Una riflessione di Legambiente su inquinamento e politica “Le dichiarazioni e le interrogazioni parlamentari in soccorso dell’Ilva sembrano l’ennesimo segnale di una certa subalternità dei nostri rappresentanti politici all’Ilva. Certamente l’allarme sociale creato dall’eventualità di migliaia di licenziamenti doveva avere una risposta, ma ci si aspetterebbe che anche le istanze dell’ambiente trovassero un loro spazio nelle dichiarazioni, qualche distinguo, qualche parentesi. Invece nulla”. È una dura presa di posizione quella del circolo Legambiente di Taranto, in ordine al Piano Nazionale delle Allocazioni di CO2 (Pna), redatto dal Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero delle Attività Produttive ed inviato a Bruxelles. “Quale che sia la soluzione che verrà data al problema - prosegue il documento – resta comunque l’urgenza imprescindibile di abbattere l’impatto ambientale derivante dalla produzione industriale della nostra città. Bisogna stare attenti a non mescolare le due questioni, ovvero quella delle emissioni di CO2 e quella dell’enorme impatto ambientale dell’Ilva, ma occorre dire con fermezza che un ulteriore aumento della produzione non è accettabile se non riportando gli indicatori dell’inquinamento a livelli sensibilmente più bassi. La riunione in Prefettura del 1° marzo per la verifica degli adempimenti dell’ Atto d’intesa, risulta essere stata interlocutoria. Questi sono i ritmi che l’azienda siderurgica vuol imporre”. In ordine alle quote di emissione di Co2, secondo Legambiente “nei numerosi interventi che si sono succeduti sui media locali e nella stessa interrogazione parlamentare, però, le cifre e le argomentazioni svolte hanno destato qualche perplessità, tanto da farci porre una serie di domande e da sollecitarci a un’accurata ricerca di dati certi che facessero chiarezza nel ginepraio di cifre circolate nei giorni scorsi. Dando per realisticamente assumibile l’ipotesi che l’azienda siderurgica marcerà a 10 milioni di tonnellate annue di acciaio dal 2008 al 2012, l’esame attento delle cifre reali consente di ritenere infondate le lamentele dell’Ilva. Sulla produzione dell’acciaio, infatti, l’azienda, ha ottenuto un considerevole aumento delle quote di CO2, passando dall’allocazione media annua di 9 milioni di tonnellate del Pna 2003-2005 ad una allocazione media annua di 12,2 milioni di tonnellate del Pna 2008-2012, ricevendo quindi la possibilità di emettere in più 2.8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Se poi si considerano i dati consuntivi del 2005 esposti nell’Inventario Nazionale delle Emissioni e delle loro Sorgenti (INES), tenuto in adempimento alla direttiva 96/61/CE dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e Servizi Tecnici (APAT), si può vedere come, con una produzione di 9,3 milioni di tonnellate, Ilva ha emesso 11 milioni di tonnellate di CO2. Utilizzando questo stesso rapporto a fronte della prevedibile produzione di 10 milioni di tonnellate risulta sempre una possibilità residua di emettere tonnellate di CO2 pari a 400.000 tonnellate”. Lunetta Franco si chiede quindi perchè allora tanto rumore accompagnata dalla paventata possibilità di 4.000 licenziamenti? “Molto probabilmente - è la risposta - la questione è un’altra e riguarda le centrali Edison che alimentano l’Ilva. L’Edison a Taranto ha effettivamente subito una riduzione delle quote nel Pna 2008-2012 rispetto al precedente Pna, come tutte le altri centrali che operano nell’ambito della normativa fonti assimilate CIP6 del 1992. A livello nazionale sono stati assegnati 24,5 milioni di CO2 in meno a tutti gli impianti CIP 6: una bella cifra, che tuttavia non ha sollevato nessuna reazione particolare (ad eccezione di Taranto). Perché? Perché in realtà gli impianti CIP 6 possono scaricare tutti i costi extra (compreso quelli di Kyoto) in bolletta. Quindi nonostante saranno costretti a comprare sul mercato europeo crediti di CO2, non dovranno sborsare un solo euro. L’Ilva dunque protesta per quote di CO2 che non sono state assegnate all’Edison, ma sa benissimo che ciò non costituirà nessun costo aggiuntivo, in quanto il costo per l’acquisto di crediti di CO2 sarà interamente scaricato sui consumatori finali di energia elettrica attraverso un rincaro della bolletta. Ma allora qual è la ragione della protesta? È forse per il progetto di costruzione della nuova centrale da 600 MW? Se va in porto la costruzione di una nuova centrale in luogo dell’attuale CET 2 Edison che, nella richiesta dell’Ilva porterebbe da 450 a 600 MW la produzione di energia, le quote di CO2 mancanti sarebbero ancora maggiori e vi sarebbe dunque un ulteriore aggravio di spesa per l’acquisto di quelle mancanti. Forse si teme che questi costi non sarebbero neutralizzabili con lo scarico in bolletta, per possibili modifiche al regime Cip6? Infatti se il regime Cip6 tornasse alla corretta funzione di stimolo alla salvaguardia ambientale e di premio alle energie pulite e venisse limitato alle sole fonti di energia rinnovabili, esso escluderebbe le cosiddette fonti assimilate, tra le quali è inserito il gas di recupero derivante dalla produzione siderurgica. A questo punto si impone una riflessione di carattere più generale: ridurre il CO2 non riguarda il CO2 di Taranto, ma contribuisce a ridurre l’effetto serra a livello planetario. Non è una questione di localismi. È forse necessario, pertanto, disporre di qualche numero più preciso per valutare l’incidenza del costo derivante dall’acquisto delle quote di CO2 in aggiunta a quelle autorizzate dal PNA e necessarie per produrre i prevedibili dieci milioni di tonnellate annue. E questa valutazione dovrebbe tenere conto sia dell’onere totale a livello integrato Ilva-Edison, sia della ripartizione del costo tra le due aziende, per far conoscere su quali elementi economici si fonderebbero i disastri annunciati”. Secondo Legambiente “chi ha responsabilità pubbliche su questa partita deve prendere una posizione motivata e documentata, tecnicamente e dal punto di vista normativo, evitando dichiarazioni generiche per tranquillizzare l’opinione pubblica. Questo Pna sarà probabilmente respinto dalla Commissione Europea: siamo forse pertanto alle manovre preliminari per mettere le mani avanti e spuntare una miglior posizione nel Pna che andrebbe a sostituire quello attuale?”