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Democrazia insana

Forma e sostanza - Cumulo di poteri - Governo delle leggi, non degli uomini - Legalità - Democrazia e diritti umani - Democrazia umanistica - Diritto e forza - Diritto e relazione - Leggi giuste e ingiuste.
12 settembre 2008

Democrazia insana

4 settembre 2008

È democrazia questa che abbiamo oggi in Italia? Per le convenzioni, la domanda è scorretta, ma è necessaria, urgente. Ci sono due risposte. Sì, se la democrazia consiste tutta e solo nella regola della maggioranza (chi ha più voti ha il potere di governare come vuole). No, se la politica ha vincoli e doveri che nessuna maggioranza può superare. Questa seconda è, a nostro giudizio, la risposta giusta: la democrazia che ha eletto il governo Berlusconi, non è sana, ma malata, ed è in pericolo. Chi non vuol vedere e dire questa verità, per qualunque motivo, nutre e semina illusioni, nasconde la trappola, inganna il popolo. Chi non riesce a vederlo apra gli occhi.

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Berlusconi è dall'inizio, nel 1994, ineleggibile in quanto titolare di concessione statale «di notevole entità economica» (legge 361 del 30 marzo 1957). Paolo Sylos Labini lo disse subito a voce alta, ma non fu ascoltato (cfr L’Espresso, 10 maggio 1996, p. 73). La scappatoia per cui titolare della concessione era Confalonieri e non Berlusconi è formalismo ipocrita, che non muta la sostanza. La sanatoria formale non rimedia l'illegittimità sostanziale, che la politica dei successivi governi berlusconiani dimostra con evidenza.
Il cumulo di poteri (economico, mediatico, politico) non è un conflitto fra interessi, che invece si accordano benissimo, ma è un grave abuso di potere, contro ogni legge civile e democratica, contro lo stato di diritto (limite e separazione dei poteri), che è la maggiore conquista giuridica della modernità. Dunque è regressione antimoderna, verso lo stato signorile arbitrario, allontanamento dalla democrazia. Dunque è una illegittimità sostanziale: si può nasconderla, tollerarla, contrattarla, ma essa avvelena il senso della nostra democrazia. Questo governo è illegittimo, va delegittimato agli occhi degli italiani. Il consenso non sana tutto. Persino feroci dittature ebbero consenso spontaneo. Nessuna quantità di voti permette di superare quelle forme sostanziali. Chi lo fa, non è nella legittimità.
Al di là dei calcoli di opportunità, bisogna dire la verità delle cose, poi si fa il possibile per ristabilirla senza maggiori danni. Su questo punto, dopo ripetuti errori di legittimazione di Berlusconi e di mollezza nel giudicarne i fini e i mezzi, l'opposizione deve svegliarsi e decidere, se lo capisce. Altrimenti fa l'errore, storicamente imperdonabile, che Giolitti fece con Mussolini.

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Ridurre l'equilibrio e il bilanciamento dei poteri dello stato, a favore dell'esecutivo e del presidenzialismo, è concentrazione di potere, in conflitto essenziale con la Costituzione democratica repubblicana, è un passo verso l'autocrazia. Bobbio ricordava e insegnava che «La democrazia è il governo delle leggi, e non degli uomini» (cfr anche Dizionario di politica Utet, voce Legalità). Ogni oltranzista personalizzazione del potere è antidemocratica. Quando poi, come a Berlusconi accade d’istinto, si sacralizza insensatamente l’investitura popolare come quella che rende l’eletto «unto dal Signore» (cioè messia, cristo, proprio come si ritenevano i sovrani per diritto divino), allora si dimostra di ignorare o fraintendere la democrazia, di falsificarla e di abusarne a vantaggio del proprio potere di fatto insanamente legittimato ed esaltato.
Violare le leggi è male, si va in prigione, ma distruggerle, svuotarle (come fece Mussolini con lo Statuto albertino), screditarle nell'opinione pubblica, è peggio che violarle. Immunizzarsi dalla giustizia penale per togliere ogni limite al proprio potere, legiferare in causa propria, con un processo vicino alla sentenza, col “lodo Alfano”, è distruggere il principio di legalità. Violare le leggi che proteggono i deboli e costruire leggi demagogiche contro di loro per incoronarsi come colui che protegge gli impauriti da paure amplificate ad arte, è disonestà. Fare legge il proprio particolare interesse è l'ingiustizia, è l'inciviltà, da quando l’umanità ha una coscienza; è la massima immoralità pubblica, perché rubare la fiducia pubblica è peggio del rubare denaro pubblico. Quando si tratta di beni civili pubblici, comprare è uguale a rubare.

