’uno con il calore umano che davano, a me e a mio fratello, i genitori e i nonni che vivevano in casa. Si conversava tanto in famiglia: papà raccontava a mamma la sua giornata lavorativa e le chiedeva se noi bambini eravamo stati buoni e ubbidienti; la mamma gli faceva il resoconto dettagliato dei vari problemi che aveva dovuto affrontare durante la giornata e le difficoltà incontrate; noi bambini parlavamo loro delle nostre piccole-grandi esperienze o scoperte. I nonni, poi, erano come un libro aperto, ci affascinavano con i racconti del loro passato e con le fiabe in dialetto i cui personaggi magici, fantastici facevano correre, a briglie sciolte, la nostra già fervida fantasia.

E, immancabilmente, prima di andare a dormire, si recitava tutt’insieme il Santo Rosario. Io penso che mi sia fatta l’immagine di Dio sul modello del mio papà, che ha lasciato in me un’impronta indelebile. Papà mi dava sicurezza, mi incoraggiava, mi insegnava l’onestà. Quando mi prendeva in braccio, mi sentivo l’ottava meraviglia dell’universo. Sapevo che qualsiasi cosa mi sarebbe capitata, lui mi sarebbe sempre stato accanto, per proteggermi e guidarmi.

La mamma era la donna forte della Bibbia, non l’ho vista mai arrendersi nelle prove della vita. Ripeteva sempre: “Dio non abbandona mai nessuno”. Mi ha trasmesso la sua fede, il suo sentirsi affidata alla volontà di Dio. C’erano tanti poveri a quel tempo e per ognuno aveva un gesto di solidarietà, di comunione fraterna. Per loro, mi dava delle piccole commissioni, raccomandandomi di mantenere il segreto. Mi diceva: “La mano destra non deve sapere quello che dà la sinistra”. Come erano dolci e teneri i suoi baci, fra le sue braccia, mi sentivo come in un caldo nido. Mio nonno era un po’ burbero, non ricordo mi abbia mai preso in braccio o sulle ginocchia, però, era orgoglioso di me, quando mamma gli diceva che mi ero comportata bene e mi rendevo utile nei lavori domestici. Aveva una tasca magica, da cui, come un mago giocoliere, faceva uscire caramelle, confetti, zuccherini, figurine, pietre fantastiche.

Mia nonna era speciale, con la sua dolcezza, riusciva ad addolcire il mio carattere un po’ permaloso e ribelle, in quel periodo. Era semianalfabeta, ma aveva una grazia che traspariva dal suo portamento, dalle sue parole. Ricordo che, prima di morire, le regalai una rosellina gialla colta in un giardino vicino casa nostra. La odorò, mi sorrise e mi disse: “Stellina, promettimi che nella vita ti conserverai profumata come questo fiore”.

La mia famiglia non era l’unica meravigliosa, a quel tempo. In ogni casa, regnavano il timor di Dio, il vero Amore, il senso di appartenenza, la concordia. Per i bambini, la famiglia era un’oasi verde che naturalmente, gradualmente li aiutava nello sviluppo armonico della personalità psico-fisica e spirituale.

* * *

Oggi, al posto del focolare, intorno al quale si riuniva tutta la famiglia, c’è “mamma” televisione, anzi più di un televisore, perché ogni membro della famiglia vuol vedere un programma diverso. Vengono meno il dialogo, la conversazione, l’educazione del cuore, nonché la dimensione storica del tempo, offertaci, nel passato, dalla presenza dei nonni, oggi abbandonati nelle case di riposo. Ogni persona diventa un’isola e si rischia di diventare degli estranei che vivono sotto lo stesso tetto. I bambini, giorno dopo giorno, ora dopo ora, come avviene con lo stillicidio lento ma continuo della flebo, “soli” davanti alla tv, al videogame e al computer, assistono a trasmissioni non adatte all’età, che offendono la pubblica decenza, il pudore, sovvertendo e svalutando i principi morali e religiosi inculcati in famiglia. Senza l’aiuto chiarificatore di mediatori adulti, anch’essi vittime del sistema lavorativo odierno, con ritmi sempre più convulsi, frenetici, stressanti, spersonalizzanti, non sono in grado di esercitare, da soli, le capacità critiche, perché sprovvisti di “filtri” mentali, che fanno discernere il reale e l’immaginario, il bene e il male.

A questo tipo di famiglia monocellulare, da considerarsi quasi normale, si affianca quella “spezzata”, allargata, divisa da separazioni e divorzi, con continui conflitti di coppia, con lo scambio di accuse reciproche, con gli egoismi e infantilismi degli adulti, con il formarsi di nuove famiglie, che generano nei figli di separati una ferita che non si rimarginerà mai. In essi scaturiranno crisi del senso di appartenenza alla propria famiglia, e del processo di identificazione nelle figure dei genitori, sensi di colpa immotivati, disagi psicologici che vanno dalla depressione all’anoressia e/o bulimia, dall’autolesionismo all’aggressività che sfocia spesso nella violenza, in malattie psicosomatiche che una volta non intaccavano l’infanzia e l’adolescenza. Ad un osservatore attento dei fenomeni sociali, non sfugge che gli adolescenti, i giovani di oggi sono evoluti, sviluppati sul piano intellettivo, nozionistico, ma straordinariamente immaturi su quello psicologicoaffettivo perché sono ex bambini dall’infanzia negata, costretti, loro malgrado, a bruciare le tappe della crescita, a subire traumi affettivi, a maturare nel dolore, in fretta, a diventare grandi senza essere stati bambini, a capire, senza essere a loro volta compresi, le ragioni del dramma delle separazioni dei genitori.

Non si può essere nostalgici del passato: il modello della famiglia patriarcale è tramontato con l’avvento dell’era industriale, postindustriale e tecnologica. La vita non procede in retromarcia. I genitori, però, specie le giovani coppie che si avvicinano al matrimonio, devono farsi carico delle loro responsabilità, prendere coscienza che il loro carisma è quello dell’educazione dei figli, che non vanno lasciati in balia di se stessi, ma guidati con amore verso la scoperta del senso della vita, con un’attenzione costante e non episodica. E’ vero che il lavoro sottrae tempo alla famiglia, ma quel che conta non è la quantità delle ore da dedicare ai figli, bensì la qualità. I genitori, degni di questo nome, non devono dimenticare che nessuna educazione può essere avulsa dal contesto religioso. Insegnare ad un bambino a pregare è donargli la forza più importante nella vita. La famiglia, come afferma l’arc. B. Forte, deve riscoprirsi come “piccola Chiesa, comunità di fede, di speranza e di amore condiviso e donato a cominciare dalla scelta di introdurre o ravvivare la preghiera insieme prima dei pasti, come atto di benedizione, di ringraziamento e di offerta a Dio di tutta la comunità familiare”. Nel diritto romano, la famiglia era chiamata il “seminario della Repubblica”, in altre parole il luogo dove si semina, dove si mettono le basi della società. Se una famiglia è sana, dà frutti sani e sarà una risorsa preziosa per la propria nazione e per il mondo intero. AUGUSTA CORDONE