Lodeserto: le pressioni di monsignor Ruppi

28 aprile 2005

Estratto da “La Repubblica Bari” del 28 aprile 2005

Il giudice nega la libertà al sacerdote: resta il pericolo di inquinamento delle prove…
Il gip Maurizio Saso tira in ballo monsignor Ruppi: pressioni e consigli
di Davide Carlucci

“L’arcivescovo di Lecce Cosmo Francesco Ruppi avrebbe tentato di addomesticare i mezzi di informazione sul caso Lo deserto. E gli ha suggerito di “non parlare più al telefono”, per evitare d’essere intercettato. Comportamenti che motivano la decisione del Tribunale di Lecce di negare la revoca degli arresti domiciliari al sacerdote ( … ).
Il gip parla anche della decisione “del nuovo direttore editoriale dell’emittente Telearma, Claudio Camarca, (che da un paio di settimane ha lasciato l’incarico), d’intervistare nel centro Regina Pacis, normalmente interdetto ai giornalisti, persone che potessero scagionare Lo deserto, secondo una linea difensiva ispirata da Ruppi che, in cambio, avrebbe promesso un’intervista esclusiva. In precedenza l’arcivescovo avrebbe manifestato il suo disappunto per la linea più colpevolista prima seguita dall’emittente, giungendo a preannunciare, a mò di rappresaglia, che non avrebbe benedetto le autovetture del progetto di Telerama “Cuore amico” nella successiva domenica delle Palme ( … ).
Il giudice esamina anche il contenuto di una missiva di Ruppi del 12 febbraio sequestrata nella borsa di don Cesare, nella quale il vescovo “gli scriveva significativamente”:” Sii prudente nel rispondere. Non parlare più al telefono… E’ chiaro che due a tre ragazze hanno fatto denuncia. Tu le conosci. Niente di strano, anche se addolora non poco. Ora usiamo prudenza nel non punire… ma perdonare e cercare di vigilare nel fare il bene. Tu sei molto buono… ma tendi a fare del bene anche quando non si deve. Guardati. Vigila su tutto e su tutti e sii sempre accorto sulle donne che sono lì… Sono peccatrici inclini al male più di tutti noi. Camarca è un vero amico, un grande amico. Sentiti con lui… Vigiliamo e non parliamo se non con una persona soltanto, perché le pareti sono ormai di carta velina…”.

E adesso la parola anche a chi ha opinioni contrarie…

comunicato stampa del 28 aprile

“Le vicende che si apprendono dalla stampa locale sul caso Lodeserto e sulle presunte pressioni dell’arcivescovo di Lecce Cosmo Ruppi sull’informazione locale al fine di far perseguire una linea innocentista sulla vicenda, insieme alla corrispondenza da lui sottoscritta sequestrata dalla magistratura all’ex presidente della fondazione Regina pacis il giorno del suo arresto, non possono che allarmare e umiliare ancora di più i cittadini salentini e pugliesi, credenti e non credenti, che fino a qualche anno fa si sono distinti per l’opera di gratuita accoglienza fatta nei confronti di migliaia e migliaia di profughi in fuga da guerre e carestie.

L’ipotesi poi che l’arcivescovo, in qualità di rappresentante della Chiesa salentina e della Conferenza episcopale di Puglia, abbia ventilato l’ipotesi di non benedire una manifestazione di solidarietà organizzata da una emittente televisiva leccese solo per presunta ritorsione verso una linea che appariva non a favore di Lodeserto, dimostrerebbe anche alla luce di vecchi episodi, l’impossibilità per l’arcivescovo Ruppi di continuare a svolgere la propria opera pastorale nella totale equidistanza tra il lavoro della magistratura leccese e la sua missione di religioso, tra doveri improrogabili in casi gravi come questi di trasparenza e correttezza pubblica e privata.

Alla luce di tutto ciò, e di quello che la Procura di Lecce ancora all’inizio di numerose indagini sta verificando con scrupolo e abnegazione, auspico che nel prossimo futuro saranno molti i cittadini a chiedere a monsignor Ruppi un atto di umiltà che lo convinca a recedere dall’incarico di capo della Chiesa pugliese prima e poi da quello di arcivescovo della città di Lecce, per permettere agli inquirenti di continuare serenamente il proprio lavoro alla ricerca della verità e ai cittadini di poter credere in una Chiesa non vendicativa o dedita a tessere oscure trame ad personam, ma sempre al servizio degli ultimi nel rispetto di tutte le istituzioni della Repubblica italiana, del loro lavoro e delle sensibilità dei cittadini pugliesi.

Confido infine, come cittadino e giornalista, che si faccia luce una volta per tutte da parte dei sindacati di categoria e dell’ordine professionale su quanto apparso sulla stampa locale, e soprattutto che si indaghi sui metodi per nulla in linea con deontologia professionale e rispetto della professione e dei lettori di tutte quelle emittenti e testate che tra l’altro in queste settimane hanno alimentato la favola di Lodeserto come un nuovo “Muccioli degli immigrati” senza dare minimamente spazio a chi aveva da offrire tesi, serie e documentate, di parere opposto.

Alle magistrature pugliesi invece affido un appello: che possano far luce sulle condizioni lavorative e contrattuali dei giornalisti o dei collaboratori di emittenti radiotelevisive private e delle testate di carta stampata, grandi e piccole. Parlo di lavoro nero o camuffato e di 626, la legge sulla sicurezza. E’ lì, in quell’humus, in questa regione, che nasce e si alimenta buona parte della malastampa che il governatore Vendola ha definito “servile come nessun’altra”.

stefano mencherini

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