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Lo sguardo del Cuore di Dio e la cecità dei nostri cuori

Natale 2017

“Il poeta cerca solo di mettere la testa in cielo. È il logico che cerca di mettere il cielo dentro la propria testa. Ed è la sua testa che si spacca”. Qualche mese fa mi è tornata in mente questa frase, letta casualmente su internet diversi anni fa, davanti alle reazioni suscitate da un messaggio di Papa Francesco. Un messaggio carico di significati, profondo, riflessivo, ancorato al Magistero della Chiesa e ricco di riferimenti ai suoi predecessori. Tutto spazzato via da polemiche e assurdi ripiegamenti su situazioni ben più infime e piccole. Nelle omelie di questi anni don Silvio varie volte ha sottolineato due verità che per noi cristiani dovrebbero essere quasi scontate e basilari: quel che ci può attendere in Cielo è così bello che nessuno di noi può neanche solo immaginarlo, così non possiamo anche solo minimamente capire quanto è grande e immenso l’Amore del Cuore di Dio. Eppure troppo spesso si preferisce tarparsi le ali, scegliere ben altre strade, deviare i nostri cuori su ben altri binari. Come, appunto, successo mesi fa. Davanti alla verità del Vangelo, di fronte ad alte riflessioni, si è preferito volare basso. Anzi, non volare proprio, cercare presunte “verità” sulla terra per meschini “ragionamenti” egoistici e di interessi di poco valore.

Una scelta che tutti noi, più o meno quotidianamente, ci troviamo ad affrontare: mettere la testa in cielo e vivere seguendo una Verità infinitamente più grande, immensa, ricca – anche se non del tutto accessibile – o cercare di rinchiudere quel che non può essere rinchiuso, camminare verso la Perfezione o perdersi per sentieri senza alcuna meta di valore. Un motto popolare dice che Dio può scrivere dritto anche sulle righe storte. Ma possiamo anche noi scrivere storto sulle righe dritte se non vogliamo comprenderlo, se non vogliamo sollevare gli occhi al cielo, se preferiamo gli affanni e gli egoismi terreni e non aprirci alla Ricchezza. Potrà sembrarci che le righe storte non ci conducano da nessuna parte, in un vicolo buio e cieco o in un terreno arido e senza frutto. Non è invece così. Perché chi può scrivere dritto sulle righe storte ha sempre il tornante migliore pronto. Mentre colui che può contare all’apparenza su un terreno florido e con tanti frutti al primo inverno gelido può perdere tutto. Ammesso e non concesso che veramente avesse qualcosa. E non fosse solo apparenza. Quando Jean Vanier fondo l’Arca disse di averlo fatto con profonda ingenuità. E che tutto era nato visitando un manicomio a sud di Parigi. Nelle grida e nel clima di tristezza presenti sentì una misteriosa presenza di Dio. Quella misteriosa presenza che, parafrasando il teologo francese Robert Cheaib in un’intervista al settimanale Credere, oggi possiamo sentire anche solo “assaggiando le briciole delle cose buone”. Ma, davanti a quelle briciole, come non voler anelare alla “mensa traboccante”? Quella misteriosa presenza che agì, e venne accolta, nella vita di una giovanissima ragazza di Treviglio. Angela Tiraboschi, sulla cui vita qualche mese fa è stato pubblicato anche il libro “Vivere a colori” e si potrebbe aprire la causa di beatificazione, ha cominciato a sentire e ad abbandonarsi a quella misteriosa presenza durante la preparazione alla Prima Comunione. “A scuola – ha raccontato l’autore del libro, Cristian Bonaldi, a Famiglia Cristiana - era considerata un esempio da seguire, coinvolgeva i propri compagni in profonde riflessioni spirituali, e conquistava i cuori anche di chi era scettico”. Dopo la maturità scoprì di avere un tumore. Che, dopo una lunga lotta, pensò di aver vinto. Fin quando non scoprì di avere delle metastasi alle meningi. E in pochi giorni la sua vita terrena si concluse. La sua, se la vedessimo solo con gli occhi e i calcoli di questa vita, del nostro parziale e fallace sguardo, dovremmo considerarla solo una vicenda triste e dolorosa. Ma per Qualcuno lassù probabilmente non è stato così. E sin dagli anni dell’infanzia aveva preparato un altro destino. Un destino luminoso, che era pronto per lei anche se lei non lo conosceva. E forse non solo per lei. “Non buttiamo via il nostro tempo. Viviamo intensamente facendo il bene e dando felicità e amore agli altri” era una delle sue bussole quotidiane. Lo ha fatto nella sua giovane vita. E forse lo ha continuato a fare anche dopo. Una giovane mamma, da anni in guerra con la suocera, disse di aver sentito un fortissimo calore durante il funerale e il desiderio di abbracciare la suocera e riconciliarsi con lei. Un ragazzo prese la decisione definitiva, dopo molti tentennamenti, di assecondare la sua vocazione al sacerdozio nella stessa occasione. Molte persone hanno inviato alla famiglia la loro testimonianza. Raccontando di essersi affidate a lei.

Dopo l’inizio del Giubileo della Misericordia, la nostra Raffaella scrisse a Natale che “non c'è attraversamento di Porta Santa che possa aiutarmi, se non apro la porta del mio cuore a Gesù”. Gesù torna a bussare anche quest’anno, nella Santa Notte in cui verrà celebrata la sua Nascita. E nei giorni, settimane, mesi successivi. Bussa con le tenere e dolci braccia di un Bambino. Il Piccolo Principe disse che i bambini devono sempre spiegare le cose agli adulti perché questi, studiando sui loro libri, hanno perso l’intuizione e l’immaginazione. E il Bambino ogni tanto torna a spiegarci quanto di più importante esiste. E che, piegandoci sulle nostre vuote e terrene certezze, rischiamo di dimenticarci. Se l’essenziale è invisibile agli occhi e non si vede bene che con il cuore, ed è così, quanto ancor meglio potremmo vedere se il Cuore fosse quello di Dio?

Alessio