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L’Occidente: paura dell’Islam o paura di se stesso?

Pasqua 2015

Occidente


Le cronache di questi ultimi tempi sono purtroppo costellate di notizie raccapric-cianti sulla ferocia del fondamentalismo islamico, innescando nel mondo occidenta-le una pericolosa paura nei confronti del mondo arabo tout court, senza distinzione e spesso alimentando un conflitto di religioni.
Riflettevo, però, sul fatto che l’Occidente dovrebbe temere più se stesso che l’Islam.
Mi spiego, onde evitare che queste mie parole, volutamente provocatorie, possano ingenerare nel lettore un fraintendimento.
Alcuni giorni fa è apparsa la notizia che alcuni professori universitari di Bologna hanno fatto ricorso ai tribunali per impedire le benedizioni pasquali nelle scuole.
E’ accaduto a Salerno che in una scuola dell’infanzia, su richiesta di genitori atei, è stato rimosso il presepe. E’ notizia che l’Università di Firenze abbia fatto appello per la rimozione dei simboli religiosi nell’ateneo.
Insomma, tutti i giorni, in nome di un laicismo imperante, che è concetto ben diver-so dalla laicità, i nostri connazionali o comunque occidentali in genere, fanno di tut-to per abolire la religione cristiana dalla vita dell’uomo, per soffocare ogni anelito spirituale, mascherando tutto ciò con un presunto rispetto nei confronti delle perso-ne di fede diversa.
Mi preme far notare che, nella maggior parte dei casi, non sono le persone di fede diversa a farsi promotrici di tali campagne, ma gli occidentali stessi!
Ricordo, infatti, che la famosa querelle sul crocifisso nelle aule scolastiche, sfociata nella sentenza della Corte di Strasburgo del 2009, era stata iniziata da una signora italiana di origini finlandesi.
Allora, non sarà che dovremmo preoccuparci un po' di più del fatto che stiamo per-dendo la nostra identità cristiana?
Solo un uomo che non conosce o non riconosce la sua vera identità teme l’altro, il diverso, sentendosi minacciato.
Se l’occidentale ricordasse le proprie origini cristiane, se incarnasse a pieno lo spi-rito del Vangelo, se frequentasse di più le Chiese per incontrare il Dio vivente, non avrebbe nulla di cui temere.
Affermando ciò non vorrei essere tacciata di buonismo o di cecità nei confronti di episodi di violenza e persecuzione che provengono da alcune frange estremiste e fondamentaliste. Ma vorrei evidenziare come si possa convivere nel rispetto reci-proco delle proprie identità.
Mi reco spesso nei paesi musulmani, ho amici di fede islamica con cui dialogo mol-to, ebbene mai mi sono sentita minacciata nell’espressione della mia fede; anzi, maggiore è il rispetto quando il musulmano si rende conto che l’interlocutore ha le sue proprie convinzioni religiose. Spesso i miei amici in Marocco mi chiedono per-chè gli italiani che si recano lì in vacanza non si informano mai se c’è una Chiesa cattolica per partecipare alla messa domenicale; mi chiedono perchè non diamo senso al cammino quaresimale, perchè ci riteniamo onnipotenti cercando di guidare e direzionare in modo autonomo le nostre esistenze allontanando Dio dalla nostra vita.
Di fronte a queste domande rimango in silenzio e mi interrogo su quanto stiamo perdendo della nostra eredità e del nostro patrimonio spirituale.
E mi vengono in mente le parole di Padre Piero Gheddo, noto missionario: “Se l'Occidente vuol dialogare e affrontare la sfida dell'islam, deve ritornare a Cristo. La civiltà che abbiamo fondato noi cristiani oggi non accontenta nessuno, nemmeno i nostri popoli che l'hanno iniziata. È una civiltà senz'anima, senza speranza, senza bambini e senza gioia, di cui sono segno i troppi fallimenti di una società senza Dio. Non si è ancora capito che i Dieci Comandamenti e il Vangelo sono gli orientamenti che Dio ha dato, a noi uomini da lui creati, per vivere una vita che porti alla serenità, alla fraternità e solidarietà, all'autentico sviluppo, alla giustizia e alla pace.”
Lucia