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      SanLibero in pillole

      • E' morto un prete

        27 gennaio 2008 - Riccardo Orioles

        E' morto un prete a Catania, che si chiamava padre Greco. Non è una notizia importante e fuori dal suo quartiere non l'ha saputo nessuno. Eppure, in giovinezza, era stato un uomo importante: uscito dal seminario (il migliore allievo) era “un giovane promettente” ed era rapidamente diventato coadiutore del vescovo. Io di carriere dei preti non me ne intendo ma dev'essere qualcosa del tipo segretario della Fgci, e poi segretario di federazione, comitato centrale, onorevole e infine, se tutto va bene, ministro. Comunque lui dopo un anno si ribellò. Che cazzo - disse a se stesso - io sono un prete. E il prete non sta in ufficio, sta fra la gente.

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        Editoriale n.9


        "Cittadini! - proclamò solennemente don Felipe de Gibraleón y Bañares, per grazia di Dio vicerè di Sicilia e marchese di La Puebla - Ciudadanos! Es verdad, quest’estate siete ancora senz’acqua e dovrete andarla a prendere col secchio alla fontana, quando c’è! Ma questa è l’ultima estate, ve lo prometto! Dall’anno prossimo avrete l’acqua come in tutto il resto d’Europa, coi rubinetti! Nelle case!".

        Era il luglio del 1647 ed è passato il 1648, il 1649, il 1650 e tutto il resto. Per secula seculorum l’acqua non è arrivata. Spagnoli, inglesi, austriaci, borboni, e altri regni e repubbliche: acqua, niente. Finalmente, nell’anno di grazia 2007, l’acqua persino a Agrigento è arrivata. Niente di straordinario, visto che le fonti ci sono, non lontano, ed è acqua buonissima, "oligominerale, adatta al consumo di tutta la famiglia". Però si paga. Gli eredi del vicerè, difatti (che sono vicerè essi stessi) non hanno affatto provveduto a tirarla dalle fonti loro, coi mezzi pubblici, in nome dello Stato. No: hanno dato l’appalto (un appalto ricchissimo, da miliardi) a una multinazionale estera, la Nestlè. E questa, con l’acqua dei siciliani, s’è fatta un altro bel po’ di soldi. I siciliani pagano, e stanno zitti. Ecco: questa è la definitiva sconfitta dello Stato in Sicilia. E’ ciò che dovrebbe convincerci - per la vergogna - a lasciare definitivamente perdere Borsellino, Falcone, le celebrazioni antimafia e le altre baggianate. Perché la mafia, in questo paese, all’origine è nata esattamente per questo: impedire il godimento dell’acqua libera ai contadini; e costringerli a pagarla, a peso di sangue e sudori, ai "proprietari" dell’acqua, che allora si chiamavano principi e baroni.

        I baroni non ci sono più, ma cambiano solo i nomi. Quanto alla mafia, dall’acqua s’è estesa a fare affari con i prodotti agricoli, poi le speculazioni edilizie in Sicilia, poi le "protezioni" e le armi, e poi l’eroina. Dall’eroina, concluso il ciclo, è tornata all’acqua: che oggi torna ad essere il massimo business della Sicilia(e del pianeta), inteso in senso legale come anche in senso illegale.

        Ecco: l’informazione sugli affari della mafia, gli illegali e i legali, su ciò di cui essa ha bisogno per portarli avanti, dei suoi complici, dei suoi industriali, dei suoi piccoli e grandi soci e mallevadori, è l’essenziale della lotta antimafia. Un giorno il popolo - un giorno - si ribellerà. Ma non potrà mai farlo se prima non ha contezza del sistema in cui vive, del soldo e del bicchier d’acqua che ogni giorno gli viene portato via. Del quotidiano sopruso, impercettibile ma senza sosta come una malattia tropicale, che ogni giorno personalmente subisce ogni singolo siciliano. Per questo l’informazione in Sicilia è difficile, ed è sola. Per questo è così facile trovare le grandi parole che dicono "Siamo contro la mafia! Siamo coi siciliani" e così raro e difficile, invece, trovare chi questa informazione ha il coraggio civile, e il senso di responsabilità politica, di sostenere concretamente. A tutti i nostri lettori, a tutti coloro che qua in Sicilia e fuori ci sostengono, buone vacanze e buona estate. Ci rivedremo a settembre ma senza mai smettere di lavorare.

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