IL REGINA PACIS

Quel centro d’accoglienza finito sotto inchiesta

Le testimonianze dei maltrattamenti raccolte in un film che ha visto anche il Papa. Le accuse di due parlamentari: usano psicofarmaci. Ma il monsignore replica: aiutiamo migliaia di profughi.
Carlo Vulpio
Fonte: Corriere della Sera - 12 giugno 2003

DAL NOSTRO INVIATO
LECCE - Cos’è il cpt «Regina Pacis» di San Foca di Melendugno, il centro di permanenza temporanea per immigrati che si trova sul Mar Adriatico, a pochi chilometri da Lecce? E’ una struttura in cui gli immigrati trovano aiuto e assistenza, oppure è una sorta di carcere in cui convivono profughi di tutte le nazionalità e di tutte le sventure, prostitute e tossicodipendenti insieme con bambini e contadini dei villaggi curdi? O è addirittura un lager, in cui gli immigrati più «ribelli», quelli che chiedono l’asilo politico o che non accettano la reclusione nel centro, vengono riempiti di botte e imbottiti di psicofarmaci? Forse il «Regina Pacis» è tutte queste cose insieme. Un’opera di carità, come la definiscono i suoi padri e gestori, l’arcivescovo di Lecce monsignor Francesco Ruppi e il suo segretario don Cesare Lodeserto, che sono stati tra i primi a comprendere la portata dei flussi migratori verso l’Italia. Ma anche un altro girone dell’inferno, secondo una delle inchieste aperte sul centro dal pm leccese Carolina Elia, in cui, per violenze e maltrattamenti, sarebbero indagati lo stesso Lodeserto, sei immigrati con il permesso di soggiorno che avrebbero svolto un ruolo da «kapò» e undici carabinieri.

A mostrarlo sotto questa luce è anche un film, «Mare nostrum» del giornalista freelance Stefano Mencherini, presentato in questi giorni al Filmfestival di Bellaria e visto in cassetta persino dal Papa. Un documentario crudo, le cui testimonianze sono entrate a far parte dell’inchiesta e che ha procurato al suo autore e al fotoreporter Massimo Sestini un’aggressione dentro al ctp, oggetto di un’altra inchiesta della Procura di Lecce. «Santità, in questo film - ha scritto Mencherini al Papa - c’è anche una Chiesa che sbaglia». Gli ha risposto, incoraggiante, monsignor Gabriele Caccia, della Segreteria di Stato vaticana: «Il Santo Padre la ringrazia per il gesto di fiducia e i sentimenti che l’hanno ispirata, invoca l’effusione di celesti favori e invia a lei e alle persone a lei care (gli immigrati, ndr) il suo beneaugurante saluto». La Santa Sede sembra al corrente dei problemi all’interno della struttura di Lecce. Né appare rassicurata dalle quattro inchieste giudiziarie sul centro di San Foca, una per peculato, con Lodeserto e Ruppi indagati per immobili acquistati con i soldi erogati dallo Stato alla Onlus che gestisce il centro e 350 mila euro transitati sui conti correnti personali di don Cesare.

L’ultima visita, non gradita perché non preannunciata, al centro di San Foca l’hanno fatta il primo giugno scorso due parlamentari, Giovanni Russo Spena (Rc) e Alba Sasso (Ds). Don Cesare prima ha mandato i carabinieri a negar loro l’ingresso, poi è andato di persona a dire che non poteva farli entrare senza l’autorizzazione del prefetto, e alla fine ha definito «strumentale e propagandistica» la visita. Alba Sasso e Giovanni Russo Spena gli hanno replicato che reagiva così perché quella era una «visita reale», e allora don Cesare ha cambiato registro. «Anch’io come voi sono contro i centri d’accoglienza - ha detto ai due parlamentari -. Ma adesso che i centri ci sono, ho scelto di lavorarci». Un lavoro, hanno raccontato Sasso e Russo Spena in interrogazioni al governo, che comprende, «per ammissione dei due medici del centro, anche una pastiglia e mezza al giorno, in tre dosi, di psicofarmaci a decine di immigrati del Regina Pacis».

Ma dal centro, in questi anni, sono passati non meno di 55-60 mila immigrati. Ognuno dei quali, oggi, costa 42 euro al giorno. Per trenta giorni al massimo, diceva la legge Turco-Napolitano. Per 60, stabilisce ora la Bossi-Fini. «Sono uno dei maggiori benefattori verso gli immigrati», si è sempre vantato don Cesare, che adesso sembra essere diventato una figura ingombrante anche per l’arcivescovo, quasi costretto a difenderlo ogni volta che esplode una polemica. Monsignore che, prima dell’attentato di ieri, ha già subito un altro grave affronto. Qualcuno, qualche settimana fa, senza effrazione né scasso, è entrato in casa sua e ha rubato una croce d’oro, circa 10 mila euro e documenti contabili del Regina Pacis. Che fosse un ladro commercialista?

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