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Redazione

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Riccardo Orioles - direttore responsabile
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    Si ringrazia per l'ospitalita' l'associazione PeaceLink

    Ultimo Numero

      SanLibero in pillole

      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

      In evidenza

        Vacci Linux!

        Linux in redazione, per fare un giornale? Ma siamo matti? Forse! Però ci stiamo provando e i risultati si possono vedere già in questo numero, interamente realizzato con tecnologie libere. E poi non si tratta di fare solo un giornale, ma anche molto altro: siti web, servizi giornalistici in audio e in video, video-clip, documentari, cortometraggi... Grazie al pinguino è possibile creare prodotti di comunicazione e di informazione al passo con i tempi e senza i costi aggiuntivi del software. Ma per piacere non chiamatelo semplicemente "Linux" perché c’è molto altro...

        Non è che l’inizio

        Linux L’iniziativa intrapresa da "Casablanca" segna l’avvio della fase contemporanea del giornalismo: strumenti liberi sono necessari per una stampa libera. Una stampa capace di liberare anche le autostrade dalle foreste morte che circolano su e giù per la penisola in forma di giornali padronali e di resi. Una nuova economia è possibile per le pubblicazioni indipendenti, a partire dal sistema di distribuzione che potrebbe ridare centralità all’edicola, sfuggendo alle grandi tipografie

        di Carlo Gubitosa

        Aver realizzato all’interno di "Casablanca" il primo sistema editoriale basato su una piattaforma di Software Libero è solo il primo passo di quella che potenzialmente è in grado di diventare una vera rivoluzione nel panorama italiano della carta stampata. Immaginate una rivista indipendente, fatta da persone che vogliono fare informazione vera nel tempo liberato dal lavoro (perché ormai il giornalismo serio non lo paga più nessuno per quanto vale in realtà, e in qualche modo bisogna sbarcare il lunario). Ora immaginate anche che per raggiungere i vostri occhi questa rivista non abbia più bisogno dei distributori e delle tipografie controllati e controllabili dai soliti noti, ma possa viaggiare sui fili del telefono a costi prossimi allo zero, per diventare carta solo lì dove ce n’è bisogno, e cioè in una edicola attrezzata con la stessa piattaforma di impaginazione e stampa, una comunissima connessione a Internet e una stampante laser da 150 euro che oggi garantisce una qualità di stampa superiore a quella delle rotative degli anni ’80.

        Immaginate adesso che questa edicola non sia da sola, ma faccia parte una rete di edicole militanti che vogliono estromettere distributori e tipografi dalla spartizione della torta, dividendo a metà il prezzo di copertina tra chi scrive e chi stampa (e vende) in edicola.Immaginate infine che questi edicolanti possano stampare e vendere non solo Casablanca, ma anche altre riviste accomunate dalla stessa allergia ai padroni, agli introiti pubblicitari e alla prostituzione intellettuale.

        Per rivoltare come un guanto il potere mediatico italiano basterebbero davvero cento edicolanti illuminati e collocati strategicamente nelle principali provincie italiane, onesti commercianti interessati a stampare in proprio, diffondere e vendere informazione di qualità ricevuta via internet, con un margine di guadagno ben superiore a quello garantito dai tradizionali circuiti editoriali che ogni giorno fanno viaggiare inutilmente tonnellate di alberi morti sulle autostrade, che spesso ritornano indietro sotto forma di resi. Se a questo aggiungete la possibilità di diffondere in rete non solo una rivista già confezionata, ma anche le gabbie vuote di impaginazione, pronte per essere riempite tramite Software Libero di contenuti locali autoprodotti, cominciamo a capire quello che può realmente fare un sistema di pubblicazione basato sulle nuove tecnologie e capace di sfruttare l’intelligenza collettiva delle reti che oggi ha messo a disposizione di chiunque programmi gratuiti che in alcuni casi funzionano meglio di quelli per cui i grandi colossi editoriali spendono milioni di euro.

        Da oggi, con la nascita della prima rivista totalmente liberata dal software proprietario, e basata su programmi gratuiti, accessibili, modificabili e migliorabili da chiunque, si apre una nuova pagina di storia della comunicazione di massa, una pagina in cui l’editoria non è più un giocattolo dei padroni, ma una rivoluzionaria cassetta degli attrezzi per chiunque abbia qualcosa da dire e da raccontare. In attesa che questo sogno diventi realtà, Casablanca ha fatto il primo passo su un terreno dove nessuno aveva mai osato spingersi finora.Grafici e giornalisti sono da sempre abituati a lavorare con computer e programmi che costano svariate migliaia di euro, e che spesso si comportano in modo contrario a quello che si vorrebbe, senza la possibilità di intervenire in alcun modo se non acquistando nuove versioni dei programmi, che portano con sé anche nuovi malfunzionamenti. Con l’utilizzo di software libero è possibile fare tutto questo utilizzando computer da poche centinaia di euro e programmi che vengono sviluppati, migliorati e testati dalla comunità di utenti e programmatori. E tutto questo non è che l’inizio. Benvenuti nel futuro.
        E per il futuro libero software in libera stampa

