Assemblea Autoconvocata Firenze

La caccia all'ambulante

A Pisa la protesta contro l'ordinanza che vieta di portare con sé borsoni pieni di oggetti che potrebbero essere venduti. E' un provvedimento pensato per colpire una categoria ad hoc: i venditori con la pelle scura. E' la stessa norma introdotta l'anno scorso nel regolamento di polizia municipale del Comune di Firenze
17 aprile 2009

A Pisa è in corso una forte protesta per l'ordinanza del sindaco che ha preso di mira i venditori ambulanti considerati abusivi con un espediente: è cioè vietata, non solo la vendita di oggetti senza autorizzazioni, ma anche "il trasporto di sacchi inequivocabilmente riconducibili alla vendita illegale". Si tratta di un escamotage - che cela un'evidente forzatura e si presta ad applicazioni vessatorie - che permette ai vigili urbani di colpire direttamente, e ancora prima che commettano l'eventuale irregolarità (la vendita di merci per strada) una particolare categoria: gli ambulanti senegalesi. E' lo stesso espediente introdotto dal Comune di Firenze nel suo nuovo regolamento di polizia municipale.

Ambulanti Nell'applicazione pratica si è visto che i vigili arrivano a dare la "caccia" ai neri: a parità di borsoni a tracolla, sui bus, una persona di pelle bianca non viene disturbata, ad una di pelle nera è chiesto di aprire il borsone, per verificare che non vi siano merci da vendere (è l'esperimento fatto da attivisti e giornalisti). Il sindaco, naturalmente, rivendica di agire in nome della legalità, ma tornano alla memoria - anche in questo caso - le parole di don Vinicio Albanesi, della Comunità di Capodarco, indirizzate ai sindaci che nell'estate 2007 vararono ordinanze simili a quella pisana, imitando la famosa ordinanza fiorentina contro i lavavetri: voi invocate la legalità, diceva in sostanza don Vinicio, solo quando si tratta dei poveracci, ai benestanti e ai potenti l'illegalità è consentita eccome. L'intervento integrale si raggiunge cliccando qui.

Qui sotto un articolo del Tirreno

In piazza per il diritto al borsone
Pisa, domani il corteo degli immigrati: l'ordinanza ci mette alla fame

PISA. Tutti in piazza contro l'ordinanza antiborsoni. La comunità senegalese toscana corre a dare manforte a quella pisana chiedendo al sindaco Marco Filippeschi di ritirare il provvedimento che vieta «il trasporto di contenitori quali borse, sacchi, involucri inequivocabilmente riconducibili alla vendita illegale». L'appuntamento è per domani alle 15 in piazza Sant'A ntonio. Il corteo attraverserà la città per terminare in piazza Manin, porta d'ingresso alla piazza dei Miracoli dove, da un mese, è bandito l'ingresso ai venditori abusivi. Oltre alla comunità straniera toscana, ci saranno 34 sigle fra associazioni, circoli e partiti. Per espressa volontà della "comunità migrante" non ci saranno bandiere di partito né di sindacato. Il segno distintivo dei manifestanti sarà un nastro rosso intorno al braccio. Sarà, quello, il simbolo della protesta cui hanno aderito partiti come Rifondazione Comunista e Sinistra Critica Toscana. Hanno aderito i Cobas, ma non la Cgil provinciale. Hanno aderito alcuni circoli dell'Arci, ma non l'Arci provinciale. Insomma, la sinistra si spacca su questa ordinanza antiborsoni firmata da Marco Filippeschi, sindaco Pd, alla guida di una giunta di coalizione (Socialisti e IdV).

Aderiscono in modo convinto alla protesta Gad Lerner e lo storico Adriano Prosperi. «Quel che viene punito - scrivono - non è il reato in sé - per il quale non sarebbe necessaria un'ordinanza del sindaco, esistendo già una sanzione del Codice penale - ma il " borsone" che suscita sospetti, e nell'impossibilità di distinguere una borsa "innocua" di un turista da una "inequivocabilmente riconducibile alla vendita illegale" si ricorre a espedienti come il colore della pelle». La lotta all'abusivismo commerciale era stato, l'anno scorso, uno degli impegni di Filippeschi durante la campagna elettorale. Quando, a fine 2008, annunciò che avrebbe firmato un'ordinanza che vietava di trasportare borse o quant'altro potesse servire come contenitore di merce illegale, si alzò subito la voce contraria della comunità senegalese sostenuta da associazioni come Africa Insieme e Spazio Antagonista Newroz. Un consiglio comunale venne pacificamente preso d'assalto dai senegalesi e vennero organizzate proteste. Ma il sindaco Filippeschi, in sinergia con Prefettura e Questura, è andato avanti per la sua strada, spronato dalle associazioni dei commercianti. Così, dopo una lunga gestazione, il 6 marzo, Filippeschi ha firmato l'ordinanza.

Al venditore abusivo colto con lo zainetto in spalla o un borsone in mano, viene sequestrata la merce e deve pagare una sanzione di cento euro. In più, scatta la denuncia. I controlli al mercato bi-settimanale di via Paparelli, intorno a piazza dei Miracoli e a Tirrenia sono stati (e sono tuttora) senza tregua. Dapprima è Matar Ndaye, presidente del consiglio provinciale degli stranieri e vicepresidente della comunità senegalese pisana, a lanciare l'a llarme: i senegalesi non hanno più soldi per mangiare e pagare l'a ffitto. Alcuni potrebbero cadere nella rete dello spaccio. Poi, in via Paparelli, durante un controllo, tre vigili urbani vengono malmenati da un senegalese e finiscono all'ospedale. Il fatto è l'i ndice, il segnale concreto, di una tensione in città. Interviene Diop Mbaye, presidente della comunità senegalese toscana e uno dei promotori della manifestazione di domani, affermando che «i senegalesi sono alla fame e sono cominciate le prime liti fra loro. Noi vogliamo vivere sereni e non vorremmo diventare un problema di ordine pubblico».

Al tema dell'abusivismo commerciale, fin dall'inizio, si è intrecciato il tema della sicurezza. Un tema su cui la sinistra non ha mollato l'osso. E sull'ordinanza, la giunta pisana, nonostante gli appelli, non è intenzionata a fare marcia indietro. In alternativa, apre la porta alla comunità senegalese cercando di andare incontro alle sue esigenze: licenze "speciali" per vendita di merce, distribuzione di generi alimentari, piccoli prestiti, cercare di regolarizzare le posizioni con permessi di soggiorno. Ma le associazioni dei commercianti storcono il naso, temono che cacciati dalla porta questi venditori possano rientrare dalla finestra.

 

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