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      SanLibero in pillole

      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

      In evidenza

        Editoriale n.8

        Verrebbe ucciso, nell’omertà e dunque nella complicità della popolazione di Cinisi, Peppino Impastato anche oggi nel 2007? E chi lo sa. Fatto sta che l’attentato alla sua casa dell’altro giorno, con l’acido sulla porta in "avvertimento", è potuto avvenire in pieno giorno e senza che nessuno avesse visto o sentito, e men che mai riferito ai carabinieri alcunché. La cultura mafiosa non è molto diffusa, tutto sommato, a livello di massa in Sicilia. Ma dove lo è, come a Cinisi, bisognerebbe che non restasse senza conseguenze.

        * * *

        In Sicilia ci sono buoni e cattivi come dappertutto. Ci sono i ragazzi che fanno Addiopizzo, e ci sono i commercianti che il pizzo lo pagano felicemente: coi loro bravi politici di riferimento. Invitiamo alle manifestazioni tutt’e due? Facciamo finta di niente, o prendiamo atto che sotto la mafia la Sicilia è spaccata esattamente come l’Italia sotto il fascismo? Anche allora, il commerciante romano mica era "fascista": alle adunate ci andava malvolentieri, quando ci andava. Però gli conveniva che il negozietto ebreo, che gli faceva concorrenza, fosse tolto di mezzo. I ragazzi di Addiopizzo hanno tentato per due anni di seguito di convincere i commercianti palermitani a dire semplicemente "io sono contro il pizzo". Su circa diecimila commercianti, ne hanno convinto circa duecento.

        * * *

        Certo, non sono sono stati i brogli elettorali a far perdere (probabilmente) le elezioni Orlando. Però ci sono stati. A quanto corrispondono? Al tre, al quattro, al cinque per cento? E’ che paese è quello in cui un partito numericamente rispettabile, che in certe occasioni potrebbe anche determinare le maggioranze, si basa sull’ideale di imbrogliare il voto?

        * * *

        "La mafia lottata dal popolo", le visite del Presidente, il giorno dell’antimafia, anzi dell’antiterrorismo e dell’antitutto: bene, benissimo, se ne sentiva il bisogno. Ma a che servono tutte le cerimonie e tutti i calendari di questo mondo, quando la casa di Peppino Impastato (o una cooperativa di Corleone o una calabrese) può essere ancora attaccata impunemente, quando i politici inquisiti per mafia tagliano nastri e quando chi fa antimafia sul serio schiatta e crepa da solo nel silenzio generale, ivi compreso quello del nostro amatissimo Presidente?

        * * *

        Sono le lotte dei poveri (i senzacasa, le cooperative contadine di Libera siciliane e calabresi, ecc.) quelle che fanno più paura al sistema mafioso. Su esse bisogna puntare al massimo, generalizzarle, sostenerle, avere una politica di alleanze (dai "moderati" agli "estremisti", senza puzze al naso) basata su di esse; e sviluppare una battaglia di comunicazione (giornali, tv, internet: nel nostro piccolo Casablanca, Sanlibero, TeleJato) senza la quale nessuna battaglia può essere generalizzata. Licausi, Radio Aut e Pio La Torre non sono dei nomi storici, sono semplicemente le cose da fare ora.

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