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La regola della maggioranza è parte essenziale della democrazia - nessuno intenda che qui la si sottovaluti - perché “contare le teste invece di tagliarle” è un irrinunciabile passo di civiltà. Ma assolutamente non basta: assolutismi e dittature si sono fatti approvare da ampie maggioranze, con le buone o con le cattive, e spacciando menzogne. Lincoln diceva che «Si può ingannare tutti a volte, qualcuno sempre, ma non è possibile ingannare tutti sempre». La speranza nella ragionevolezza dei più è giusta, ma non evita che a volte, o spesso, anche i più si lascino ingannare.
È regola altrettanto essenziale della democrazia il rispetto delle minoranze, cioè delle loro possibilità di esprimersi e convincere altri, fino a poter diventare maggioranza. Una maggioranza che impedisse questo non sarebbe più democratica, anche se nata democraticamente. Si parla precisamente in dottrina di dittatura della maggioranza.
Se il metodo è la conta dei pareri, lo scopo della democrazia, nel senso comune oggi, è la tutela e realizzazione di tutti i diritti umani di tutte le persone umane, quindi sia all’interno di un popolo, sia nella intera famiglia dei popoli. Perciò, una democrazia bellicosa, poiché offende i diritti umani al suo esterno, anche se approvata da solida maggioranza interna, non è veramente democrazia. Ognuno vede gli esempi.
Non può evidentemente bastare oggi la democrazia ateniese, imperialista e ristretta, nell’età fiorente di Pericle, a circa 42.000 maschi adulti su una popolazione di 420.000 (di cui metà schiavi e 70.000 stranieri). Così, non può assolutamente bastare oggi la democrazia statunitense, dai più ritenuta il modello più avanzato: gli Usa hanno fatto 241 interventi militari all’estero e ucciso in guerra da 13 a 16 milioni di persone negli ultimi 200 anni (Johan Galtung, 8 marzo 2007); solo pochi decenni fa hanno abolito le leggi di discriminazione razziale; nessun loro cittadino può diventare presidente coi voti della maggioranza senza i miliardi e l’appoggio manipolatore delle più potenti lobbies. Così, non può bastare oggi la democrazia di Israele, che perseguita militarmente e umilia umanamente il popolo palestinese (di cui non giustifichiamo le forme di lotta violenta, e riconosciamo la resistenza nonviolenta), compromettendo la grande tradizione e il diritto del popolo ebraico.
La democrazia umanistica è un progetto avviato nella storia, ma incompiuto. Ogni realizzazione storica va valutata secondo l’orientamento, sebbene graduale, che cerca di seguire. La Costituzione italiana, fondamento e programma della Repubblica, è quanto di meglio al mondo su questa via. Il carattere democratico, umanista e civile delle successive maggioranze politiche va misurato sulla nostra Costituzione.

