Assemblea Autoconvocata Firenze

Scontro Regione-Governo per la legge sull'immigrazione

Silvio Berlusconi definisce il provvedimento in corso d'approvazione una "controlegge", in distonia con gli indirizzi nazionali. La destra prosegue l'ostruzionismo in consiglio regionale. Il presidio antirazzista
27 maggio 2009

 In consiglio regionale prosegue l'ostruzionismo della destra contro la legge sull'immigrazione, contestata dallo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che l'ha definita una "controlegge". Si profila uno scontro fra il governo centrale e la Regione Toscana. Nel frattempo sotto la sede del consiglio regionale mercoledì è stato attuato un presidio di associazioni e forze politiche mobilitate in nome dlel'antirazzismo. Qui sotto un articolo ripreso dal quotidiano Il Tirreno.

Immigrati, Berlusconi boccia la ''controlegge''

di Carlo Bartoli

Il presidente della giunta regionale toscana, Claudio Martini

Scontro a tutto campo con Martini: quasi scontato il ricorso del governo. Ben 83 contenziosi davanti alla Corte Costituzionale Il 2002 l'anno di fuoco  FIRENZE. Una «controlegge, qualcosa di insensato». L'affondo di Berlusconi sulla legge toscana sull'immigrazione è arrivato all'improvviso, ma era da settimane che tra governo e Regione la tensione saliva.
Come ai bei tempi del Berlusconi 2, quando la conflittualità sull'asse Firenze-Roma era elevatissima.

All'esternazione berlusconiana è seguita la replica sanguigna di Claudio Martini che ha detto a muso duro: «La vera controlegge - ha affermato - l'ha fatta Berlusconi: una legge contro il senso di umanità e contro i trattati internazionali sottoscritti dall'Italia». Sulla stessa lunghezza d'onda il presidente del consiglio regionale Riccardo Nencini che ha definito «infondata» l'affermazione del premier.

Da Berlusconi, intervistato ieri sera da Matteo Berti su Italia 7, è arrivato un secondo schiaffo, questa volta all'intero centrosinistra, quando ha aggiunto che la «controlegge» è resa possibile in seguito alla riforma del Titolo quinto della Costituzione che ha dato «alle Regioni dei poteri che ciascuna Regione esercita per conto proprio, molto spesso in totale distonia all'interesse del Paese». Un'analisi contestata da Martini, secondo il quale tutti i guai nascono invece dalla maniera ideologica con cui si affronta la gestione dei rapporti con le Regioni.

Rapporti tempestosi. Le relazioni tra Stato e Regioni sono spesso state tempestose, tanto che in sette anni e mezzo la guerra legale tra governo e Regione Toscana ha prodotto la bellezza di 83 ricorsi. In 25 casi a promuovere l'azione è stato il governo, mentre per 58 volte la sfida è stata lanciata da Firenze. L'anno di fuoco è stato il 2002, primo anno di applicazione, con 18 procedimenti, mentre lo scorso anno la conflittualità è stata molto ridotta, con appena tre ricorsi.

La Corte ci mette una pezza. Le scaramucce tra Regioni e governo hanno comunque avuto un effetto positivo: la Corte costituzionale ha definito, con le sue sentenze, in maniera sempre più precisa i confini tra le competenze regionali e quelle governative. «Dopo un primo periodo di fuoco - spiega Lucia Bora, responsabile dell'avvocatura regionale - la conflittualità è andata riducendosi dopo il 2004. La Corte ha fatto chiarezza: tutela ambientale, garanzia dei livelli di assistenza, tutela della salute sono ambiti sui quali le Regioni non possono essere ignorate, mentre la disciplina del lavoro, il regime degli appalti, la concorrenza sono di quasi esclusiva competenza dello Stato». Non è però detto che nei singoli ambiti ci sia un arbitrio assoluto: è il caso dei decreti delegati con cui il ministro Brunetta vuol riformare la pubblica amministrazione. «Se sarà mantenuta la norma che disciplina i criteri di valutazione - aggiunge - stabilendo che un quarto dei dipendenti di ogni amministrazione devono essere ?bocciati? ed essere esclusi dai premi di rendimento, la norma va incontro a una impugnazione quasi sicura, perché la Regione ha la competenza sull'organizzazione della propria macchina amministrativa».

L'immigrazione. La legge regionale sugli immigrati va incontro a un ricorso annunciato, ma secondo la responsabile dell'avvocatura il governo farebbe bene a non dare per scontata una sua cancellazione. «La legge prevede un intervento di primo livello in campo sociale, sostanzialmente con la fornitura di un pasto e di un ricovero notturno, a chi si trova in Toscana. La Costituzione affida allo Stato il compito di determinare i livelli minimi di assistenza, ma niente vieta a una Regione di intervenire, con fondi propri, aumentando questi standard. Ci sono numerose sentenze della Corte costituzionale che hanno chiarito questo aspetto».

Una miriade di conflitti. La storia delle guerre tra Roma e Firenze è costellata di episodi di ogni genere e tipo. Si va dal conflitto sul libretto sanitario degli addetti all'industria alimentare alle tasse automobilistiche, dalla libera espressione dell'orientamento sessuale all'esercizio delle medicine complementari, dal codice delle comunicazioni elettroniche alla disciplina delle attività cinematografiche.

I grandi scontri. Tra Berlusconi e Martini ci sono stati parecchi scontri clamorosi. In alcuni casi si parla di conflitti virtuali, come quello preannunciato dal governo su una legge, la «antibrunetta», che ancora non c'è e di cui si conosce solo qualche vaga anticipazione. Uno degli ultimi scontri, terminato a favore di Roma, riguarda la legge sugli appalti. Per evitare una bocciatura, la Toscana ha eliminato le norme più innovative con cui si restringevano le possibilità di subappalto. Fondamentale è stata la sentenza che, accogliendo le tesi della Toscana, ha stabilito che lo Stato non può realizzare lavori infrastrutturali, senza intesa con la Regione interessata. Epico anche il conflitto innescato dal governo che intendeva bloccare il condono edilizio «depotenziato» varato tre anni fa dalla Toscana: una guerra che ha visto Roma capitolare su tutta la linea. Meno nobili gli scontri provocati dal governo in merito alle nomine. Roma ha dovuto incassare due schiaffi dalla Corte per la sua pretesa di scegliere senza concertazione il presidente della Port authority di Livorno ed è andato incontro a un'altra Waterloo sulla nomina del commissario del Parco dell'Arcipelago.

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