        I passaggi fondamentali per approdare scientificamente all’adozione del free software alle Edizioni "Le Siciliane" (la casa editrice di "Casablanca"): le valutazioni etiche e politiche, i segreti industriali, le strategie economiche. Questo breve articolo apre uno squarcio su tutto questo. Affrontando ogni argomento che va dal riuso dei materiali di discarica fino all’alfabetizzazione giornalistica e informatica delle masse popolari liberate

        di Lucio Tomarchio

        «Ma che starà armeggiando con quei ferri vecchi?». Se lo chiedevano in redazione nei primissimi giorni quando mi vedevano portare computer nuovi di discarica.Uno ce l’ha regalato Marco, il mio compagno di classe delle superiori; un altro lo abbiamo messo insieme con i pezzi che hanno trovato Fabio e Luciano in un cassonetto; il più moderno lo aveva Luca, il ragazzo che cura il sito http://www.lesiciliane.org mentre si gode un Erasmus a Barcellona.Un po’ di nottate insonni appresso a ventole insolenti e alimentatori cotti che squagliavano e poi con orgoglio potevo annunciare: «Abbiamo l’infrastruttura di rete!». «Boh!», commentava Graziella davanti a tre carcasse accese nel camerino senza manco il monitor (e meno male: sennò scritte tipo “Welcome to OpenBSD” su un fondo nero di solo testo, precedute da mille altre righe incomprensibili, sarebbero apparse tutt’altro che amichevoli) ma che facevano accendere lucette colorate con un effetto a metà tra la Nasa e il presepio.Arrivavano poi quattro macchine nuove. Tutte uguali per ridurre gli scleri da manutenzione e tutte sovradimensionate rispetto al lavoro del giornale. «Servono per fare il rendering», spiegavo a chi mostrava curiosità. Ma gli si leggeva in faccia il suo «Boh!». Così riprovavo: «Dobbiamo fare i video, no? Allora, io monto le immagini sul super-computer e quando ha troppe cose da elaborare chiede aiuto a queste postazioni. E non spegnetele per nessuna ragione!».Poi arrivava la videocamera in formato Hdv, quello che si userà domani anche nella tv ad alta definizione.

        A quel punto abbiamo potuto verificare le mie tesi nel dibattito con Linda. Lei mi chiedeva: «Ma sei sicuro che funzionerà con i programmi sotto Linux?». «Perché non dovrebbe?», rispondevo irritato. «Come fai a essere certo che la supportino? Non c’è alcuna documentazione...». E io sbottavo: «Ma che mi frega dei programmi?!? So che la videocamera manda uno stream Mpeg sulla firewire. Io catturo quello accedendo con le chiamate delle librerie o alla peggio a basso livello e mi ritrovo il filmato. Che c’è di speciale?».

        La risposta fu: «Boh!».Il “super-computer” (una workstation della Sun) deve ancora arrivare ma intanto abbiamo cominciato a fare i primi filmati e montaggi. Non ho dovuto catturare niente a basso livello, ecc. ecc. perché appena collegato il cavetto con il programma di montaggio già avviato abbiamo avuto accesso alla videocamera col mouse.Infine toccava al giornale. «O si migra al free software o non scriverò mai una riga per Casablanca», ripetei ultimativo. «Non se ne parla – fece Riccardo con la voce impastata di tabacco – perché qui facciamo un prodotto di altissimo livello e il tuo sistema non è maturo per questo». Poco dopo stavamo guardando insieme il programma per l’impaginazione portato dalla Kubuntu (vedi la scheda della pagina precedente).

        «È il clone di Xpress...», insistevo. «Non gli assomiglia per niente!», sbottava da dietro la pipa.Poi nelle settimane successive prendeva a ridisegnare il suo immenso archivio di gabbie di impaginazione col nuovo programma. Alla fine, dando una graziosa boccata di fumo, Riccardo mi diceva: «Dobbiamo fare in modo che tutti possano farsi un giornale con questo casino». «Sai, c’è una versione che manco devi installare, parte da cd e ha già il programma di impaginazione. Potremmo darla in giro con le tue gabbie». «È una buona idea...», rispondeva fumando con soddisfazione.Ci stiamo lavorando ancora. Appena è pronta tocca a voi fare il giornale.

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