L'allarme della Corte

"Democrazia a rischio"

A dieci giorni dal suo addio alla presidenza della Consulta Valerio Onida critica i politici che usano l'immunità come«scudo». Democrazia «a rischio» «senza il rispetto per l'informazione e l'indipendenza delle autorità di garanzia»
Sara Menafra
Fonte: Il Manifesto - 21 gennaio 2005

Non guarda solo alla riforma dell'ordinamento giudiziario ma arriva giù, giù, fino a toccare questioni di fondo - dalla diffamazione alla stampa come «garante della democrazia» - la preoccupazione che il presidente della Consulta Valerio Onida ha presentato ieri in quello che nei fatti è stato il suo discorso di commiato. Il tema scelto è «il conflitto tra poteri dello stato», diventato «rissa» anche tra magistrati e parlamentari che considerano la Corte Costituzionale un «arbitro» da chiamare costantemente a regolare questi battibecchi: «E' la spia di una conflittualità endemica segnalata da molti altri elementi noti all'opinione pubblica». Davanti a questo quadro l'informazione deve essere una «istituzione di garanzia» perché, spiega il presidente, «senza il rispetto per il ruolo dell'informazione e per l'indipendenza delle autorità di garanzia, una democrazia è pura finzione». Costituzionalista, cattolico dossettiano, milanese fin dal modo di inframmezzare il discorso ufficiale a qualche veloce battuta, tra dieci giorni esatti Valerio Onida lascerà la carica di presidente della Consulta. Da quel momento in poi, ha già detto, risponderà a tutte le domande spinose che si affacciano in questi giorni. Ora però che si trova a tenere il discorso annuale con la stampa e quei dieci giorni non sono ancora passati, sta ben attento a non entrare nella bagarre sulla giustizia. L'attacco più duro sulla riforma e sulle continue critiche alle attività dei giudici l'ha fatta il giorno prima all'inaugurazione dell'anno accademico dell'università Roma tre, spiegando che «il rischio di un governo dei giudici non esiste». E quindi qui, all'appuntamento «ufficiale», decide di prendersela soprattutto con l'«immunità parlamentare» usata come «scudo» a tutela dei soli onorevoli e di difendere a spada tratta la Corte costituzionale «bene essenziale della democrazia»: «La salute democratica della società - dice a un certo punto - si misura sulla capacità di trovare il giusto equilibrio fra libertà di manifestazione del pensiero e i diritti contrapposti, molto più che sull'altezza dello scudo che le immunità erigono a tutela della libertà di opinione dei soli membri delle assemblee rappresentative».

I dati che cita gli danno ragione. Negli ultimi otto anni i ricorsi alla consulta per conflitti tra poteri dello stato sono più che triplicati. «Nei primi quarant'anni di attività della Corte costituzionale - dal 1956 al 1995 - si contano solo 31 pronunce (di cui 26 sentenze) rese in questo tipo di giudizi». Dal 1996 al 2004 i ricorsi sono diventati 94. Per di più la stragrande maggioranza dei quesiti, 72 , riguardano il tema dell'insindacabilità delle opinioni espresse da membri del parlamento e dei 39 ricorsi decisi nel merito, solo 11 hanno finito per dare ragione a deputati e senatori che reclamavano la protezione dell'immunità parlamentare. La Consulta - conclude Onida - che non deve trasformarsi da «corte dei diritti» a «corte dei conflitti», è la «valvola di chiusura dell'ordinamento».

No comment sulla riforma, sulla proposta avanzata dal presidente emerito Leopoldo Elia circa il diritto di Ciampi a non firmare il nuovo testo, e no comment anche sul tema della grazia a Sofri che rischia sempre di arrivare davanti alla Corte. Piuttosto una critica trasversale all'emiciclo parlamentare, cui non perdona la riforma del titolo V della costituzione - firmata dal centro sinistra - e i conflitti tra Stato e Regioni che ne sono derivati: «Ci troviamo di fronte a una contraddizione fra un disegno costituzionale innovativo e ambizioso, e una realtà effettiva restata largamente ferma ai caratteri del passato». Anche in questo caso i dati non mentono, dato che quest'anno, per la prima volta, il numero di sentenze sul conflitto tra Stato e Regioni ha superato quelle in via «incidentale», ovvero emerse dai processi.

Tantomeno la critica sul conflitto tra poteri risparmia coloro che oggi vogliono cambiare funzione e ruoli della Consulta. Quando arriva la domanda sulle possibilità della modifica della composizione della corte - è la proposta della Lega, che vuole più spazio per i senatori regionali che arriveranno dopo la devolution - dice di considerare la proposta «pericolosa e negativa»: «Se il problema sono le istanze delle regioni, allora questa modifica non c'entra nulla».

Fuori dal palazzo che Onida lascerà tra dieci giorni nessuno risponde. Per la destra che prepara le ultime battaglie a colpi di voto sulla giustizia è sempre stato troppo schierato e con un mandato troppo breve. E sanno bene che quelle due settimane scarse passeranno presto.

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