Campagna Kossovo

Relazione finale
Marzia Frediani
Davide Caforio
(30 luglio / 19 Agosto 2000)

Il lavoro da noi svolto nel periodo compreso tra il 30 luglio e il 19 agosto 2000 è consistito principalmente nell'inserirci in progetti già avviati da precedenti volontari e nell'iniziare nuove attività.

Per quel che riguarda i progetti già avviati, abbiamo contribuito all'organizzazione dell'incontro di valutazione del primo training del 16 settembre contattando i partecipanti; in particolare abbiamo chiesto loro di raccontarci in che modo hanno messo a frutto l'esperienza del training, cercando di cogliere le loro esigenze riguardo alla valutazione oggetto dell'incontro. Nell'occasione sono stati anche avvisati del periodo di svolgimento del terzo training a Firenze nel febbraio 2001. Dai colloqui è emerso che tutti i partecipanti hanno messo a frutto l'esperienza del training sia nella loro vita privata e professionale, sia organizzando a loro volta incontri di formazione. Relativamente al secondo training, abbiamo preso informazioni su alcuni aspetti logistici (luogo, costi, materiali, etc.).

Un altro progetto del quale ci siamo occupati è quello relativo ai Postpessimisti, particolarmente per quel che riguarda la loro permanenza in Italia. A tal fine abbiamo preso contatti sia direttamente con il gruppo di Pristina che indirettamente, attraverso i volontari dell'associazione dei Berretti Bianchi, con quello di Belgrado registrando un'adesione di massima al progetto. Al momento della nostra partenza, comunque, non era pervenuta alla Campagna alcuna adesione definitiva.

La ricerca di episodi di convivenza pacifica tra differenti gruppi etnici e di solidarietà prima, durante e dopo la guerra, ci ha portati a visitare diverse città e villaggi del Kossovo. Premesso che a causa della persistente atmosfera di tensione nella regione risulta difficile raccogliere testimonianze circostanziate (con indicazioni di nomi, ad esempio), abbiamo tuttavia potuto constatare che pur tra mille difficoltà emerge ed è emerso uno spirito di solidarietà e umanità che oltrepassa le barriere etniche.
Tra le organizzazioni contattate a questo scopo ricordiamo la Caritas, l'associazione Madre Teresa, le suore di Madre Teresa di Peja/Pec, don Lush Gjergji e il Balkan Peace Team. Alcuni degli episodi più significativi sono riportati nella trascrizione dell'intervista che don Lush ci ha rilasciato, mentre non è stato possibile ottenere altri esempi analoghi così dettagliati dagli altri intervistati.

Siamo comunque venuti a conoscenza di atteggiamenti collaborativi tra i vari gruppi etnici, ad esempio il pagamento, tramite intermediari, dell'affitto di abitazioni di serbi fuggiti da parte di albanesi che li hanno occupati oppure, durante la guerra, il senso di umanità dimostrato da soldati serbi che, al momento di evacuare i cittadini albanesi oltre confine, hanno concesso ai più anziani e ai malati di rimanere in Kossovo e di trovare ricovero presso organizzazioni umanitarie.

Una parte cospicua della nostra attività si è concentrata infine negli incontri con il parroco di Binga, don Lush, il quale è attualmente impegnato in diversi progetti mirati alla riconciliazione.
Secondo la sua opinione, il sostegno che la Campagna può offrire è continuare nella sua attività di formazione alla gestione nonviolenta dei conflitti rivolgendosi principalmente ad esponenti del mondo accademico, studenti universitari ed intellettuali. La Campagna può sostenere gli operatori locali che agiscono concretarnente e con continuità fornendo materiali, strumenti e organizzando incontri pubblici, conferenze e seminari sulla teoria e la prassi della nonviolenza e su esempi storici di lotte nonvioiente. La Campagna può infine promuovere la creazione di un Forum permanente di analisi sulle cause della guerra e di proposta per un futuro di convivenza pacifica.

Per quanto riguarda invece il progetto di sostegno alle vedove di guerra, don Lush sostiene che il modo migliore per aiutare le famiglie delle vedove e degli orfani sia contribuire alla formazione di una cassa comune gestita da lui piuttosto che tramite un aiuto diretto. Questa modalità gli consentirebbe di seguire da vicino le famiglie, di visitare le loro case e di rimanere informato sui loro problemi. Ogni sabato ha un incontro con circa venti famiglie che ricevono da lui un sostegno di circa 40 DM. Una volta al mese ha un incontro con circa quaranta famiglie di parrocchiani cui distribuisce generi di prima necessità. A queste necessità fa fronte praticamente da solo poiché è scaduto l'anno "delle emergenze" e le organizzazioni umanitarie non lo aiutano più.

Nonostante le oggettive difficoltà di convivenza che si percepiscono soprattutto nei villaggi misti e nelle enclaves serbe, la nostra impressione è che ci siano comunque, persino dopo la guerra che ha acutizzato i conflitti e rovesciato i rapporti di forza, spazi per un lavoro dì riconciliazione.

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