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Gli italiani (prendiamoci ognuno la nostra responsabilità) cadono preda di Berlusconi perché troppi non hanno un sufficiente senso della legge come limite dei poteri di fatto, né della Costituzione, la "legge delle leggi", che mette regole, limiti e fini sostanziali alla democrazia quantitativa.
Il diritto è sempre diritto e dignità inviolabile dell'altro, non è anzitutto "il mio sacrosanto diritto". Identificarlo con la forza posseduta, anziché con il controllo di quella forza, disintegra la società, sanziona la forza dei potenti e l’oppressione dei deboli. Quell'idea "signorile", proprietaria, mercantile, borghese, è barbara, anche se diffusa. Berlusconi è l'incarnazione storica nefasta di questa concezione del diritto come abilità, destrezza e vittoria. Musssolini rappresentava la violenza fisica e rozza, Berlusconi rappresenta quella violenza mentale.
Dopo la fragile risurrezione dal fascismo che era stato subito e accettato, l’Italia ricade ora in questa minaccia mortale contro il diritto, perciò contro la preziosa Costituzione. Forse aveva tragicamente ragione Piero Godetti quando parlava del fascismo come «autobiografia della nazione», costitutivo prevalente del nostro popolo. Ciò non autorizza alcuna rassegnazione, ma spinge alla più strenua battaglia morale e culturale.
La concezione individualistica del diritto, della legge, è il rovesciamento del diritto, il quale è invece la relazione tra due e più, la sostanza del vivere insieme nella reciprocità positiva e generosa. Senza diritto inviolabile dell'altro non c'è società, ma mucchio di avversari, pronti a fregarsi l'un l'altro. Unico legame la concorrenza, che non lega, non unisce, ma distrugge: ognuno un lupo per l'altro. L'ora oscura di Berlusconi viene da questa scarsità di civiltà. Perciò una legge contro una categoria che non piace, che si crede portatrice di svantaggi o pericoli (immigrati, rom, irregolari, delinquenti come unici colpevoli), contro gli ultimi nella corsa, contro i poveri come tali, una simile legge va benissimo, se le regole sono pensate in termini bellici, separatisti, escludenti, non in termini valorizzanti, relazionali, difensivi mediante riconoscimento e tutela e liberazione di dignità, come limite dei forti e forza dei deboli, secondo la famosa luminosa definizione di don Milani, da tenere sempre davanti agli occhi: «Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è di obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. (Lorenzo Milani, L’obbedienza non è più una virtù – Lettera ai giudici, Libreria Editrice Fiorentina, senza data, pp. 37-38).
Se il berlusconismo, come sembra chiaro, interpreta e cavalca quella concezione individualistica, bellica e asociale del diritto, esso è essenzialmente a-costituzionale e a-democratico. Esso esprime correnti e forze della società italiana nate storicamente, culturalmente, moralmente, anche spiritualmente (cosa hanno fatto la scuola, la cultura civile, l’educazione politica, la chiesa, noi tutti?), nate fuori dal terreno e dalla linfa costituzionale, su terra arida e secca, che produce sterpi. Lo spirito vivo e umano del nostro popolo strapazzato da un progresso senz’anima, se riesce a sopravvivere, ha il compito di seminare e rigenerare quel terreno. Esso non è nemico, è parte di noi, ma è miserabile. Lo spirito di separazione e di condanna ci tenta, con forti ragioni, ma deve prevalere in noi, se Dio ci aiuta, l’amore per i defraudati nello spirito, ed anche per gli ingannatori pubblici, affinché questi cambino mente e cuore, se è possibile, e comunque perdano il potere di nuocere, e vivano a lungo di tranquilla (e molto agiata) vita privata, ma non politica. Questo è il nostro modo di amare gli avversari della democrazia giusta.
Enrico Peyretti

Segnalo e raccomando l’articolo di Carlo Donolo, sociologo del diritto, “La democrazia messa a nudo” (nell’ultimo numero di Lo straniero, www.lostraniero.net e in Viator n. 7-8, luglio agosto 2008, pp. 7-9; www.viator.it ; agape.srl@tiscali.it ) che analizza la deriva della società italiana che ha portato alla situazione attuale.

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