Pippo,avvelenato mentre è al guinzaglio
1.09.04
Direttore, lascia che ti racconti una storia che mi ha toccato il cuore come poche. Avevo due amici. Ora ne è rimasto solo uno, che, è anche mio medico. L’altro l’ho perso, non c’è più e, per quanto avesse una coda e quattro zampe, lo consideravo un amico speciale. Gli avevo salvato la vita un paio di volte e lui forse lo aveva capito, perché quando aprivo il cancello di casa, si fiondava su di me saltandomi fin sulle spalle, per poi mettere in mostra le sue qualità di velocista nato, volando con le orecchie al vento intorno alla casa. Era un Bearle incrociato con un Harrier e aveva i pregi e i difetti delle due razze. Testone, ostinato, giocherellone, diffidente, un fisico da centometrista e una tenuta di fiato da maratoneta.
Ho scritto che forse aveva capito, perché se andavo io a casa sua erano salti di gioia, frizzi e lazzi, ma quando doveva venire lui in ambulatorio, tentava di assaporare la carne delle mie falangi. Non era ingratitudine. Diciamo che lui non aveva capito bene e io mi ero espresso male.
Dimenticavo il nome: Pippo.
Niente di altisonante, un nome comune, buono per mille cani da zuppa. Niente a che fare con Albert Von Strass der … semplicemente Pippo e non ha mai mostrato di offendersi.
Era un meticcio, un bastardino e non pretendeva di essere altro. Gli bastava portare gioia e scompiglio in famiglia, specie quando c’erano ospiti e le sue volate raso terra sotto i tavolini rischiavano di mandare all’aria bicchieri, piatti e tazzine di caffè. Qualche volta ci riusciva ed erano urla e moccoli che lo inseguivano, mentre, con le orecchie basse, andava a nascondersi Dio solo sa dove. Però era adorabile, come sanno esserlo i cani che sprizzano gioia e ti tengono lontana la malinconia, come sanno esserlo i cani che sono nati e vissuti con tuo figlio, con tua moglie, con te.
Pochi giorni fa, una mattina mi sono svegliato presto. Ho acceso il cellulare con uno strano presentimento. C’era una chiamata della sera prima da parte del mio amico, in vacanza con la famiglia e Pippo in Sardegna. Molto strano. Una chiamata in serata tardi difficilmente è foriera di buone notizie. Ho richiamato. “L’ho già sepolto. Me lo hanno avvelenato in pieno centro, mentre era al guinzaglio. Ti ho chiamato anche se ho capito che era questione di minuti e tu non avresti potuto fare niente, come chiunque altro. Grazie lo stesso”. Luoghi e tempi non hanno importanza. Non voglio colpevolizzare un paese per un criminale che sparge bocconi avvelenati nei giardinetti del centro storico di una ridente cittadina sarda. I bocconi avvelenati sono un triste sport nel quale vinceremmo di sicuro l’oro, ma piazzarli nel giardino del centro, alla portata di cani col guinzaglio (e magari bambini che si mettono tutto in bocca)è una bastardata degna di una carogna che in questo mondo non dovrebbe vivere. Pippo è morto soffocato dalla bava, mentre le convulsioni della stricnina gli squassavano il corpo come avesse toccato un cavo dell’alta tensione. E’ morto davanti a persone che lo amavano e che non potevano fare nulla se non capire che il loro amico stava morendo in un’atroce agonia di minuti, lunghi come ore. Adesso riposa all’ombra di un eucalipto, anche se so che avrebbe preferito uno dei nostri vecchi olmi. Queste parole non raggiungeranno chi è stato perché i vigliacchi di questo tipo, secondo me, non leggono. Vegetano senza vivere in un mondo dove si avverte l’odore acre delle carogne e dove comanda il monarca dell’ignoranza.
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