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Gesù e la Samaritana

Natale 2014

Gesù e la Samaritana


Nel quadro sempre delicato e stimolante degli incontri di Gesù con il genere femminile si collocano due episodi che sembrano secondari nella successione della narrazione evangelica, ma che invece contengono spunti molto interessanti di carattere culturale e teologico. Ci si riferisce in particolare ai rispettivi incontri di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe e con la Cananea, di cui ci si occuperà in seguito. Si può innanzitutto notare come entrambe le protagoniste delle nostre storie con le loro rispettive vicende personali e i loro contesti storico-culturali appartengano a quelle "periferie del mondo" tanto care a Papa Francesco e perciò tanto più attuali da analizzare: in questo senso il caso della Samaritana è assai significativo. L'episodio è riportato in questi termini nel solo Vangelo di Giovanni al cap. 4:

Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere". I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva". Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?". Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna". "Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua". Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui". Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero". Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare". Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità". Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa". Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo". [.....] Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto". E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".

Dal brano si capisce come i Samaritani (la Samaria era una regione montuosa situata tra la Galilea, a nord, e la Giudea, a sud) fossero emarginati e discriminati dagli altri componenti del popolo ebraico perché praticavano una versione diversa della religione comune, un po' come cattolici e protestanti, che non riconosceva la centralità di Gerusalemme e del suo tempio, nonché delle autorità religiose che vi risiedevano, come luogo principale del culto a Dio, preferendo a questo il loro monte dove.

Gesù e la Samaritana


A questa situazione di emarginazione collettiva storico culturale si aggiunge l'emarginazione e discriminazione individuale della nostra protagonista, che si intuisce dal fatto che la donna si rechi ad attingere l'acqua nell'ora più calda del giorno e da sola, quando in genere tale operazione si effettuava nelle ore più fresche della giornata e costituiva un'occasione di aggregazione e di conversazione per il genere femminile. Nel corso del dialogo poi si viene anche a scoprire la ragione di tale emarginazione, ossia la situazione di concubinato, o per dirlo in termini più moderni, di convivenza in cui la donna si trovava a vivere, che viene fuori dopo la richiesta rivelatrice di Gesù di andare a chiamare il marito e che costituiva per lei un marchio d'infamia da parte dell'opinione pubblica della città di Sicar. Si deve però subito notare e precisare come tale richiesta di Gesù non abbia avuto alcuna volontà di giudizio negativo e mi piace anzi pensare che sia stata fatta con un sorriso bonario sulle labbra insieme alla successiva precisazione di come non si trattasse del marito ma di un semplice convivente dopo altri " cinque mariti", anche se i Vangeli non riportano le descrizioni delle emozioni di Gesù, mostrandole inoltre così un interesse e una considerazione per la sua complessa e dolorosa storia personale, che mai nessuno le aveva dimostrato e che spazzano via in un solo colpo quella emarginazione e quella discriminazione.

Una riprova delle buone intenzioni di Gesù nei confronti della sua interlocutrice è data anche dalla meraviglia iniziale di quest'ultima di fronte alla richiesta di dargli da bere, nonché dalla spontaneità colloquiale con cui il Salvatore, dopo lo spostamento della conversazione voluto dalla donna sui cosiddetti "massimi sistemi" religiosi, le regala e ci regala due concetti teologici nuovi e importanti per la nostra fede: quello di Gesù come fonte da cui scaturisce l'acqua della salvezza, simbolo del battesimo, ma anche del sangue versato per la remissione dei peccati e quello, forse ancora più importante, del culto che si deve rendere a Dio "in spirito e verità", ossia nel proprio cuore e con la propria testimonianza pratica della vita, che comporta il superamento della disputa tra Samaritani e Giudei sulla centralità dei rispettivi luoghi di culto.

Tornando però ora alla protagonista della nostra storia, si può certamente senza dubbio affermare che la Samaritana rimane molto colpita dall'incontro, tanto che si reca subito a raccontarlo ai propri concittadini, ma si deve anche precisare come quest'ultima di quell'incontro non testimonia agli altri il fatto astratto dell'adorazione di Dio in spirito e verità o quello dell'acqua che dona la vita eterna, bensì, per dirla con le sue parole, "mi ha detto quello che ho fatto", cioè quello che riguarda la propria persona e la propria condizione, ossia che Gesù abbia conosciuto e riconosciuto gli episodi dolorosi della propria vita, dandole così l'importanza e il riconoscimento che meritava.

Ciò accade però anche perché ad un certo punto del dialogo si verifica, in questo come in altri numerosi casi nei Vangeli, una rottura nella comunicazione tra i due interlocutori (così che sembra sempre che i destinatari del messaggio siano altri), dovuta al fatto che Gesù comincia ad utilizzare il livello metaforico e simbolico dell'argomento della conversazione, ossia l'acqua, il pozzo e come attingervi, che diventa perciò simbolo di se stesso e del suo sangue che dona la vita eterna, mentre la donna rimane ancorata al livello letterale dell'acqua come liquido fisico difficile da trasportare, se non con grande fatica, tant'è vero che in seguito chiede a Gesù di procurargliela proprio per liberarla da quella fatica che gli costa tanto fisicamente e soprattutto moralmente. Questo dimostra anche come sia difficile per noi accettare la prospettiva di vita eterna proposta dal Salvatore, impegnati come siamo a migliorare questa vita terrena. Tuttavia mi sono sempre chiesta - e qui la mia riflessione si fa preghiera - se sia davvero così incompatibile la ricerca della felicità eterna con quella di una vita presente tranquilla, serena e operosa nel bene, in cui il Padre celeste intervenga almeno per eliminare quei mali subiti che non ci siamo procurati e contro i quali non abbiamo mezzi per combattere .

Da questa storia s’impara inoltre che noi saremo tanto più credibili e convincenti nella nostra testimonianza di vita cristiana, quanto più racconteremo agli altri non tanto concetti teologici astratti e complicati, ma piuttosto cosa il Signore in pratica abbia fatto, ed in quale modo, per noi e la nostra vita. L'efficacia di tale tipo di testimonianza è dimostrata dalla reazione dei concittadini della Samaritana riportata qualche versetto più sotto nel brano evangelico, da cui si capisce come questi ultimi si incuriosirono ed andarono di persona ad incontrare Gesù e non importa se finirono col sottovalutare la testimonianza della stessa donna (bisogna ricordare infatti che all'epoca le donne non erano ritenute credibili nemmeno nei tribunali), poiché l'essenziale è fare scattare la curiosità e l'interesse per un incontro, quello personale e diretto con il Salvatore del mondo, che può richiedere un momento o anche tutta una vita per realizzarsi.

In conclusione non posso quindi che augurare a me e a voi, specialmente in questo periodo, il verificarsi di questo evento nella nostra vita per illuminarla con una gioia infinita da trasmettere anche agli altri. Perpetua