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      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

      In evidenza

        Tonnellate di decibel fra la montagna e il mare

        Un po’ studenti, un po’ lavoratori, soprattutto musicisti. i Diane and the Shell vanno piano, sano e lontano. con il loro nuovo disco in su fino a trentamila piedi di quota come una «scatoletta di metallo munita di ali, lanciata a folle velocità nel bel mezzo di una turbolenza»

        di Rocco Rossitto

        «Scena catanese un corno” dice Peppe ridendo. «Questo – continua – è un argomento delicato. Esistono diverse band nell’area Catania e provincia, ma io ho come la sensazione che poche siano votate allo sperimentazione, magari affrontando un linguaggio più strambo, scellerato, incosciente ma sicuramente piu’ personale. Non ho idea, parlare di scena è troppo, forse. Do per scontato che tutti impugnino gli strumenti per dare sfogo al proprio estro artistico, ma a volte mi rendo conto che certe band rimangono cristallizzate nelle proprie posizioni senza esplorare, senza rischiare. Troppo comodo. Soprattutto a volte ho paura che i musicanti si prendano troppo sul serio, che non sappiano dedicarsi dell’autoironia. Questo potrebbe essere davvero preoccupante. Quando finisce il divertimento per un gruppo inizia la strada del declino... Catania comunque ha ancora qualcosa da dire».

        Peppe suona il basso, studia Lettere e fa l’aiuto cuoco per arrotondare. Poi c’è Luca che suona la chitarra e fa il grafico in un centro culturale di Catania. Alessandro picchia duro alla batteria e ha fatto l’accademia di belle arti, infine l’ultimo arrivato è Emanuele, detto Johnny, suona la seconda chitarra e il piano, studia scienze della comunicazione e lavora in un pub a Giarre. Sono i Diane and the Shell, uno dei gruppi più attivi nella scena indi-rock catanese. Da poco hanno ultimato la registrazione del loro secondo disco (30.000 feet tarantella) che verrà pubblicato dalla etichetta indipendente americana Australian Cattle God Records. Li caratterizza una forta vena ironica ed autoironica. L’album è stato registrato tra dicembre e gennaio ’06 nella loro sala prove, nel centro di Catania. La Box sound viene divisa con altri gruppi per dividere le spese, «ma non va pubblicizzata troppo, abbiamo paura che ci vengano a rubare le cose».

        Di giorno si lavora o si studia e di notte si suona e si registra “ci chiudiamo in sala prove nelle tarde ore serali - spiega Luca - già mezzi rincoglioniti dalle giornate stressanti, ad esorcizzare tutto con tonnellate di decibel».

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