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L'evoluzione parallela di un mondo bisex

In edicola, per la Collezione Urania, il capolavoro maledetto di Theodore Sturgeon, «Venere più X»
5 gennaio 2005
Daniele Barbieri
Fonte: Il Manifesto

Un mese o poco più in edicola, poi sparirà. Come al solito. E' Venere più X (Collezione Urania, € 4,90), il romanzo «maledetto» di Theodore Sturgeon. Un grande della fantascienza ma in Italia difficile da scovare perché quasi sempre i suoi testi non vanno nel firmamento delle librerie ma nel sotto-cielo delle edicole. Se Cristalli sognanti dopo decenni è finito da Adelphi, questo Venere più X resta, a 44 anni dall'uscita, underground. Protagonista è un signor nessuno, Charlie Johns. Si risveglia in un luogo alieno. Di sorpresa in sgomento fa i conti con i Ledom, «sembrano umani e non sembrano umani». Ancor più delle tecnologie e filosofie incomprensibili gli risulta difficile da accettare un mondo senza uomini e senza donne. Lo stesso accadrà a chi legge. Perché ci sono in questo libro cataste di suggestioni, deliri, azzardi scientifici ma anche di eresie sociali e sessuali come in nessun altro testo di Sturgeon.

I Ledom firmano un patto con Charlie: lo riporteranno da dove è venuto se lui accetterà di studiarli, di «controllare la rotta». Ora affascinato, ora disgustato, quasi sempre incredulo Charlie incontra una società dove i bambini sono la religione («il genitore crea il figlio, il figlio crea il genitore»), dove «si adora l'avvenire non il passato». L'essenza dei Ledom è «il passaggio: movimento, crescita, cambiamento, catabolismo». Ma non vivono solo di scienza i Ledom: «tutti sanno coltivare la terra, costruire, tessere, cucinare, sbarazzarsi dei rifiuti, accendere il fuoco e trovare l'acqua». Charlie concorda: restare legati alla terra, alla manualità è importante. Resta impossibile invece accettare che i Ledom abbiano due sessi. Charlie arranca quando gli viene sbattuta in faccia la lunga storia umana con le religioni che hanno trasformato il sesso in «meccanismo di colpa» per nutrire l'idea di superiorità: «è la sua donna» il primo soggetto su cui «un uomo può sfogare questa imperdonabile indegnità» gli ricordano.

Al momento di tornare da dove è venuto, Charlie non è convinto che i Ledom siano la migliore «mutazione» possibile ma sembra disposto ad accettare che possano essere «una rotta». Solo per caso scoprirà che la verità è infinitamente più complessa e che moltissimo gli è stato taciuto. Buttando all'aria ogni visione manichea, in una girandola di finali, Sturgeon ci suggerisce che forse i Ledom siamo già noi (o alcuni di noi) invitandoci ad aspettare: «e di tanto in tanto incontrarci con l'homo sapiens per vedere se è pronto a vivere, amare, adorare senza la gruccia di una bisessualità imposta».

Aver messo il mondo sottosopra una, due, tre volte spinse Venere più X nella quasi clandestinità. Non è difficile capire quanto simili discorsi sconvolgessero nel 1960: prima di Kinsey, dell'emancipazione femminile, della «rivoluzione sessuale», dell'onda femminista. Ma oggi? Quasi all'inizio del romanzo, un Ledom crea dal nulla e senza preavviso uno specchio: «E' solo un congegno difensivo.... Puoi immaginarti quando sei accalorato, contorto, illogico (la parola conteneva i concetti di stupido e imperdonabile) messo faccia a faccia con te stesso, obbligato a guardarti?». Questo fa Sturgeon in Venere più X: ci mette davanti uno specchio. Perché guardarci ci fa ancora (o di nuovo) paura?

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